Ogni buon videogiocatore che si rispetti ha dovuto scontrarsi, almeno una volta nel corso della propria carriera videoludica, con qualche trasposizione mal eseguita di un titolo cinematografico amato. I sempre verdi tie-in, croce e delizia dell’utenza videogiocatrice, si sono mostrati nelle più svariate sfaccettature quasi sempre, purtroppo, di bassa caratura. E’ infatti cosa nota che i programmatori impegnati in tali trasposizioni si preoccupino più del lato estetico del prodotto finale che della sostanza. Degli originali ispiratori in celluloide restano nella trasposizione in videogame solo i titoli di copertina, qualche bel faccione di turno pagato a suon di bigliettoni e perle di roboanti diciture a seguito. Una disamina su quali siano i peggiori tie-in (sono tanti) e su chi li abbia sfornati sarebbe in tale sede troppo impegnativa e lunga, anche alla luce del fatto che in questa recensione esamineremo un tie-in di quelli ben riusciti.
George Lucas, a capo della Lucas Film/Arts, e Steven Spielberg sono nomi che da soli echeggiano come sinonimo di qualità. E’ dunque sistematica la produzione, sotto loro “stretta sorveglianza”, di un titolo di alta competenza, in accoppiata a veterani e talentuosi programmatori del settore dell’intrattenimento elettronico quali Ron Gilbert, Noah Falstein e Steve Purcell (tanto per citare alcuni tra i più attivi in casa Lucas). Il titolo di cui parliamo è Indiana Jones and The Last Crusade, trasposizione diretta dell’omonimo film del 1989.
Avventura grafica che nasce dalle precedenti esperienze della casa Americana come Maniac Mansion e Zack McKracken, The Last Crusade conserva in se tutte le prerogative che hanno fatto di questi ultimi dei veri e propri must ave del genere. Abbiamo infatti un’ancora acerba (non per i tempi) interfaccia Scumm posta nella parte inferiore dello schermo, dove alloggiano comodamente tutti i verbi utilizzabili e da noi selezionabili per interagire con lo schermo grafico. Nella restante porzione di schermo, quella posta in alto, risiede l’area di gioco vera e propria, in cui muoviamo il nostro intrepido eroe nella sua rocambolesca e avvincente avventura. La tipologia di gioco è quella solida del "punta e clicca" made in Lucas, con tutti i pregi e qualche difettuccio a seguito. La cosa che trovo più fastidiosa in The Last Crusade (cosi come in Maniac Mansion e in Zack McKracken) è la mancanza di segnalazione da parte del programma degli oggetti interagibili sullo schermo, i cosiddetti hot spot. Avete presente quando, in ogni buon "punta e clicca" che si rispetti da Monkey Island in poi, passando col puntatore del mouse sugli oggetti questi ultimi automaticamente rilasciano una spiegazione che ci aiuta a comprendere quali sono interagibili?Si?Bene, perche questo in The Last Crusade non accade, o meglio non automaticamente. Esistono due voci selezionabili, “cos’è” e
Anche tecnicamente il gioco riesce a difendersi abbastanza bene, ricordando sempre, con giusto merito, che l’anno di uscita è il 1989. Le versioni esistenti sono: MS-Dos, Amiga, Atari ST, Mac OS, FM Towns, CDTV, presa in esame è la versione Amiga che vanta la bellezza dei trentadue colori in video, a discapito di quella PC che, al tempo d’uscita, non poteva permettersi certe raffinatezze tecniche poiché fermo ai sedici colori offerti in modalità EGA. Preme comunque segnalare che, ufficialmente la prima release del gioco fu proprio quest’ultima, per poi essere riadattato in secondo momento sulle altre piattaforme, come quella disponibile per Mac-OS in uno stupefacente bianco e nero. Sul fronte audio, sempre restando in casa Amiga, si fanno ascoltare pochi sfx eseguiti nella norma, più musichette lievemente strombettanti tra cui spicca il noto motivetto accostato all’archeologo più famoso del mondo fin dalla sua prima apparizione, divenuto vero e proprio porta bandiera e oggetto a corredo di una completa immagine iconografica.
Note:
• Poco dopo l’originale apparizione per PC EGA, fu rieditata una versione sempre PC ma questa volta in grafica VGA a 256 colori simultanei in video. Inutile segnalare quanto la cura cromatica in questione abbia beneficiato non poco al lato estetico del prodotto, rendendo il tutto più fresco e attuale e superando, in questo modo, anche la controparte Amiga sino allora ritenuta la migliore sul fronte grafico.
• Sempre parlando della versione Amiga, il gioco è disponibile su tre floppy disk comodamente installabili su HD, nonché in versione WhdLoad che ne migliora alcuni aspetti e lo rende compatibile con sistemi maggiormente espansi.
• Di Indiana Jones And The Last Crusade ne esiste anche una controparte action-platform denominata Arcade Game ed edita anch’essa dalla Us-Gold, da non confondere con quella ivi recensita. Programmato dalla Tiertex (gente che ne capiva ben poco sul come convertire un videogame) questo tie-in risiede nella massa di quelli mal eseguiti di cui parlavo ad inizio articolo. Il gioco, oltre che per Amiga, è disponibile per i formati: AtariST, C-64, ZX Spectrum, Amstrad CPC, Mega Drive e Master System, restando sempre e comunque un prodotto sotto la media. Forse solo i fan sfegatati riuscirebbero a digerirlo fino in fondo, chiudendo un occhio (meglio entrambi) su una programmazione dozzinale e su di una giocabilità traballante. Per tutti gli altri, che pur non ritenendosi Jones dipendenti non ne disdegnano le avventure, sarà meglio volgere lo sguardo verso il punta e clicca targato Lucas Film/Arts trattato in questa recensione, di sicuro più suggestivo e appagante della controparte arcade.
• Tutto il gioco è tradotto in ben cinque lingue tra qui, fortunatamente, anche l’Italiano.
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