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ID: 251053Fino al 1991, il concetto di gioco di guida era comunemente limitato a quello proposto nelle sale giochi e sulle console, con poche velleità simulative e talvolta nemmeno una visuale di gioco tendente al realismo. Per fare qualche nome, un grosso successo ebbero Continental Circus e Outrun fra i giochi a gettone, F1 Circus o Rad Racer tra le console, Lotus su Amiga. Alcuni presentavano persino un’impostazione non prospettica, con visuale dall’alto, con un’inevitabile compromissione del realismo e chi si orientava verso una rappresentazione tridimensionale utilizzava sempre una grafica basata sugli sprite a fronte di una potenza limitata dell’hardware dell’epoca. Questa scelta di design si traduceva in alcune privazioni sul fronte del coinvolgimento: era impossibile invertire il senso di marcia e il tracciato scorreva su dei binari virtuali dai quali non era possibile dipartire. A onor del vero esistevano alcune eccezioni come 4D Sports Driving, Test Drive, ma soprattutto Indianapolis 500, che si impegnavano per restituire al giocatore una accettabile sensazione di realismo. Era, tuttavia, ancora semisconosciuta la “fedeltà” simulativa per come la intendiamo oggi, mancavano quasi dappertutto le possibilità di intervenire sulle impostazioni dell’auto così come non si erano mai provati alcuni aspetti di una reale gara automobilistica, tipo il dover sfruttare la scia degli avversari o l’evitare di sporcare le gomme toccando il terreno. In generale si era in attesa di hardware più potente, in grado di gestire contemporaneamente sia le variabili matematiche di un modello fisico verosimile sia un numero di poligoni sufficiente a rappresentare con un certo dettaglio un tracciato automobilistico. Mentre tutti i programmatori normali erano in attesa di chissà quale prodigio tecnologico, c’era un genio informatico che da tempo studiava un sistema per portare tutto questo ben di Dio sulla tecnologia allora esistente. Stiamo parlando di Geoff Crammond, prima che un programmatore un uomo cerebralmente superiore, laureato in fisica, appassionato di motori, che cercò di ricreare una simulazione automobilistica vera persino su macchine a 8-bit quali Commodore 64 e BBC Micro e che quindi, dopo aver rilasciato qualche capolavoro estemporaneo tipo The Sentinel e Stunt Car Racer, si creò l’occasione per lanciarsi nell’olimpo dei programmatori tramite il progetto di un simulatore di Formula 1 il più realistico possibile.
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Il lavoro fu svolto su Amiga e Atari ST, e lasciò veramente il segno: il segreto fu, probabilmente, un approccio estremamente professionale alla materia. Crammond si impose di restituire al giocatore una sensazione di credibilità a partire dalla fedeltà dei circuiti riprodotti: destò un clamoroso scalpore il poter riconoscere le singole curve dei tracciati, con un picco qualitativo nel tracciato di Montecarlo. Tutte le piste del campionato mondiale del 1990 furono incluse, un piccolo miracolo per pochi dischi da 880kb, e con esse anche tutte le scuderie dell’epoca facilmente riconoscibili dai colori delle auto. L’engine al quale era affidato l’ingrato compito di gestire i poligoni si dimostrò assolutamente robusto, pur con i suoi difetti. Tutti gli elementi a video erano in vero 3D con una grande generosità vettoriale: palazzi, cordoli e soprattutto vetture, il cui unico elemento rappresentato con scaling 2D erano le ruote. Il framerate non era proprio da urlo, nel migliore dei casi si potevano raggiungere i 10 fps, ma tenendo conto dei limiti dei computer utilizzati, si trattava comunque di un risultato dignitoso. La situazione migliorò moltissimo con l’attesa conversione PC, due anni dopo, con 256 colori ma soprattutto una fluidità ottima a partire dai 386, con la possibilità di attivare persino un rivoluzionario texture mapping. Estetismi a parte, le innovazioni più interessanti si trovavano nel cuore del gioco, tanto nella gara quanto prima della gara. Qui, il momento dei box trova la dimensione che verrà tramandata ai posteri: potremo finalmente regolare il carico aerodinamico, gli pneumatici o il bilanciamento dei freni ed ogni nostra scelta mostrerà prontamente i suoi risultati durante la guida. Ogni pista richiede un assetto diverso e ogni giocatore potrà studiarne quello più aderente al suo stile di guida. E’ una rivoluzione nel videogaming. Una volta nell’abitacolo virtuale della nostra vettura dovremo prontamente liberare la mente dai problemi di assetto per poter apprezzare il sapore di nuovo della guida.
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Uno dei primi requisiti per un’ottimale condotta è soprattutto una buona memoria: scordatevi di entrare in pista e affrontare a cuor leggero le curve, non andreste oltre la prima e ogni fuoristrada diventa decisivo ai fini della vittoria, soprattutto perché le auto non si fanno pregare per danneggiarsi. E’ fondamentale imparare le varie traiettorie, studiare meticolosamente le velocità adatte per affrontare le curve con il carico aerodinamico da voi scelto cercando continuamente di tenere a bada la trazione della vostra vettura. Detto così, potrebbe sembrare un’esperienza ostica, ma per fortuna il buon Crammond non ha lesinato alcun tipo di assistenza automatica. Potremo, per esempio, farci suggerire la traiettoria ideale o la marcia più adatta dal computer fino, in caso di notevoli problemi, a impostare un cambio automatico o persino un freno automatico che, assieme alla possibilità di escludere i testacoda, potrebbero dare la sensazione di guidare su un binario, fin troppo ovattata. Il vero F1GP è quello con tutti gli aiuti disattivati e il livello di difficoltà elevato, un gioco in cui ogni curva rappresenta un pericolo, ogni chicane una lotta con la trazione. E’ stato un gioco di smisurato successo, quasi leggendario fra gli amighisti, capace di attirare a sé tanto il profano dei computer quanto il fanatico più scafato e tutto ciò probabilmente grazie al flessibilissimo livello di difficoltà. Chiaramente si tratta di un gioco longevo oltre ogni dire, non soltanto in relazione al suo contesto di pubblicazione, ma in senso più generale, guadagnandosi il merito di essere nella cerchia dei giochi di guida “storici” più giocati dall’utenza contemporanea. Si è arrivati persino alla pubblicazione di un editor di piste nel 2006, a quindici anni dal suo debutto. Oggi soffre le stesse pene di tutti i giochi tridimensionali, ovvero il pagare pesantemente pegno alla tecnologia. Tuttavia, la giocabilità rimane. Come detto ha fondato le basi secondo le quali oggi giudichiamo un simulatore di guida, risultando anche più complesso, in fatto di personalizzazione di assetti, di giochi molto più moderni.


COMMENTO FINALE



"Un capolavoro assoluto, padre di tantissimi prodotti contemporanei e punto di riferimento per tutti gli anni passati fino all’arrivo del suo successore."



Gianluca "musehead" Santilio




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