Parlare oggi del primo Mortal Kombat (originale) è cosa assai difficile. Si richiama alla mente un videogioco che ha segnato un’era, facendo da apripista a un genere, che a sua volta ha sperperato seguiti sino a oggi. Parlare della versione Amiga è cosa ancor più ardua, questo perché se a suo tempo la conversione aveva un senso logico di esistenza che oggi non si trova più tanto facilmente. Chiunque possegga ancora un Amiga ”reale “ in casa, avrà sicuramente affiancato anche un bel PC, e chi con tale PC emula il sistema Amiga, non andrà di certo a cercare questo titolo. Chi giocherebbe Mortal Kombat versione Amiga, quando si può tranquillamente emulare la versione originale da sala giochi? Penso nessuno! Ecco nascere, quindi, la difficoltà nel trovare oggigiorno una giusta collocazione a prodotti come questo, un senso logico di esistenza in un mondo (quello del retrogaming) dominato dalla facile emulazione.
Allora perché parlare di questa conversione di Mortal Kombat? Perché sprecare fiumi di parole per un prodotto poco appetibile? Semplicemente perché come accennato a inizio recensione, Mortal Kombat può fregiarsi di essere su Amiga una delle poche conversioni da coin-op ben fatta, e scusate se è poco. Tornando col pensiero al passato, all’uscita di tale game, non si può non ricordare l’entusiasmo che provocò questo gioco negli Amighisti. Sprite digitalizzati con dovizia, animazioni ben fatte, colori ben assortiti, sonoro decente (migliore del Mega Drive, ma non all’altezza delle produzioni medie di un certo Allister Brimble qui non tanto in vena), tutte carte in tavola per un buon videogame. Seppur le limitazioni più marcate andavano cercate nel metodo di controllo che costringeva a usare un solo tasto del nostro joystick (non supportato il doppio pulsante) e nel sonoro, che proponeva un solo modulo di sottofondo per ogni stage, Mortal Kombat diventò in poco tempo un must per tutti gli Amighisti affamati di beat’em-up, spazzando via la concorrenza più agguerrita a colpi di fatality e uppercut.Dal mio canto, rimane l’incomprensione di una mancata versione AGA. Ben vedendo cosa si poté fare con un vecchio ECS, tutti sapevamo che su macchine dotate del chip-set AGA si sarebbe potuto facilmente rincorrere la conversione perfetta, ma ciò non avvenne. Stessa sorte per la decantata versione CD32, acclamata a gran voce da tutti, ma che alla fin fine non vide mai la luce degli scaffali dei negozi.
Tutto il resto era lì, dove doveva essere. Fatality, stage segreti, sangue a iosa, e tutta la pura sensazione di far male all’avversario, quest’ultimo elemento assente nella concorrenza targata Team17.
Comunque sia, Mortal Kombat per Amiga resta uno dei segni più evidenti delle continue lotte affrontate da questa piattaforma e dalla comunità con essa, bistrattata più volte dalle grandi case produttrici e chiusa al mondo del Sol Levante con tutti i suoi eroi. Ma forse è anche in questo che bisogna ricercare la specialità di questo computer, nel doversi rimboccare le maniche e cercare altrove la via del successo, snaturando il concetto stesso di videogame e ricreandolo a proprio modo. Col senno di poi, chi si sarebbe lamentato dell’underground creatosi con software house come BitMap Brothers, Team-17, Psygnosis, Sensible e tanti altri? Credo proprio nessuno...
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