Apidya nasce come videogioco per computer ma fa di tutto per apparire come uno “da console”, vedasi intro in stile anime, schermata iniziale col titolo scritto in katakana (l’alfabeto fonetico giapponese per trascrivere il suono dei termini occidentali) e uno strano “II” che dovrebbe indicare il suo essere un seguito…onestamente non so di cosa, visto che si tratta di un titolo originale! Insomma, peculiare, ma nel più puro Kaiko style.
Il protagonista della vicenda è un ragazzo che, onde vendicare la morte della proipria donna ad opera del solito mago malvagio, si trasforma in un’ape (!) e affronta ogni tipo di nemico appartenente al regno entomologo e non solo, visto il seguente upgradarsi in una sorta di ape robotica (!!!) nei livelli a sfondo cibernetico. Inoltre come beam in stile R-Type c'è un bel super-pungiglione… attinente al tema proposto, ma anche decisamente assurdo.
Eppure, di fronte a cotanta stramberia di intenti, Apidya è uno shoot' em up coi controfiocchi. Le ambientazioni principali (divise in sotto-livelli) sono 5 e vanno da quella classica campestre ad una lacustre, passando per un canale di scarico fino ai già citati stage cibernetici. Se si è sufficientemente in gamba da superarli in modalità Normal o Hard, si affronterà la sezione finale, orrorifica, in cui si è al cospetto di inediti boss di fine livello.
Tecnicamente si è dinanzi ad eccellenza pura. La grafica disegna minuziosamente tutte le creature, siano esse microscopiche o enormi, in particolar modo lasciano di stucco, per dimensioni e dettaglio, i numerosi mostri di fine livello: mitica la mantide religiosa, semplicemente immenso il luccio della grandezza di circa tre schermi, che rifà il verso, nemmeno troppo velatamente, alla nave ammiraglia del terzo livello di R-Type.
Le musiche sono opera di Chris Huelsbeck e già questo basterebbe a garantirne la qualità, se poi si considera la perfetta aderenza alle ambientazioni (con tanto di pezzi techno per gli stage cibernetici) e che, nel caso di quella dei crediti finali, si è dinanzi ad una della migliori composizioni mai apparse in un videogame, i conti son presto fatti.
La giocabilità è ottima e la difficoltà generalmente ben bilanciata, non fosse per i livelli finali, coi citati boss che danno fondo a tutto il loro arsenale e il protagonista lì, a fare da bersaglio inerme. Peccato perché la frustrazione restituita è davvero tanta, specie per l’impossibilità, per i comuni mortali, di gustarsi il liberatorio ending (con annessa splendida musica) proprio ad un passo dalla conclusione, se non previo cheat.
Ma ciò che colpisce maggiormente in Apidya sono i segreti, da far invidia al più blasonato platform. Ce ne sono a bizzeffe: si provi ad uccidere una talpa calandosi susseguentemente nella sua tana, ad infilalarsi nella bocca del pescione di cui sopra, oppure a buttarsi nelle interiora del topo in decomposizione posto alla fine di uno dei livelli fognari... da restare allibiti.
Insomma, questo è un titolo da riscoprire, uno di quei prodotti che rappresentano al meglio sia l’hardware su cui girano che il loro genere di appartenenza. Non il solito sparatutto, ma un qualcosa di più, grazie ad un’ambientazione originale, una caratterizzazione paesaggistica pregevole, una cura maniacale nella ricostruzione di ogni più piccolo particolare di contorno, tocchi di classe sparsi ovunque e chicche nascoste da scoprire e gustare... senza trascurare l'appeal unico, quel quid di nipponico che tanto piace a noi videogiocatori europei.
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