“L'archeologia si dedica alla ricerca dei fatti. Non della verità.”
Correva l'anno 1981 quando un nuovo eroe iniziava a calcare i cinema di tutto il mondo: l'archeologo avventuriero più famoso del pianeta, il professore Henry Jones, Jr., meglio noto come Indiana Jones.
Archeologo di fama mondiale, spavaldo, ironico, arguto e sicuro di sé, e amante delle belle donne tanto quanto degli antichi misteri delle civiltà perdute; il suo look è diventato iconico, con la sua giacca di pelle, il suo fedora e l'immancabile frusta e le sue avventure ci hanno accompagnato per anni considerando i 4 3 film e una serie televisiva e qualche immancabile escursione nel mondo videoludico.
Ma cominciamo dal principio.
Flashback agli anni '70. George Lucas era ancora un giovane cineasta in cerca di idee e di ispirazione e non ancora il papà di Star Wars e di Indy che tutti noi oggi conosciamo e, nel suo vagare tra progetti e idee, ispirato dai classici romanzi avventurosi, dai fumetti, e dai film di azione e avventura degli anni 40, inizio a farsi strada nella sua testa l'idea di un film su un avventuriero rude ma dal cuore d'oro diviso tra due identità: quella di mite professore universitario e quella di spericolato esploratore a caccia di antichi misteri o di civiltà perdute.
Dai romanzi l’ispirazione che viene presa riguardano il viaggio, l’avventura, il senso del mistero, le lotte o le fughe rocambolesche, la caccia a antichi tesori affrontando enigmi rimasti irrisolti per secoli battendo sul tempo altri impegnati nella stessa caccia, mentre dai film l’ispirazione è un’altra icona del grande schermo: James Bond, portato su grande schermo da Sean Connery, l’iconico agente segreto britannico con la sua sagacia, la sua ironia, il suo carisma, il suo stile sornione da donnaiolo impenitente e la sua capacità di uscire anche dalle situazioni più pericolose e complicate... e infine come ultima ispirazione dicevamo anche il mondo dei fumetti perché si anche da quello George Lucas estrasse un elemento importante, ossia il tema della doppia vita dei personaggi e della dualità tra una persona comune e tranquilla e il suo alter ego eroico e avventuroso.
Passano gli anni e con l'aiuto degli amici Steven Spielberg e Philip Kaufman la sceneggiatura si va via delineando portando quello che era essenzialmente un B-movie incentrato sulla storia di un professore di archeologia che viaggiava per il mondo alla ricerca di manufatti antichi e rarissimi, verso una trama più matura che vede coinvolta la mitologica Arca dell'Alleanza (lo scrigno che, secondo la Bibbia, conteneva le tavole dei Dieci comandamenti) oltre che la minaccia dei nazisti che per gli storicamente noti interessi di Hitler nel campo dell’occulto stavano cercando di mettere le mani sull’Arca per primi.
Serviranno quasi 10 anni per portare quella visione al cinema con l'esordio dell'intrepido archeologo nella pellicola I predatori dell'arca perduta (Raiders of the Lost Ark) e il risultato non deluse le aspettative portando il film a essere il miglior incasso stagionale.
“Jones! Devo riconoscere che la sai movimentare la vita di una signora!”
Flashforward al 1992.
Di film di Indiana Jones al cinema ne sono arrivati altri 2 nel frattempo e anche l'industria videoludica aveva messo gli occhi sul franchise in questo periodo.
Dopotutto l'assonanza è facile, la stessa struttura dei film tra acrobazie, combattimenti, enigmi da risolvere e misteri da scoprire sembrava tale e quale a quella di un videogame e infatti le sortite videoludiche dell'archeologo armato di frusta si erano fatte abbastanza frequenti negli anni, partendo dal lontano esordio Raiders of the Lost Ark su Atari 2600 fino agli ottimi titoli ispirati a Indiana Jones e l'ultima crociata, che reinterpretavano la rincorsa di Indy al Graal in stile action classico o come un avventura grafica.
E sull'onda lunga del successo di questi titoli arriva infine Indiana Jones and the Fate of Atlantis.
Il gioco è un'avventura grafica, proprio come il precedente The Last Crusade ma stavolta la trama non è ispirata a un film esistente bensì narra un’avventura completamente originale.
