La seconda destinazione che questo ancora acerbo programma doveva affrontare fu tra le pagine dell’importante (ai tempi?) rivista The Games Machine, precisamente tra le gustose immagini del "Talent Scout". Uno dei due redattori che curava la suddetta rubrica e ultrà Amighista dal nome di Mirko ”TMB” Maragon prese sotto la sua ala protettiva tale progetto, seguendone man mano la crescita, portando un gran servigio allo sviluppo finale tramite notizie, speciali e demo che, di lì in poi, si susseguirono con regolare puntualità, fino a giungere all’immancabile recensione stilata sempre dalla sua mano, avvenuta nel numero di Gennaio 1996.
Convinta anche la nota rivista del settore sulla bontà del prodotto, non restava che affrontare l’ultima tappa, quella dell’utenza. Desiderosa di novità come non mai, l’utenza Amiga del periodo non aspettava altro che titoli in grado di mettere a dura prova il nuovo hardware appena acquistato. Sottolineo, di fatto, che Breathless nacque nel momento in cui i nuovi Amiga 1200 marchiati Escom/Technologies uscivano dalla fabbrica con uno 040 a bordo, con schede acceleratrici dallo 030 allo 060 che erano oramai solide realtà anche nel restante e ristretto mercato Amiga. In Breathless, infatti, furono riposte parecchie speranze per un ipotetico rilancio in grande stile della piattaforma, almeno nel campo dei videogame. Fatto sta che, nonostante le cose non andarono tutte come sperato, oggigiorno non si può negare a questo prodotto il merito di aver mostrato cosa potesse fare un Amiga AGA mediamente pompato, oltre ad essere una delle (tante) prove tangibili che anche in Italia si possono creare massicce produzioni videoludiche.
Se la prima ondata di giochi Doom-style rappresentava solo un primo passo nel genere, con Breathless le cose cominciarono a cambiare, in quanto si alzava nettamente l’asticella della qualità tecnica applicata a questo tipo di software. Qui parliamo di un engine grafico che già nel 1995 aveva il pregio di mostrare finezze come fonti luminose in tempo reale d’incredibile realismo, livelli completamente “tridimensionali” e non su un solo piano, possibilità di alzare e abbassare lo sguardo (il primo titolo Amiga a permetterlo), comparto nemico tutto realizzato in grafica prerenderizzata, scalabilità della risoluzione fino ai 320x256 con pixel 1x1, texture animate e tanto altro ancora. Caratteristiche queste che, esaminate oggigiorno, potrebbero far sorridere i più, ma che se riportate al 1995, data in cui il gioco fu concepito, sono di tutt’altro spessore.Breathless punta all’immortalità come esponente di un genere su Amiga, poiché spinge al massimo il limite tecnico delle macchine AGA 1200/4000. Tutto questo grazie ad un cambio di direzione che non prevede più la tecnica di programmazione sfruttata sino all’ora denominata Chunky Copper (pixellosa ma veloce) e che porta a una seconda evoluzione chiamata Chunky to Planar, ben più pesante ed esosa in termini di richieste hardware, ma notevolmente più appagante dal lato puramente visivo. Ed ecco che Breathless, quindi, su macchine mediamente potenziate, regalava un’esperienza visiva di prima qualità, non trascurando nemmeno la giocabilità, rivelandosi, a conti fatti, anche un buon FPS.
La tipologia di gioco di appartenenza risiede a metà tra la frenesia di Gloom e l’azione più riflessiva e pacata all’Alien Breed 3D. Breathless si piazza giusto al centro, attingendo da entrambi per creare una sinergia propria e individuale, che saprà certamente accontentare i gusti di ambedue le fazioni. Bisogna comunque ammettere che il gameplay risente di una certa monotonia che verrà a galla a gioco inoltrato, infatti, l’azione non cambierà mai più di tanto, prevedendo sempre la solita tattica di difesa più attacco. Per restare in tema di monotonia e “pecche” varie del programma, anche le texture, sebbene belle e ben fatte, diverranno, con l’avanzare del gioco, abbastanza ripetitive e scontate. La palette di colori scelta è strettamente metallica, in molti toni di grigio dall’inizio sino alla fine e solo poche volte (come nelle scene all’aperto) potremo gustarci varianti in termini di colorazione. Un’ulteriore pecca potrebbe risiedere nella mancanza della nostra arma sullo schermo, ma non si è trattato di cattiva programmazione, bensì di un taglio dovuto poiché, in 2MB di ram e solo tre dischetti, non si poteva certo pretendere di farci stare tonnellate di grafica, non credete?
