Nella guerra scaturita nel mondo dei programmatori Amiga, nel pieno 1995, si combatteva per la conquista del podio che avrebbe visto vincitore chi fosse riuscito a portare su questa macchina il miglior Doom-clone. Di certo non poteva restare a guardare uno dei team più importanti del panorama Amighista, il Team17.
Gloom (il primo clone di Doom a sbarcare su Amiga) conquistò l’utenza che ancora restava ancorata a questa macchina con una ventata d’aria fresca riversata su di un buon FPS. Pochi giorni dopo (nel vero senso della parola), arrivò il gioco oggetto di questa recensione. Quarto capitolo di una saga divenuta storica, nata su Amiga e ispirata ad Alien, film cult di Ridley Scott, il qui presente Alien Breed 3D.
Come dicevamo i precedenti tre capitoli di questa saga si basavano sulla visuale dall’alto a volo d’uccello. La grafica era tutta bidimensionale e disegnata ad arte dal grande Rico Holmes, tutta la produzione era interamente permeata da un’atmosfera claustrofobica e difficoltà da urlo. A ben vedere, col senno di poi, Alien Breed si sarebbe sposato benissimo con un eventuale passaggio alla terza dimensione. I labirintici livelli delle basi da esplorare che il gioco ha sempre proposto sarebbero divenuti pareti in texture mapping con visuale in prima persona, e ora i maledetti alieni sarebbero usciti veramente dalle”fottute pareti”! Il Team17, quindi, non ci pensò due volte a mettere nelle mani dei nuovi collaboratori, entrati di sana pianta nel team, uno dei loro brand più forti; quell’Alien Breed che sin dal 1991 terrorizzava mezza Europa, imbastardendo un concetto di gioco che partiva dalla base di Gauntlet. Difatti non fu il mitico trio (Rico, Allister, Andreas) a curare direttamente il progetto della trasposizione in 3D, bensì un certo Andrew Clitheroe, programmatore probabilmente ben consapevole dei nuovi mondi grafici 3D che di lì a poco avrebbero invaso anche il mondo dei videogame Amiga, da sempre patria dell’estremo 2D e delle raffinatezze grafiche proprie di artisti come il citato Rico Holmes. Quindi, mentre il team originario si preoccupava di portare (con scarsi risultati) su Playstation il seguito di un altro loro grande titolo (un certo Project-X), questo branco di nuovi adepti alla scuola “seventiniana”oltremodo Amighista, si sbatteva con routine chucky copper, texture e ottimizzazioni varie, per portare la dimostrazione di un nuovo Doom su Amiga. Chi vinse questa immensa battaglia? Il capostipite Gloom o l’irruento Alien Breed 3D? Il verdetto è presto detto, in un paragone inevitabile e quanto mai spontaneo.
Piccola precisazione: in questo scontro fratricida entrò anche un terzo concorrente che puntava al podio di miglior Doom per Amiga, Fears. Questo titolo fallì in parte nella prova, rivelandosi, a conti fatti, inferiore alla concorrenza più agguerrita targata Black Magic e Team17. Chiusa parentesi.
Premetto sin da subito che Gloom resta tutt’oggi tra i più divertenti FPS apparsi su Amiga, quindi, dal lato di puro intrattenimento, vince in partenza su Alien Breed 3D. Quest’ultimo si prefissa una serietà di fondo molto marcata (come tanti sui colleghi) e, seppur non lesini su scene splatter e mostri di ogni tipo, non raggiunge la goliardia chic proposta da Gloom. Ma, a ben vedere, questa fu una precisa scelta dei programmatori, portando in spalla il peso di una discendenza marchiata con lo stampo di Alien Breed, dove tutto si poteva notare tranne che allegria di fondo.
La grafica volge a favore del titolo Team17, o meglio, mostra un motore grafico molto all’avanguardia per i tempi. Gloom aveva il grosso limite di essere su di un solo piano prospettico, facendolo accomunare più con Wolfenstein 3D che non a Doom stesso. Diversamente, Alien Breed 3D presentava livelli su più piani prospettici: scale, rampe, passerelle e non mancavano nemmeno le scene all’aperto (riconosciute come le più pesanti da gestire per un motore grafico), del tutto assenti nella concorrenza. Bisogna dirlo, Alien Breed 3D mostrava un engine che andava paragonato direttamente a Doom per sofisticatezza e avanguardia, più che ai suoi rivali apparsi su Amiga. L’unico punto dolente fu la scelta di renderlo “possibilmente” giocabile anche su 1200 base: questo compromise non poco le texture applicate in gioco, poiché si dovette optare per risoluzioni particolarmente basse (pixel 1x2/2x1) per non appesantire chi non aveva una scheda acceleratrice. In tanti casi, quindi, la grafica si mostrava molto confusa e incomprensibile, soprattutto nelle scene al buio, dove spesso e volentieri si perdeva la bussola finendo completamente in balia dei nemici. Su questo fronte usciva vincitore Gloom, poiché anche su Amiga 1200 di base quest’ultimo riusciva a proporre un gioco quasi a schermo pieno, lì dove a metà schermo Alien Breed 3D arrancava alla grande gridando espansione a tutta forza.
Sul lato sonoro, che dire? Entrambi ben fatti, ma leggermente più di atmosfera quello di Alien Breed 3D. Per il sonoro di questo gioco fu chiamato in causa un membro esterno al team, il talentuoso Bjorn Lynne. Non so se Allister Brimble avrebbe potuto fare meglio, certo è che questo ragazzo diede il meglio di sè, tirando fuori degli sfx terrorizzanti nel loro echeggiare nella notte, e dei loop audio che ci accompagnano durante la partita veramente ben fatti. Ci fu anche una versione per CD32 di questo gioco, dove le tracce audio furono risuonate direttamente su cd, ma lascio ad altri l’onore di precisare quest’aspetto, poiché il sottoscritto non ha mai provato tale versione e rischierebbe di scrivere per sentito dire.
Le armi proposte da Alien Breed 3D sono le classiche che ci si aspetta da un gioco del genere. Si parte con una pistola a ripetizione, passando per il potente ma lento fucile a pompa (lode a te), il bilanciato fucile al plasma, un letale ma poco preciso lanciagranate e un distruttivo lanciamissili che penso si commenti da solo. Anche su quest’aspetto il titolo qui recensito batte di parecchi punti il diretto avversario che, diversamente, proponeva una sola e unica arma al plasma, potenziabile certo, ma non intercambiabile. La varietà delle situazioni tramite un cambio di armi offre anche la possibilità di cambiare tattica in conformità ai nemici che ci si pareranno dinanzi. In Gloom si affrontava tutto e tutti con la stessa medesima arma (boss finale compreso), in Alien Breed 3D questo non è possibile. Provate ad attaccare il boss finale con un’arma che non sia il lanciamissili (ed anche alcuni dei suoi sgherri) e potrete dire definitivamente addio alla vostra pellaccia.
Alien Breed 3D si vantava di mostrare anche livelli ambientati in pozze di acqua, con tanto di effetto distorsione. Potevamo calarci per raggiungere zone altrimenti inaccessibili e presentava anche effetti d’illuminazione primordiali, questo tenendo bene in mente che il gioco nacque su 1200 base nel 1995, un vero fulmine a ciel sereno!
Nota:
• Alien Breed 3D e Worms, furono i giochi più venduti in Inghilterra nel 1996, entrambi ad opera del Team17.
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