Frogs-and-Flies-Atari coverErano i primi anni novanta, il Super Nintendo era l’ultimo grido e se la vedeva nella più epica console-war di sempre con il Sega Mega Drive. Quest’ultimo era già una solida realtà in Italia e - ciò che più conta - in casa mia, dove lo si poteva trovare comodamente alloggiato a fianco della tv in sala da pranzo, teatro di lunghi pomeriggi videoludici in compagnia dei miei amici di scuola. Uno di questi un bel giorno si ritrovò fra le mani una di quelle console derivate dall’Atari VCS, con decine e decine di giochi precaricati, macchine a basso prezzo di cui già al tempo dalle emittenti tv locali tesseva le lodi il mitico e simpaticissimo Roberto Artigiani, che ne vantava l’ “incredibile realismo” con un trasporto commuovente e pari solo alla sua manifesta incompetenza.
Non foss’altro per curiosità archeologica, si decise di consacrare un pomeriggio intero a quello strano scatolotto retrò, switchando da un titolo all’altro in un battito di ciglia. Totalmente ignari non solo degli antichi fasti del VCS, ma proprio dell’intera storia videoludica antecedente il Master System, io ed il mio compare provavamo più divertimento nel ridere della grezza grafica dei giochi piuttosto che nelle partite in se stesse, tanto che una delle più vivide immagini che mi sono rimaste di quel pomeriggio è la scomposta ilarità che traemmo dal vedere la scritta “BURP!” in Fast Food. Scritta che in quel videogame, per chi non lo sapesse, equivale né più né meno che a Game Over, ma evidentemente o non l’avevamo capito, o più probabilmente pensavamo che quell’anticaglia non potesse darci più soddisfazione che regalandoci la rappresentazione di un rutto su schermo, sicché ogni nostra partita tendeva scientificamente a quello.
Poi, venne il turno di un gioco che ci fece cambiare idea.

Frogs-and-Flies-Atari 01Frogs-and-Flies-Atari 02Frogs-and-Flies-Atari 03

All’apparenza semplicissimo, e graficamente persino più quadrettoso della media, si trattava di due rane adagiate su altrettante foglie in uno stagno, che dovevano saltellare a piacere per agguantare delle mosche in volo sopra di loro. Gli sghignazzi di scherno diventarono subito risate di divertimento assoluto, compulsivo. Uno dei due stava per mangiarsi un bell’insetto, l’altro glielo soffiava all’ultimo istante: gioiose esultanze e svariate promesse di vendetta. Il furbo riprovava la stessa bravata ma sbagliava il salto, con la relativa rana che si tuffava disgraziatamente nello stagno a bocca asciutta: amichevoli insulti e allegria sfrenata, quasi isterica. E via così per tutto il resto del pomeriggio.
Poi, come tante cose belle dell’infanzia, anche quello strano arnese pieno di giochi si perse nei meandri della memoria, e il videogame delle rane salterine rimase a lungo senza nome. Quando pochi anni fa, sull’onda della mia nascente passione per il retrogaming, ho fatto la conoscenza dell’Atari 2600 e della sua formidabile storia, ho finalmente ritrovato anche le tracce di quel gioco a me tanto caro: il suo nome è Frogs and Flies, ed ora vi spiego perché dopo vent’anni rimane il mio preferito per VCS.

Frogs-and-Flies-Atari 04Frogs-and-Flies-Atari 05Frogs-and-Flies-Atari 06

Due è meglio di uno

In principio fu una rana, una soltanto, protagonista di Frogs, cabinato Gremlin del 1978, in cui l’anfibio si presentava bianco come il latte su fondo uniforme nero (ma decorato da opportuni adesivi per simulare un’ambientazione colorata agreste), intento a saltare goffamente per mangiare insetti vari in transito sopra di lui. L’idea non era malvagia, ma la realizzazione lasciava alquanto a desiderare, cosicché Frogs entrò con pieno merito nell’oblio degli arcade di scarso successo. Ben presto però qualche geniaccio dei videogames pensò che laddove una rana aveva fallito, potessero invece cogliere nel segno DUE rane, e dunque l’idea di Frogs fu sviluppata nel senso di un two-players mode sia in Frogs and Flies per Atari VCS, sia in Frog Bog per Intellivision, di fatto due versioni dello stesso gioco.
L’ambientazione è un tuffo in aperta campagna: uno stagno immerso nella vegetazione, con due grandi ninfee nel mezzo; su ognuna di queste, una rana di colore diverso: una grigia ed una rossa. Il quadro è parecchio sgranato, spigoloso, ma suggerisce già l’approccio del gioco nel suo complesso: più che la rappresentazione, l’idea; più che l’immagine, l’impressione. E così anche gli insetti che volano nell’aria non sono altro che quadratini, ma il loro moto è felicemente imprevedibile, giocoso, e il battito delle loro ali, semplici propaggini angolari, è vibrante, frenetico (un vero e proprio uso funzionale del blinking!). Queste mosche non hanno nulla della pittorica varietà degli insetti di Frog Bog, ma hanno qualcosa in più, un guizzo naturale: sono cose vive.
Persino il paesaggio è in qualche modo dinamico, cangiante: i tre minuti di ogni partita rappresentano simbolicamente un’intera giornata, dall’alba alla notte, e il trascorrere del tempo è suggerito da corrispondenti variazioni cromatiche.
Se però c’è un fattore che più di tutti immerge il giocatore nell’amabile atmosfera campestre, questo è il sonoro. Gli effetti dei salti delle rane e dei loro scatti di lingua sono adeguatamente buffi, ed il suono prodotto quando una di queste finisce in acqua è di quelli che fanno inevitabilmente pensare “splash!”, ma il pezzo forte è un altro. È il confuso e discreto sottofondo irregolare di trilli, frulli e rumori assortiti, sino al frinire dei grilli che interviene alla fine di ogni partita, un coro rurale che pare suggerirci come a quella strana sfida anfibia assista una natura animata, brulicante di creature diverse.
Ma veniamo ora ai compiti del giocatore. L’intento, credo si sia capito, è quello di guidare i movimenti di una delle due rane a caccia del proprio fiero pasto, costituito da mosche e soltanto da quelle, tutte quante del valore di due punti. Eppure non viene da rimpiangere la variegata fauna volante di Frogs e Frog Bog, in cui ad ogni tipo di insetto corrisponde un diverso punteggio, anzi è decisamente meglio così. È come se il gioco ci invitasse ad avere un approccio spensierato nel vero senso della parola, senza calcoli e tattiche che, molto probabilmente, non sarebbero compatibili con la semplice psiche della nostra rana, come a dire: una mosca è una mosca, e una mosca vale l’altra!
E così non sorprende, se non positivamente, il modo in cui il computer partecipa alla partita qualora non si disponga di un avversario umano: non bisogna settare nulla, ma molto semplicemente se nei primi quindici secondi l’altro controller non viene utilizzato, la rana rossa viene animata dalla cpu. A ben vedere, su un tempo complessivo di tre minuti, si tratta di un indubbio vantaggio per il giocatore, ma dopotutto lo spirito non è evidentemente quello di una competizione cronometrica, è più come se l’altra rana, vedendo l’amica intenta al banchetto, decidesse di sgranchirsi un po’ le zampe unendosi alla caccia.