Questi ultimi appena descritti, sono gli unici punti a sfavore che sento di attribuire a un prodotto come Breathless, poiché tutto il resto non potrà che esser ancora una volta elogiato e ammirato per bontà e sforzo di programmazione. Segnalo, inoltre, un effetto nebbia presente in svariati livelli magistralmente ricreato e atmosferico. Sarò di parte, ma sento di dover continuamente elogiare i Field of Vision per aver donato all’utenza amighista del 1996 un tale spettacolo visivo impensabile per i tempi. Grazie ancora!Il lato audio, curato da Tiziano Cappiello, prevede cinque moduli dal sapore fantascientifico che si ripeteranno dopo ogni superamento di altrettanti livelli. Tutti e cinque ben eseguiti e ben calzanti alla situazione, con a capo una title music altrettanto futuristica e gustosa. Gli SFX si rivelano, diversamente dalla controparte musicale, nella media, non eccellendo né risultando fastidiosi, lasciandosi semplicemente ascoltare senza problemi.
Permettetemi in chiusura anche un accenno alla trama che troverete, “purtroppo”, solo descritta nella confezione originale. Gli alieni (ma va'?) hanno del tutto invaso la galassia, conquistando svariati pianeti tra cui, ovviamente, anche la Terra. Stanchi e annoiati, per semplice sollazzo, decidono di inventarsi una specie di gioco all’ultimo sangue dove, in apposite arene, le diverse razze ormai soggiogate dovranno combattere per la sopravvivenza. Un umano ribelle a caso viene scelto e potenziato con parti biomeccaniche, aumentandone sia la forza sia l’agilità, per farlo competere al meglio. Qui entriamo in scena noi, pilotando il nostro alter-ego digitale, e dovremo spazzare via tutto ciò che si pone dinanzi al nostro cammino, fino al raggiungimento dello scopo ultimo: vincere per restare vivi! Narrazione particolarmente astrusa, lo ammetto, ma almeno d’indubbia originalità.
Note:
• Appena terminato, di Breathless già si pensava a un sequel sempre per Amiga, magari ancora più espansi, che sarebbe andato a correggere le poche pecche presenti nel primo capitolo. Non a caso (piccolo spoiler), portando a termine il gioco ivi recensito, sarà subito mostrata una schermata grafica con scritto in modo ben visibile: "To be continued…".
Fatto sta che, benché a detta dei programmatori il codice di Breahtless 2 fosse già in stato di lavorazione, il progetto fu soppresso per lo sconforto derivante dalle fievoli vendite del primo capitolo. Alberto Longo, in un’intervista risalente al 2005 apparsa sull’unica rivista cartacea dedicata ad Amiga in Italia (Bitplane), stima un totale di vendite che si aggira intorno alle 5000 copie vendute in tutto il mondo tramite Power Computing, ma afferma anche che siano dati che non l’abbiano mai convinto più di tanto.
• Il team Field of Vision, che in precedenza diede i natali a T-Racer sotto il nome di Virtual Dreams, era composto da: Alberto Longo (coder), Pierpaolo di Maio (design), Gianluca Abbate (grafica 2D), Tiziano Cappiello (musica) e Lino Grandi (grafica 3D). Lode a loro, dunque, per un lavoro svolto con grande passione e dedizione, e per aver mostrato un’Italia, troppe volte snobbata in materia, altamente competitiva nel campo dei videogames.
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