A dispetto del titolo, in “Smurf: Rescue in Gargamel's Castle” (da qui in poi soltanto “Smurf”, come da frontespizio della cartuccia), disponibile per Colecovision e VCS, di Gargamella non c'è traccia. Ma il manuale di gioco ci riferisce che il manigoldo ha rapito Puffetta, e sta a noi, nei panni di un coraggioso puffo senza nome, liberarla. Per giungere al rifugio del vecchio mago dovremo però attraversare la foresta, e qui comincia il difficile.
Go right!
E' il comandamento di tanti action di un tempo, e Smurf lo rispetta in pieno. La prima schermata ci presenta il nostro eroe appena uscito “di casa”, ossia da un grosso fungo con un buco come finestra: da qui in avanti, si tratta solo di proseguire verso destra, evitando tutti gli ostacoli.
L'azione si svolge via via in varie schermate fisse, ed il puffo ai nostri comandi dovrà superarle senza poter poter disporre di alcuna arma, ma solo camminando, accovacciandosi o saltando. Controlli essenziali al punto da non usare neppure l'unico tasto disponibile su VCS, ma bisogna tenere conto di una piccola peculiarità fondamentale per proseguire nel gioco: premere il direzionale alto una volta produce un salto misero, pressoché inutile in quasi tutti i frangenti, ma premendo due volte, al primo salto ne segue uno più che doppio, vera ed unica risorsa a nostra disposizione.
L'affollamento di ogni schermata ed il comportamento dei nemici dipende dal livello di difficoltà selezionato: ce ne sono 4, e nel primo le uniche avversità sono gli elementi del paesaggio ed un amabile ragno di cui parleremo più avanti. Nel secondo livello sono presenti anche tutte le controparti animali, che nel terzo e nel quarto aumentano progressivamente in velocità. Una volta conclusa l'avventura ad un livello, il gioco ci porta automaticamente a quello successivo sino al quarto, il quale poi si ripete in loop all'infinito. L'impresa, si vedrà, non è delle più lunghe, e i programmatori hanno così deciso di allungare il brodo con un facile espediente: ad ogni grado di difficoltà corrisponde il numero di riproposizioni consecutive di ogni stage, per cui al livello più arduo sarà necessario superare ciascuna schermata quattro volte prima di passare alla successiva.
La foresta
E' l'inizio dell'avventura, e già cominciano a non tornare i conti: a sbarrarci il cammino, troviamo un'inspiegabile staccionata a misura di puffo. A giudicare dalle dimensioni, solo un puffo può averla costruita, ma perché mai piantare in mezzo alla strada una recinzione assolutamente inadatta a respingere qualsiasi nemico ma letale per se stessi? Superati con un balzo l'ostacolo e le perplessità, si manifesta un falco che plana nella nostra direzione: la soluzione migliore è evitarlo saltando. Fra l'altro, il falco è grande all'incirca la metà di noi, dimostrazione che nel rispetto delle proporzioni i programmatori hanno preso a modello i classici cartoni animati degli anni '80, dove le dimensioni dei Puffi erano un dato variabile (alti “due mele o poco più”? E vivono nei funghi?).
Il fiume
Usciti dalla foresta, eccoci davanti a un gaio ruscelletto. Saltarlo in leggerezza è poca fatica, ma a complicare le cose ci si mette un serpente che corre avanti e indietro. Da notare che la perfida biscia è il personaggio dai movimenti più imprevedibili di tutto il gioco, e costituisce il vero elemento di difficoltà nelle fasi più avanzate.
Le montagne
Quelli che sembrano semplici scalini marroni sono formazioni rocciose, da salire a grandi balzi. Il nostro puffo è bestiola fragile ed il semplice contatto con uno spigolo lo manda al Creatore, così come scendere uno dei gradini senza saltare. Anche qui si palesa un falco predatore che vola minaccioso verso di noi, e che raramente cambia il proprio pattern di movimento, rischiando di coglierci di sorpresa solo di tanto in tanto.
