Clicca sull'immagine per ingrandirla.   Nome:   00_Flying-Shark_Atari-ST_cover.jpg  Visite: 1  Dimensione: 31.5 KB  ID: 246780Conversione, che passione

Quando si considerava la sala giochi come una sorta di Mecca videoludica, il termine più amato e odiato da parecchi possessori di home computer e console era essenzialmente uno: conversione.

Molti habitué degli arcade desideravano che i coin-op preferiti fossero riprodotti sui rispettivi sistemi domestici senza sacrificarne troppo la qualità audiovisiva e mantenendone il più possibile intatto il gameplay. Da tale volontà nasceva un interesse particolarmente vivo nei confronti della tanto ambita conversione.
Una passione, dunque, che andava intesa in due accezioni ben distinte: fortissima aspettativa e sofferenza in senso lato. I porting, infatti, erano spesso una doccia scozzese, un alternarsi di speranze e delusioni, una frequente fonte di frustrazione.

Riconsiderare con il senno di poi gli arcade-at-home wishes dei videogiocatori degli anni 80 significa rendersi conto di quanto spesso e volentieri questi ultimi volessero la luna nel pozzo.
Le conversioni, infatti, erano piuttosto difficoltose per il rilevante gap tecnologico che di solito separava gli hardware domestici da quelli dei coin-op, per lindubbio vantaggio garantito dalla specializzazione videoludica delle arcade board e per il generalmente più alto livello di competenza degli sviluppatori impegnati in questultimo specifico settore.
La situazione era senz'altro più critica nel caso dei porting che imponevano ai programmatori di fare i conti con la componentistica di home computer caratterizzati da specifiche in linea di massima poco idonee. Tali sistemi, difatti, non erano espressamente concepiti per un utilizzo videogiochistico, essendo questultimo, a conti fatti, solo uno degli impieghi possibili.
Viceversa le console e le arcade board avevano un hardware specializzato per gestire i vg, il che comportava dei vantaggi non trascurabili per gli sviluppatori.

Le conversioni da coin-op realizzate su non-game-oriented computer quali ZX Spectrum, Amstrad CPC, MSX, Atari ST e PC (in ambito personal computer, il riferimento è ai sistemi MS-DOS diffusi a cavallo tra fine anni 80 e inizio 90) erano più soggette a tracolli qualitativi rispetto alle equivalenti sugame dedicated system che non solo beneficiavano del loro specifico indirizzo videoludico, ma contavano su uno know-how dei programmatori generalmente superiore.
Le difficoltà poste di fronte agli sviluppatori variavano molto a seconda del sistema di riferimento e delle caratteristiche dellarcade hit oggetto del porting.
I sistemi dotati di componentistica dedicata per la gestione di sprite e scrolling, come il Commodore 64 e gli Amiga, erano di fatto avvantaggiati rispetto a quelli che, invece, potevano avvalersi della sola CPU contando solo sullefficienza del coding. Per gli hardware non customizzati, dunque, era notevolmente complesso gestire un coin-op medio del tempo, a meno che non si trattasse di un fixed screen o un puzzle game.
Per quanto riguarda la competenza degli sviluppatori in ambito home computer, va considerato che solo alcuni tra i migliori team che lavoravano su tali sistemi si dedicavano a tali conversioni, non di rado affidate a programmatori dalla competenza non eccezionale che, oltre a scontrarsi con sistemi poco adatti agli arcade game come quelli già citati, subivano dai publisher delle rilevanti imposizioni quali tempi ristretti e, per ridurre il disk swapping, severi limiti relativi alle dimensioni in kB del prodotto finito.

In questo articolo prenderemo in esame uno di questi porting tendenzialmente difficili: Flying Shark in versione Atari ST.


Si scrive Taito, si legge Toaplan

Flying Shark / Sky Shark / Hi Sho Zame è un noto e apprezzato shoot em up a scorrimento verticale datato 1987.
Pur essendo considerato uno tra i numerosi arcade hit Taito, società particolarmente attiva negli anni 80 e nella prima metà del decennio successivo, questo vertical shooter è in realtà sviluppato dalla Toaplan, stesso team di Tiger Heli (1985), Slap Fight (1986),Twin Cobra / Kyukyoku Tiger / Ultimate Tiger (1987), Twin Hawk (1989), Truxton / Tatsujin (1989), Hellfire (il primo titolo in cui, sempre nel 1989, compare il logo della software house giapponese, non più in forza alla Taito), Zero Wing (1989), Fire Shark / Same! Same! Same! (1989), Out Zone (1990), Snow Bros: Nick & Tom (1990), Vimana (1991), Dogyuun (1992), Truxton 2 / Tatsujin Oh (1992), FixEight (1992), Grindstormer / V-Five (1993) e Batsugun (1993).

Dal 1984 al 1994, anno della bancarotta, la Toaplan realizzò 30 coin-op, di cui 8 sotto etichetta Taito.
Quasi tutti i titoli sopra citati (lunica eccezione è costituita dal celebre cute game Snow Bros: Nick & Tom) appartengono al genere preferito dal team, gli shoot em up (in larghissima prevalenza a scorrimento verticale, con le sole due deroghe di Hellfire e Zero Wing), il che indica chiaramente quale sia la specializzazione videoludica di questi sviluppatori.

