Championship Manager è un gioco particolare così come la sua storia: le varie riviste del settore lo trattarono maluccio, qualcuna addirittura lo stroncò. Ma come può essere accaduto questo al capostipite di una serie così importante? Beh, diciamolo, Championship Manager non sapeva vendersi molto bene, si presentava con un fondale sempre identico dal primo all'ultimo minuto di gioco, l'unica cosa che cambiava erano delle finestre quadrate con delle scritte. La partita si svolgeva su una schermata (sempre con lo stesso fondale) su cui era possibile vedere il possesso palla e una limitatissima telecronaca. Punto. Il gioco era rappresentato da scritte su scritte, ma non era ancora questa la cosa peggiore: il programma macinava una mole gigantesca di dati, asfissiante per i 7 mhz dell'Amiga che ci metteva, nei casi peggiori, DECINE di minuti per calcolare le statistiche di una intera giornata di campionato. Shockante! Chiaramente, il recensore che doveva giudicarlo più in fretta possibile rimaneva sconvolto dalla sciattezza grafica (a proposito, il sonoro fu implementato solo nelle versioni successive) e dalla incredibile lentezza del tutto, tanto da non avere neanche il tempo di capire la filosofia di fondo e cioè simulare tutto ciò che è possibile simulare del mondo del calcio anche a costo di fondere il processore del computer. Baluardo della serie sono sempre stati, purtroppo, anche i bug: talvolta gravissimi, in alcune versioni diventava persino impossibile giocare dopo alcune stagioni. Per fortuna la carne al fuoco rimaneva tanta, decisamente troppa per non lasciare il segno e bisogna dare atto ai fratelli Collyer di aver sempre azzeccato l’interfaccia più adatta a gestire statistiche: pur rimanendo spaventosamente complessa, con tutte quelle scritte, la schermata di gioco ci permetteva sempre di gestire i numerosi parametri di gioco tramite pochi click, nascondendoci l’oceano di bit che affollavano il sistema e alla fine bastava capire il meccanismo per gestire la nostra formazione con totale leggerezza. Tutto quello che veniva dopo era creato dalla nostra immaginazione, requisito fondamentale per attraversare il portale rappresentato da quelle anonime scritte e per cominciare a intravedere azioni dalle poche parole visualizzate sul display, per iniziare a gustarsi un rapporto dal sapore così reale con i nostri giocatori, affezionandoci e arrabbiandoci per i loro infortuni e i loro problemi. Ed è stato così che, nonostante le deludenti vendite e la concorrenza di titoli molto più spettacolari come The Manager e Player Manager, questo nome cominciò a diventare popolare fra gli appassionati di calcio di mezza Europa, fra coloro i quali amavano impazzire tra statistiche su statistiche, alla ricerca di giovani talenti e di squadre da portare sul tetto d'Europa. Non tardarono ad arrivare quindi versioni differenziate del prodotto a seconda della piazza: i primi a goderne furono francesi e norvegesi, dopo un anno anche gli italiani, che si gustarono direttamente la seconda (e più evoluta) versione del gioco che comprendeva anche i nomi reali dei giocatori. La serie si espanse su altre piattaforme come Atari ST e l'assai più performante PC che divenne, ovviamente, la macchina più adatta per giocare a Championship Manager.
Oggi il sogno continua ancora, su praticamente tutti i formati disponibili e anche se la grafica si è evoluta e il nome è cambiato in Football Manager (big dei giochi manageriali degli anni ’80) per motivi di copyright, il gioco continua tutt’oggi a mantenere il suo sapore duro e crudo, con la sua tormenta di statistiche mai così “umane”.
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