Inutile dire che, dopo il successo del precedente, Monkey Island 2 è stato uno dei seguiti più attesi (e riusciti, possiamo anticiparlo fin da subito) della storia dei videogiochi. Non era facile dare continuità a quanto offerto col primo ma la Lucas stava attraversando un periodo di grazia assoluta e questo gioco ne era la dimostrazione lampante: pensate al predecessore, miglioratene ogni aspetto (eccezion fatta per le musiche, che perdevano nettamente il confronto con lo splendido soundtrack del precedente), aggiungeteci la possibilità di selezionare il livello di difficoltà degli enigmi (pappa già pronta o nottate insonni? A voi l’ardua sentenza… ovviamente un avventuriero che si rispetti è masochista per antonomasia e la seconda opzione era l’unica possibile) e avrete un quadro di cosa rappresenti quest’avventura.
Graficamente i passi avanti erano notevoli: gli sfondi erano davvero ben disegnati e coloratissimi, anche quando le tinte dovevano essere un attimo più smorte (a causa dell’ambientazione), c’era una maggiore attenzione al dettaglio e gli stessi personaggi godevano di una cura dei particolari encomiabile, che non risparmiava nemmeno le loro animazioni, mai così varie come in questo caso; vederli gesticolare mentre parlavano era un vero piacere. Le musiche, come già accennato, risentivano di una certa mancanza di ispirazione e lo stesso sistema iMuse (una sorta di soundtrack in tempo reale, capace di adattarsi alla situazione per conferire maggiore atmosfera alla vicenda) si rivelava una trovata interessante ma forse troppo pretenziosa per i tempi, specie con una colonna sonora così nella media. La versione Amiga, in un confronto virtuale con quella PC, nonostante un numero di colori a schermo inferiore (32 contro i 256 nella versione VGA) si comportava egregiamente, restituendo una resa cromatica di prim’ordine, al punto da chiedersi come fosse possibile ottenere ugualmente una palette così variegata.
Tuttavia il gioco per il 16 bit Commodore soffriva di un difetto enorme: era allocata su ben 11 floppy. Il problema non sarebbe a tutti i costi di così grande rilievo se non fosse che l’ottimizzazione dello swap era fatta da cani! Mi spiego: capitava sovente di dover cambiare dischetto solo per sentire l’effetto sonoro (solitamente brutto e insulso) di una porta che si apriva (o chiudeva, a seconda dei casi), dopodichè bisognava inserirne un altro… così come all’ingresso del cimitero bisognava sottoporsi a questa noiosa e tediosa pratica per ascoltare i versi dei pipistrelli… machissenefrega! Voglio dire, meglio velocizzare il tutto magari eliminando qualche sciocco rumore che appesantire un titolo già di per sè lungo e difficile, per tacere di quando, rimanendo bloccati (cosa all’ordine del giorno in Monkey Island 2, visti gli enigmi di ben altra caratura e spessore rispetto al precedente) ci si ritrovava con una mappa enorme (tre grosse isole esplorabili) e al nervosismo di tentarle tutte in ogni locazione, si doveva aggiungere quella del cambio selvaggio di floppy nel lettore.
La traduzione in italiano di certo non migliorava le cose, per ciò che concerneva la frustrazione: passi per il materasso duro come una pietra (tradotto invece con un divertente "materasso hard rock”… e che è, il letto dove dormivano i Deep Purple?!) ma quando la stessa andava ad inficiare lo svolgimento del gioco, risultava difficile chiudere un occhio. Credo sia entrato nella storia l’enigma (che ha davvero fatto impazzire più di un giocatore) in cui si doveva usare una scimmia per un dato scopo… nella versione originale, il gioco di parole lo rendeva abbastanza intuitivo e anzi addirittura geniale, ma nella traduzione nostrana il tutto andava a farsi benedire, generando un problema virtualmente senza logica e impossibile da risolvere, se non dopo tentativi fatti a casaccio, letteralmente.
Giocabilità da bocciare quindi? Assolutissimamente no. Perché nonostante i difetti appena descritti Monkey Island 2 era un titolo splendido, lungo, pieno di trovate spassosissime, avventuroso, divertentissimo e davvero tosto. All’epoca rappresentava il massimo, il non plus ultra, la summa dei videogiochi per computer e davvero, anche il malefico swap passava in secondo piano di fronte a cotanta magnificenza. Per tacere del clamoroso finale, un vero colpo basso per qualcuno, eppure di quelli che restano impressi per anni, la cui genialità resta tuttora indiscussa. Non è un caso se ancora oggi, i possessori di vecchia data di Amiga e PC non esitino ad inserire l’avventura Lucas tra i titoli più belli di sempre, additandola spessissimo come preferito in assoluto. E poi, detto tra noi, oggi con la possibilità di scaricarlo gratuitamente (e legalmente, sia chiaro) da internet, il problema degli 11 dischetti lascia il tempo che trova e quel che resta è un gioco fantastico e perfettamente godibile... ok, l’enigma della scimmia rimane ma tant’è… non si può avere tutto dalla vita!
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