Frogs-and-Flies-Atari 07Frogs-and-Flies-Atari 08Frogs-and-Flies-Atari 09

Il salto è nulla senza controllo

Le rane sono manovrate secondo uno schema che varia a seconda della posizione dello switch. In opzione B, il nostro caro anfibio balza da una ninfea all’altra secondo un arco fisso, ed estrae automaticamente la lingua quando si trova vicino a una mosca. È senz’altro la modalità più rilassante, tanto che si richiede soltanto un tocco al controller, in qualunque direzione, per comandare il salto. Già così sarebbe un gioco adorabile, ma il vero divertimento sta altrove.
Sta nell’opzione A. Qua il giocatore ha il pieno controllo, e signori: che controllo! Se c’è un motivo che più degli altri mi fa amare alla follia Frogs and Flies e viceversa mi induce a lasciare la cartuccia di Frog Bog sempre riposta nella sua brava scatola, è proprio questo: l’assoluta e appagante manovrabilità. In questa modalità infatti il salto è regolato in traiettoria ed intensità dalla direzione e dalla pressione applicate al joystick o joypad di fiducia. Il manuale fa bella mostra di ben otto possibili archi differenti, che consentono il balzo più alto così come il passettino più breve, utile anche agli spostamenti lungo le ninfee. Questa maggiore libertà comporta anche maggiori rischi, nella fattispecie consistenti nel pericolo concreto di finire al di fuori delle due foglie e di tuffarsi in acqua, con la conseguenza di perdere tempo prezioso nell’attesa che la nostra rana riguadagni la superficie a nuoto. In più, lo switch in posizione A costringe anche ad azionare manualmente, con la pressione del tasto, il movimento della lingua della rana, che viene estratta e ritirata in un istante, richiedendo un’esatta scelta di tempo.
Occorre mettere in chiaro che, qualunque soluzione si scelga, la difficoltà si attesta su livelli medio-bassi: l’intelligenza della cpu non è tale da consentirle altro che un salto ad arco fisso, anche quando il giocatore opti per il controllo completo, e basteranno pochissime partite per superare agevolmente il punteggio del computer. Ma è altrettanto vero che il succo della modalità single-player non sta nella sfida, sta piuttosto nella ricerca del risultato personale migliore e soprattutto del divertimento semplice, gioioso, felicemente fine a se stesso.

Frogs-and-Flies-Atari 10Frogs-and-Flies-Atari 11Frogs-and-Flies-Atari 12

Il piacere della competizione giunge potente nel two-players mode. Con indubbia accortezza si consente di settare la difficoltà in modo differente per ciascun giocatore, ma il massimo della soddisfazione lo si ottiene con entrambi i contendenti in opzione A. È qui che si fa strada l’insulto beffardo, il piacere perverso del furto di mosca all’ultimo istante utile, il compiaciuto dileggio dell’avversario caduto in acqua. E anche per chi perde, non c’è stizza, non c’è frustrazione. Il gioco è tanto semplice, accessibile e festoso, che la sfida funge da puro moltiplicatore di divertimento. Non vi salterà in mente di decidere chi sia il campione, “il più forte” o che altro, vorrete solo fare un’altra partita, e un’altra ancora. Ma non prima di esservi gustati il termine di quella precedente: notte fonda, due rane saltano leggiadre fuori dallo stagno, una mosca entra volando lentamente e portando con sé la scritta “The End” per lasciarla sospesa in cielo ed uscire dal lato opposto sbattendo le ali. E tutto tace, eccetto il frinire dei grilli nel buio della campagna…

COMMENTO FINALE


"Tanti anni fa, lungo il nebbioso crinale fra Arte e Videogiochi, è spuntato questo elegiaco quadretto en plein air, poesia pura al servizio dell’Atari VCS. Frogs and Flies è un gioco incredibilmente semplice e semplicemente incredibile, che sa di infanzia e fiori di campo, spassosissimo da soli, esilarante con un amico. Un piccolo grande classico."