Con queste semplici e dirette parole, un redattore della rivista italiana The Games Machine introduceva la recensione del prodotto che, anche noi oggi, ci apprestiamo ad esaminare: Super Stardust.
Super Stardust, di fatto, altro non è che il classico dell'Atari portato all’ennesima potenza; stesso concept di gioco, identica fisica, altrettanto per quanto riguarda la struttura in generale, con la piccola differenza che nel prodotto di cui parliamo abbiamo a che fare con grafica e sonoro di prima classe, nonché con elevata potenza distruttiva equivalente a un gasamento estremo durante le furiose sessioni di gioco.
Ma chi o cosa è Asteroids? Per chi fosse veramente a digiuno di tali nozioni di storia videoludica (penso pochi o nessuno) accennerò una breve spiegazione.
Uscito nel 1979, Asteroids è uno dei prodotti da collocare nella flotta pioneristica dei videogame degli albori, quella della cosiddetta “età d’oro dei videogiochi arcade”. La “storia” ci vedeva al comando di una navicella posta nell’immensa galassia destinata ad affrontare ammassi di asteroidi (appunto) vaganti per lo spazio. Questi ultimi, di dimensioni ragguardevoli, una volta colpiti con la nostra arma, si frantumavano riducendosi ad asteroidi più piccoli da eliminare a loro volta, fino alla distruzione totale. Questo è quello che ci chiedeva di fare originariamente questo storico coin-op, semplice e divertente quanto letteralmente galvanizzante, condito da una “stupefacente” grafica vettoriale.
Nel tardo 1993, una neonata etichetta di videogame si prefisse di rinvigorire su macchina Amiga OCS-ECS i fasti di questo grande capolavoro dell’era passata, creando un videogioco che non solo avrebbe sfruttato i chip Amiga fino all’osso, ma che ne avrebbe mantenuto intatto tutto il fascino e il divertimento originale: parliamo di Stardust ad opera della Bloodhouse.
Questo gioco si affacciò sul mercato Amiga proprio nei primi momenti di sconforto che questa tecnologia si apprestava ad affrontare. Difatti, Stardust, insieme ad altri titoli contemporanei, servì a dare uno scossone ad una situazione pressoché stagnante in cui volgeva la creazione di software originale per Amiga, ormai stracolma di conversioni (mal eseguite) dei videogiochi a 16 bit per console. E ci voleva proprio una neonata software house per ricordare a tutti quanto ancora fosse valida la vecchia Amiga, mettendo in scena uno show in grafica ray tracing da urlo, sonoro techno pompato, e giocabilità sopraffina, senza contare che questa piccola ditta finlandese autoprodusse il proprio lavoro senza contare, appunto, su grandi nomi di distribuzione e relative grosse pubblicità.
Un anno dopo, giusto il tempo per far consumare i polpastrelli agli amighisti, la Bloodhouse ritorna in scena con la sua creatura ulteriormente vitaminizzata. Se non fosse bastato il vecchio chip Ocs/Ecs a far capire di cosa fossero capaci questi baldi programmatori, eccoli dunque approdare sul nuovo chip AGA delle nuove macchine Commodore. A questo punto l’evoluzione è scontata, ma mai a pensare che si sarebbe potuto arrivare a tanto. Stardust aggiunge il prefisso “Super” alla sua dicitura e mai ci fu ragione più giustificata. Quello che fu proposto nel 1994 fu qualcosa di assolutamente devastante, tecnicamente superiore a qualunque cosa offrisse il mercato home in quel momento, in poche parole il top! Pur poggiando il tutto sulla struttura classica del buon vecchio Asteroids e, quindi, sullo stesso prequel Stardust, questa nuova versione seppe folgorare tutti i possessori delle ultime macchine targate Commodore, la serie 1200/4000/CD32.
La grafica mostrata in video è tutta in ray tracing, dal titolo nella schermata iniziale al più piccolo asteroide da distruggere in game. I fondali a 256 colori sono stupefacenti, messi in secondo piano solo da animazioni ed esplosioni che si susseguono sopra di loro, letteralmente da panico. La pulizia dell’immagine regna sovrana ora più che mai, restituendo all’utente Amiga navigato un sapore non dissimile da quello cui si era stati abituati dal Team 17 o altri illustri colleghi. Se tutta questa beltà grafica non bastasse, non resta che parlarvi della sezione all’interno di tunnel multiparallattici dove, a una velocità assurda, affronteremo orde di nemici che zoomano avanti e indietro senza presentare il benché minimo spixellamento, sempre in flotta verso di noi e mai solitari, il tutto condito da una fluidità fuori parametro. In queste fasi, piloteremo la nostra navetta inquadrata dalla parte posteriore in perfetto stile After Burner, qualcosa che andrebbe visto e giocato più che spiegato.
Per nostra fortuna il comparto sonoro non si mostra da meno, proponendo brani che ben si sposano con l’azione frenetica proposta. Pezzi techno acidi, si miscelano con digitalizzazioni vocali cristalline ed atmosferiche, per chiudere in bellezza un lato tecnico del gioco che non presenta sbavatura alcuna.
Certo, se il gioco andasse valutato solo per le prestazioni grafico/sonore, un bel dieci non glielo toglierebbe nessuno ma, si sa, un ottimo prodotto non si distingue nella massa per la sola forza tecnica, poiché un videogioco, per non essere un mero esercizio di stile, deve saper proporre almeno una sufficiente giocabilità, cercando di divertire l’utente che ne usufruisce. Super Stardust, grazie al cielo, è divertente quanto bello, raffinato in una giocabilità ostica ma intelligente, in pieno rispetto del proprio ispiratore.
Certo è un clone di Asteroids, e allora?
Nota:
• Il secondo capitolo di questa piccola saga, sottotitolato appunto ”Episode2”, non fu autoprodotto dalla Bloodhouse come avvenuto per il primo, bensì dal noto Team 17 che, evidentemente, ben fiutò l’affare riconoscendo in questi giovani programmatori molta farina del loro sacco.
• Nel 1995 fu ideata l’ultima release del gioco in questione per Amiga CD32, arricchendo il tutto con filmati in ray tracing nell’intro, nell’outro e nelle scene d’intermezzo archiviando un'ottima qualità, che meglio spiegano lo svolgersi degli eventi narrati. Anche la musica venne ricampionata in qualità CD, dove tocca spesso (leggasi livello bonus) picchi di suprema maestria sinfonica. Valori aggiunti, questi della versione CD, che vanno a completare un prodotto che su floppy (ne utilizzava sei) non avrebbe potuto dare più di quanto mostrato.
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