Lollypop, come dicevo, nasce nel 1995 da un’idea dei Brain Bug, contemporaneamente per Amiga OCS-ECS e PC-MS-DOS, nel periodo in cui la prima cominciava il suo declino inarrestabile mentre la seconda, viceversa, iniziava la propria scalata. Noi ci soffermeremo sulla versione per la macchina di casa Commodore anche se ho potuto costatare come, ad eccezion fatta per le differenti cromature (256 colori per la parte MS-DOS, 32 per Amiga), tra le due versioni non ci sia alcuna differenza sostanziale.
Quello che abbiamo tra le mani è un classico action-platform game tanto in voga sin dai tempi di Turrican (qualcuno ha detto Rainbow Arts?) che, su Amiga, ha visto veri e propri capolavori come quelli riguardanti l’eroe di Manfred Trenz, caposaldo del genere, Jim Power, Ruff’n’Tumble o il più recente Sword, tanto per citarne alcuni. In Lollypop saremo alla guida di una bambola animata tramite un fulmine nella propria “Toy Factory” che deve portare a compimento una missione: uccidere il più cattivo dei bebè conosciuto col nome di SugarBaby, noto per il suo accanimento nel maltrattare bambole e giocattoli in generale. A dispetto della trama tenerona e del titolo grondante zucchero, Lollypop non nasconde di certo un’anima abbastanza seriosa e, in certi punti, cupa se non addirittura gotica. Sin dalle prime battute, appunto nella fabbrica di giocattoli dove la nostra eroina prende vita, non faticheremo a notare colori dalle tinte perlopiù scure, fondali che ritraggono bambole costruite in serie e impacchettate come se fossero prigioniere, pezzi di ricambio ammassati sotto liquidi acidi gocciolanti da tubature lerce. Insomma, nel titolo dei Brain Bug si scherza sulla presunta umanità intrinseca delle bambole, confinate in una fabbrica fredda e buia dove l’occhio umano non percepisce l’anima di un banale pezzo di plastica immobile, un po’ come accade nel noto Toy Story della Pixar, ma in maniera molto più leggera. La grafica, dunque, segue lo stile di austerità di cui spiegavo poco sopra, non lesinando, comunque, scenari più leggeri e fiabeschi come ad esempio ”DreamLand”, sesto livello che ci vede praticamente inghiottiti da un sogno della stessa bambola da noi pilotata, attraverso un livello sospeso tra le nuvole. Anche i boss di fine livello si mostrano tutti dal gusto strettamente dark, con gli esempi migliori riscontrabili in quello del quinto livello (un mezzo mago che richiama alla mente il cappellaio matto di Alice), che ci regala anche un’animazione di trasmigrazione corporea non indifferente, e quello del già citato sesto livello che ci vede affrontare un armadio animato che svolazza sospeso tra le nuvole mentre ci lancia contro stampelle a tutto spiano. Insomma, disegni ed idee bizzarre in Lollypop proprio non mancano e se per caso siete tra gli appassionati del cinema alla Tim Burton, tanto per fare un esempio, troverete in questo titolo pane per i vostri denti.
Anche tecnicamente non ci si può lamentare più di tanto, infatti lì dove padroneggia una grafica minuziosamente striminzita, nasce un parallasse perpetuo per tutta la durata di gioco, oltre che fondali in prospettiva. Lo scrolling non fa uso delle peculiarità dell’Amiga come il blitter, di fatto siamo ben lontani dalla fluidità di altri titoli analoghi per questo sistema (cio è dovuto forse alla stretta parentela con la controparte PC MS-DOS), oltretutto assisteremo anche ad un lieve sfarfallio affliggere il nostro sprite principale.
Il gioco su Amiga si dipana su ben cinque dischetti per sette livelli in totale, ognuno di esso con la propria bella password ad attenderci. Caricamenti e relativo swap disk risultano per nulla fastidiosi, ovviamente gioverà avere almeno un drive esterno e, in caso di presenza di hard disk, sappiate che il gioco è pienamente installabile.
Note:
• Nel quarto livello, dal nome “Spook Ville” assisteremo anche ad un simpatico aneddoto a discapito di un’altra eroina di videogiochi. Il livello, ambientato in prossimità di un cimitero, ci mostrerà una lapide in prospettiva con l’epigrafe “Giana Rip”, esplicito urlo di guerra del team di Lollypop, pronto a sbaragliare la concorrenza femminile da sempre dominata dall’amata Giana (almeno su home computer come C-64 e Amiga). Saranno riusciti nell’intento? Beh, a conti fatti, penso proprio di no…
• Il nome dei programmatori di questo videogame è Brain Bug. E’ curioso constatare come il gioco sia afflitto da “bug” continui dall’inizio alla fine. Capiterà spesso, difatti, di cadere in baratri fantasma, attraversare mura in cui rimanere inesorabilmente bloccati o che il gioco vada spontaneamente in guru medidation.
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