Per anni, infatti, questo gioco è stato considerato come un vero e proprio 4o capitolo nella saga di Indiana Jones in quanto aveva in sé tutti gli elementi cheavevano reso memorabili i 3 film sinor usciti:
Inanzitutto, l'incipit del gioco, un’introduzione che proprio come nei film lancia Indy direttamente nel cuore dell'azione e della ricerca senza tanti fronzoli o preamboli. Poi Indy appunto, ricreato in tutto il suo carisma e splendore pixelloso e con tutte le caratteristiche che lo hanno reso un personaggio memorabile: lo spirito avventuroso, il fascino dell'eroe, la battuta pronta e la capacità di sdrammatizzare anche di fronte ai nemici e al pericolo, il fascino per il mistero e il tutto senza disdegnare di menare le mani se serve tenere a bada un nazista. Altro elemento al riguardo è appunto la cornice storica, con il nostro archeologo impegnato a risolvere un antico mistero prima che lo faccia il Reich potendone così cogliere l'immenso potere. E si, ultimo ma non ultimo il mistero appunto un qualcosa di arcano che dà il via alla rocambolesca ricerca del nostro eroe secondo i canoni della saga e culmina sempre con il suo ritrovamento e la soluzione del mistero che lo circonda, fattore rappresentato in questo caso dal continente perduto di Atlantide narrato da Platone nei suoi “dialoghi” che ha attirato l'attenzione dei nazisti per le avanzatissime tecnologie e armi che si dice siano ancora nascoste al suo interno.
Non mancano altri elementi tipici come la presenza di una bella donna al fianco di Indy, l’amico di sempre Marcus Brody, una mappa che durante i viaggi traccia gli spostamenti aerei del nostro eroe in giro per il mondo e ovviamente l'immancabile musichetta di John Williams che da sempre accompagna i film della saga.
“Noi non seguiamo mappe di tesori nascosti e la X non indica, mai, il punto dove scavare.”
La trama come detto è perfettamente in linea con i canoni della saga con il buon Indy che si trova suo malgrado coinvolto nella corsa verso la soluzione di un antico mistero, la cui sola esistenza potrebbe cambiare il destino del pianeta.
Come suggerisce il titolo, il cuore della vicenda è il continente perduto di Atlantide: secondo il mito, narrato per la prima volta da Platone nel IV secolo a.C. nei dialoghi Timeo e Crizia, Atlantide era un'isola leggendaria abitata da una civiltà ricchissima e tecnologicamente avanzatissima e dalla potenza militare straordinaria, in grado di arrivare a colonizzare gran parte dell'Europa e del nord Africa all'apice della sua espansione, prima di sparire inghiottita dal mare a causa di un cataclisma che in un singolo giorno ne provocò l’inabissamento e la scomparsa dalla storia.
Nei secoli, archeologi, storici, filosofi e studiosi di ogni genere si sono confrontati con la leggenda del continente perduto, senza mai trovare prove che ne abbiano dimostrato l’effettiva esistenza...
Ma in Fate of Atlantis sarà proprio il ritrovamento di alcuni manufatti realizzati in Orichalum, mitico metallo descritto da Platone e presente solo sull’isola, a gettare nuova luce sul mistero e soprattutto a attirare l’attenzione della Germania nazista, interessata a mettere le mani su Atlantide e sui suoi antichi tesori; inizierà così la caccia di Indy alla leggendaria isola e all’unico reperto che possa permetterne il ritrovamento: Il dialogo perduto di Platone.
La trama è lineare ma scorrevole e ben strutturata, con il giusto mix di colpi di scena, scene di azione e dialoghi brillanti, nessun buco di sceneggiatura e anche un ottimo background realistico, con tutti i riferimenti agli studi e teorie reali fatti nel corso degli anni sulla reale esistenza di Atlantide e sulla sua reale ubicazione nel mondo, cosi come sulle descrizioni fatte secoli fa da Platone; anche l’elemento "fanta-storico" come la presenza dell’immaginario dialogo perduto è ben amalgamato con il resto della storia e rende il confine tra realtà e narrazione ottimamente amalgamato e godibile.
La caratterizzazione di Indiana Jones è ottima e perfettamente in linea con i canoni della saga in quanto questi mantiene perfettamente intatto tutto il suo carisma visto nelle pellicole, con il suo essere coraggioso e determinato di fronte a qualsiasi pericolo non sia un serpente, ma anche la sua consueta dose di battute di spirito e la sua capacità di sdrammatizzare anche di fronte alle situazioni di maggior tensione.
Come da tradizione ovviamente lui non sarà il solo interessato alla ricerca in quanto fin da subito faremo la conoscenza del poco amichevole Klaus Kerner, colonnello delle SS ossessionato dal mito di Atlantide e dalle ricchezze e dal potere che la sua scoperta potrebbero procurare al Reich e soprattutto a se stesso; la presenza dei nazisti è un altro elemento di collegamento con i film della saga e nel gioco è integrato alla perfezione: la loro minaccia è costante, un passo dietro o un passo davanti a Indy e la loro continua presenza rende sempre palpabile la sensazione di una corsa contro il tempo e contro di loro per arrivare per primi alla soluzione del mistero.
Ultima ma non ultima la figura femminile che non può mai mancare in una storia di Indiana Jones: in questo caso la bella e misteriosa Sophia Hapgood, una ex collega del nostro eroe diventata poi medum e che sostiene di essere in contatto con le antiche divinità Atlatide; oltre essere fondamentale per la trama la sua presenza ovviamente darà luogo a tutta una serie di siparietti comici come da tradizione nella saga.
