Gangster Alley è un classico esempio di light gun game, non fosse per un piccolo particolare: non si usa alcuna light gun. L'Atari 2600 non si fece mancare la sua brava pistola compatibile, ma l'aggeggio era utilizzabile solo per due giochi, Sentinel del 1990 e Shooting Arcade, quest'ultimo neppure pubblicato. Nel 1982, anno in cui Spectravision distribuì Gangster Alley, era già tanta grazia usare il classico controller per muovere un cursore sullo schermo, a mo' di mirino.
La trama del gioco è da classico action-movie: cinque ricercatissimi criminali in fuga dal fantomatico S.B.I., lo Spectravision Bureau of Investigation, si sono asserragliati in un palazzo, loro quartier generale, ed hanno preso in ostaggio una donna e un bambino. I manigoldi hanno irriso apertamente le autorità, sfidando lo S.B.I. a venire a stanarli. Bisogna dargli una lezione: un agente volontario imbraccia un fucile e si dirige in Gangster Alley, il vicolo dei fuorilegge, pronto a fargli assaggiare un po' di piombo.
“Il miglior modo per difendersi dalle pistole è nascondersi molto lontano e rispondere al fuoco col fucile più grande che trovi”
(Lee Child, “Colpo Secco”)
Davanti a noi si staglia la facciata del palazzo, in cui si aprono svariate finestre rettangolari. I banditi fanno capolino a turno emergendo lentamente dal basso verso l'alto. Purtroppo, anche i due ostaggi hanno la stessa geniale pensata, quindi dovremo cercare di riconoscere quanto prima ogni sprite dalle sue specifiche fattezze, onde evitare di fare saltare le cervella alla signora e al pargoletto. I furfanti, invece, tenteranno di fare ciò che gli è più congeniale, ossia ci spareranno addosso se gli daremo il tempo di sporgersi completamente. In realtà, solo Mugsy, Scar Face, Lefty e Shifty seguono questa basilare tattica. Il loro leader, Nitro Ed, ancora più folle dei suoi scagnozzi, si muove con arroganza sulla sommità dell'edificio e ci minaccia costantemente agitando, addirittura, una granata. E' un megalomane, è il boss della banda, ed è il pericolo peggiore: quando Eddie se ne sta tranquillo a ciondolare lo possiamo anche ignorare, ma non appena alza il braccio brandendo la granata, dobbiamo subito cercare di colpirlo, perché dopo pochi attimi l'infame ci lancerà addosso la sua peculiare arma. Mentre un colpo di pistola dei suoi tirapiedi ci costerà solo una vita, una sua granata farà calare immediatamente il sipario sulla partita: game over, con tanto di faccione di Eddie che ride di noi stampato a tutto schermo, quale insulto finale.
In alto, sopra l'odioso Nitro, troviamo il punteggio, che naturalmente aumenta per ogni criminale accoppato e decresce notevolmente ogni qual volta facciamo strage di innocenti. In basso, invece, è indicata la dotazione di giubbotti antiproiettile, ossia di vite (4 in partenza, più una omaggio ogni 5000 punti ma sempre fino a un massimo di 4) e delle munizioni, che sono contate in numero di 24 per ogni stage, in quattro caricatori da sei: restare senza proiettili prima della fine di uno stage equivale a morte certa.
Il gioco non offre grande varietà: puntare e sparare, nulla più. Però, mentre una certa monotonia di azione è insita nel genere scelto, era lecito aspettarsi più inventiva negli elementi di contorno. La disposizione delle finestre cambia da uno stage all'altro, ma è davvero il minimo che si potesse pretendere. L'unica variazione sul tema è offerta saltuariamente dagli stage notturni: in questi casi lo schermo è nero e l'unico modo di illuminarlo per alcuni secondi è fare fuoco. La difficoltà sta nell'esigenza di non sprecare troppe munizioni solo per fare luce, ma si tratta più di un fastidio che di un diversivo avvincente.
Le opzioni si riducono ai due classici livelli di difficoltà ed alle modalità a uno o due giocatori, quest'ultima però nella consueta quanto inutile versione a turni alternati.
Anche la realizzazione generale non aiuta: la grafica è sciatta e si segnala solo per le fattezze obiettivamente comiche di un paio di brutti ceffi, mentre il sonoro è sostanzialmente irrilevante, con pochissimi effetti anonimi. La collision detection si accoda alla mediocrità diffusa ed è abbastanza approssimativa, ma fortunatamente l'imprecisione si rivolge più spesso a favore del giocatore che a suo discapito. La sfida è buona (curiosamente il livello di default, settato sullo switch in posizione B, è quello più difficile) ed evita che la partita si protragga a lungo: la brutta notizia è che questo è un bene.
Nelle mani di una “vision” diversa, Activision per intenderci, questo gioco avrebbe potuto implementare anche solo tre o quattro accorgimenti utili a uscire dall'anonimato dei mille sottoprodotti per Atari 2600, confezionati da mani inesperte o maleducate come, manco a dirlo, quelle di Spectravision. Così com'è, invece, Gangster Alley si lascia giocare e riesce anche a divertire, ma non più di qualche minuto. In un titolo che ci mette nei panni di un tiratore scelto, tocca ammettere che sono stati i programmatori a fallire il colpo.