La grotta del ragno
Scendiamo in una caverna, addobbata con graziose stalattiti viola. E' sufficiente fare attenzione ai gradini ed al ragno nero che penzola su e giù dalla ragnatela al centro dello schermo. Da notare che il ragno è più grande del falco che abbiamo già incontrato sul nostro sentiero, e della serpe d'acqua in cui ci imbattiamo nuovamente una volta usciti dalla grotta: sì, lo stage del fiumiciattolo si ripropone sempre due volte in ogni loop, senza motivo apparente. Ma dopo averlo nuovamente superato, eccoci alla meta del nostro viaggio...
Il castello di Gargamella
Ma quale “castello”: tre sedie, un tavolo e un paio di mensole... questa è una catapecchia. Il manuale ci informa che siamo nel laboratorio dello stregone, Puffetta se ne sta nella scaffalatura in alto a destra, e non ci sono gabbia né catene a trattenerla: che la sua sia stata una fuga volontaria? Forse, unica femmina del villaggio ed ormai stanca di soddisfare gli appetiti di cento piccoli satiri blu, ha trovato nel vecchio Gargamella un po' di affetto disinteressato... ma non c'è tempo per sciogliere i dubbi: in quattro salti, il nostro eroe si arrampica sul tavolo, evita un pipistrello malefico che lo attacca e raggiunge la sua bella. Piccolo jingle e via, si riparte da capo.
Un gioco come tanti, o forse no
Basta una partita per capire che Smurf non era esattamente una ventata di originalità neppure alla data di uscita. Piuttosto, si tratta di un classico esempio del genere che potremmo definire “walk'n'jump”, in cui il personaggio principale deve semplicemente guadagnare l'uscita dallo schermo evitando gli ostacoli sul suo cammino. Tipo ludico semplice da realizzare, che infatti vide molti esponenti sulle macchine casalinghe del tempo (Cabbage Patch Kids, Bobby is Going Home, Red Sea Crossing, Walker e tanti altri: al più carini, talvolta abominevoli), ma che si ritrovò drammaticamente superato fin da subito da prodotti molto più raffinati: basti pensare che nello stesso anno di pubblicazione di Smurf uscì un certo Pitfall.
Eppure, Smurf si ritaglia un posto di tutto rispetto con una confezione tecnica che non raggiunge l'eccellenza, ma quantomeno ci prova con simpatia. La grafica, per esempio, è colorata ed a tratti pacchiana: il cielo pare tirato via a strisce coi pennarelli, tanto siamo lontani dai raffinati tramonti sfumati con maestria da Activision. Ma l'effetto quasi teatrale delle due ali di alberi nella foresta ed il delizioso quadretto della caverna sotterranea meritano un applauso.
Sulla stessa falsariga il sonoro: ogni partita si apre con il motivetto più classico dei Puffi, quello che nel cartone animato i nostri amici blu si mettevano a cantare quando andavano in cerca di puff-bacche. Dopodiché, l'azione è accompagnata da una classica canzone americana, “simple gifts”, in realtà appena accennata e quasi cacofonica nell'esecuzione, ma si deve apprezzare lo sforzo in un tempo e su una console in cui l'accompagnamento musicale era tutt'altro che scontato. Sorprendente poi la trovata di rendere più grave e tetra la musica quando il nostro eroe scende nella caverna sotterranea, per suggerire l'idea dell'eco.
Sono dettagli non determinanti ma utili a rallegrare l'esperienza di un gioco in cui la difficoltà cala sensibilmente dopo poca pratica: la dotazione di vite è generosa, ed il tempo concesso per il completamento di ogni schermata, rappresentato da una barra colorata in esaurimento, è troppo abbondante per rappresentare un fattore incisivo.
La versione Colecovision
E' l'incarnazione più famosa del gioco, resa celebre da una grafica generalmente piacevole e particolarmente efficace nello sprite principale, davvero identico ai Puffi dei fumetti e dei cartoni animati. Gli stage variano leggermente rispetto alla controparte VCS, e la longevità ne guadagna. Molto ardue, nei livelli di difficoltà più elevati, le fasi all'aperto, dove il nostro puffo si trova a superare un manto erboso riarrangiato in modo sempre diverso tra buche e gradini, esposto agli attacchi dei falchi e al tocco letale della nemesi più assurda della storia dei videogiochi... i famigerati ciuffi d'erba di Smurf.