Nelle circa 8 ore richieste per arrivare ai titoli di coda questa caccia al tesoro porterà il nostro archeologo attraverso un gran numero di ambientazioni e situazioni in linea con lo stile della saga, da esplorazioni di luoghi più o meno remoti a scazzottate con i nemici, spaziando da una Montecarlo in notturna a una cavalcata con i cammelli nel deserto dell’Algeria, fino all’isola di Creta e i suoi ruderi micenei; tutto questo ovviamente condito da tracce di umorismo sagace e battute in puro stile Indy. Alla fine, complice la trama accattivante e ben narrata la sensazione sarà quella di essersi goduti un’ottima avventura di Indiana Jones oltretutto estremamente interattiva
“È il destino dell'archeologo quello di vedere frustrati anni e anni di lavoro e di ricerche”
A livello di Gameplay il gioco è una classica avventura grafica bidimensionale: usando il mouse è possibile muovere Indy per gli scenari di gioco, farlo interagire con gli oggetti o i PNG e selezionare le linee di dialogo durante le conversazioni.
Oltre a questo, però il gioco si concede anche alcune piccole variazioni nello stile di gioco offrendo sezioni più di azione che vanno da scazzottate contro i nemici, inseguimenti in auto e persino voli in mongolfiera; nulla che stravolga il gioco più di tanto, in fondo è sempre un punta e clicca, ma rappresentano comunque piacevoli variazioni.
La vera chicca offerta dal gioco è però offerta dalla possibilità data a un certo punto del gioco, di quale strada scegliere per arrivare ad Atlantide, o meglio quale “stile” seguire per il proseguo della nostra avventura.
Se le colonne portanti dei film di Indiana Jones sono infatti la risoluzione di misteri, l’azione pura e i siparietti con la damigella di turno, il gioco dopo una prima parte ben bilanciata esalta questi 3 punti cardine permettendo di vivere da qui al capitolo finale (Dove le 3 strade si riuniscono), ben 3 avventure distinte.
Abbiamo quindi l’approccio votato all’azione, dove un gran numero di nazisti verrà a ostacolare il nostro cammino e dovremmo far lavorare molto i nostri pugni, l’approccio dedito alla logica con meno nemici ma molti più enigmi da affrontare, e infine l’approccio di coppia con Sophia al nostro fianco per tutta l’avventura e dove la cooperazione con lei sarà fondamentale per proseguire nel viaggio.
Qualunque sia l’approccio scelto i luoghi che visiteremo saranno in realtà i medesimi, ma le situazioni che ci troveremo ad affrontare saranno estremamente diverse tra loro andando così a compensare il senso di “già visto” alla seconda e alla terza run del gioco.
Indipendentemente dal gioco le 3 strade si riuniranno una volta raggiunta Atlantide, per quanto sul endgame saranno nuovamente possibili 3 finali diversi a seconda di un paio di scelte decisive fatte in quest’ultimo capitolo.
Oltre a questo, sono inoltre possibili un gran numero di Game Over a seconda di quale sia l’errore che ha portato il povero Indy alla sua morte, cosa che ci porterà davanti ai nostri occhi una schermata dove, spesso con molta ironia, un simpatico messaggio commenta la morte di Indy in base a quale sia stata la causa che la ha provocata.
Quale che sia l’approccio scelto, nel complesso gli enigmi del gioco sono ben pensati e coerenti, ostici al punto giusto senza comunque mai costringere il giocatore a dover andar per tentativi.
“C'è qualcuno che parla la mia lingua? O almeno il greco antico?”
Da un punto di vista tecnico il gioco è pura e sublime bellezza pixellosa; gli ambienti e i luoghi che andremo a visitare sono infatti una gioia per gli occhi, ricchi di dettagli e di profondità, che siano una foresta, una polverosa cittadina desertica o uno scavo archeologico.
Che siano piante, glifi su una rovina o elementi su una bancarella, tutti gli elementi rappresentati sono curati e dettagliatissimi andando proprio a dare la sensazione che i personaggi si muovano in ambienti vivi, reali.
Stessa cura per i dettagli anche negli sprite dei personaggi e nelle loro animazioni, a partire proprio da Indy, che con il suo gesticolare, sistemarsi il cappello, e altri piccoli gesti, è stato reso estremamente espressivo pur con tutti i limiti della sua rappresentazione pixellosa.
Lato audio nuovamente non si può che fare un plauso al lavoro svolto; oltre all’iconico brano di John Williams sono infatti presenti vari motivetti ben caratterizzati e sempre appropriati alla situazione a schermo o all’ambientazione in cui si trova Indy: da sonorità cariche di tensione nelle scene con i nazisti a sonorità più mediorientali nei deserti algerini fino alle sonorità tribali della giungla.
Nonostante i limiti del MIDI ciascuno dei pezi risulta essere estremamente espressivo e ricco di sonorità andando quindi ulteriormente a dare un tagli ancor più cinematogrfico all’intera avventura