Se Flying Shark riprende lambientazione militare del primo successo firmato Toaplan, Tiger Heli, questa volta cala il videogiocatore nei panni di un pilota di Curtiss P-40, caccia statunitense utilizzato durante i primi anni della Seconda Guerra Mondiale che si distinguevaper il muso decorato con laggressivo disegno delle fauci di uno squalo.
Ancora una volta si tratta di una missione sucida: 5 temerarie incursioni in profondità in territorio nemico allo scopo di liberare dei prigionieri di guerra americani.
Il sistema di armamento di Flying Shark è la quintessenza della semplicità: una mitragliatrice potenziabile e un numero limitato di giant bomb, comunque integrabile o ripristinabile. I nemici da affrontare sono quelli canonici di questo genere di titoli:carri armati, caccia di vario genere (molto importanti le formazioni dei biplani rossi, il cui abbattimento consente di guadagnare un power-up), varie postazioni fisse, bunker difesi da cannoni montati su torrette, mezzi fluviali e marittimi, unità navali di varie dimensioni e, ovviamente, i classici corazzatissimi boss finali.

Il secondo arcade hit Toaplan si caratterizza per alcune brillanti intuizioni a livello di game design, come i tank seminascosti nella vegetazione o riparati in bunker e grotte che possono essere scoperchiati dal nostro P-40, i velivoli nemici che precipitano lasciando scie di fumo a seconda di come vengono colpiti e diverse idee brillanti in ordine allimplementazione dei move pattern di diversi nemici.
Dal punto di vista tecnico, la classe sopraffia di questi sviluppatori si manifesta nel design pulito e definito, nel buon utilizzo dei colori, nella perfetta fluidità dei movimenti, nella cura riposta in ogni dettaglio e nellapprezzabile qualità di FX e musiche, con particolare riferimento a queste ultime, il cui feeling battagliero unito alla notevole orecchiabilità rende conto della firma di un autore, Tatsuya Uemura, che non mancherà di realizzare altri brillanti soundtrack per diversi coin-op Toaplan.
Flying Shark, forte della sua intrigante semplicità, conquista fin dalle primissime partite e garantisce un buon livello di sfida grazie ai suoi 5 ben diversificati livelli e alla più che apprezzabile varietà di nemici e dinamiche di gioco.
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Il perfetto bilanciamento della difficoltà, le buone qualità estetiche, il valido comparto sonoro e, in generale, una diffusa felicità stilistica garantirono a questo shoot em up un rilevante successo che si tradusse in un seguito (il già citatoFire Shark / Same! Same! Same -Toaplan, 1989-) e in un buon numero di conversioni (Fujitsu FM Towns, Nintendo NES, Amstrad CPC, Sinclair ZX Spectrum, Commodore 64, Atari ST, Commodore Amiga, PC MS-DOS e Sharp X68000).


Lo Squalo Volante su Atari ST

Flying Shark fu convertito sugli home computer occidentali da diversi team per conto della Firebird (con leccezione della versione PC, affidata direttamente dalla Taito alla Banana Development) e distribuito dalla British Telecom.
Mentre le versioni CPC e ZX furono affidate alla Graftgold, quelle C64 e ST vennero sviluppate dai Catalyst Coders, con il porting su Amiga realizzato dagli Images sulla base del codice sorgente della controparte Atari.
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Se si prendono in esame gli screenshot, il coin-op sembra godere di una discreta riproduzione sul 16 bit Atari.
Lestetica, pur decisamente impoverita rispetto a quella delloriginale, si avvale di una buona definizione, un sufficiente dettaglio e un accorto utilizzo dei colori che, tenuto conto del limite di 16 tonalità a video da una tavolozza di 512 imposto dal low res mode dellST, sono stati ben selezionati e distribuiti.
Se la risoluzione adottata (320X200 a fronte di una 320X240 -vertical raster- per il titolo Taito) è sufficiente per restituire con accettabile fedeltà le caratteristiche visive salienti del modello, il drastico taglio sulle sfumature imposto dalla modalità video tende ad appiattire la resa grafica in ragione della forzata semplificazione imposta alle ombreggiature. Tale compromesso di ordine estetico è inevitabile se si considera la notevole differenza cromatica tra il coin-op, forte della sua palette di 1792 colori di cui 80-120 a video, e i già citati limiti grafici legati alle specifiche del 16 bit Atari.
Se si chiude un occhio di fronte alla rilevante semplificazione dellabbattimento dei caccia nemici, la conversione di Flying Shark su ST, dunque, risulta complessivamente apprezzabile sul suddetto fronte, testimoniando che i Catalyst, almeno in questo settore, hanno svolto un buon lavoro. Estetica e coding, peraltro, sono riciclati nella versione Amiga, perfetto esempio di porting diretto dal 16 bit Atari e, pertanto, identico al titolo su ST in ogni aspetto tranne che in musiche e FX, adeguati alle caratteristiche del chp sonoro Paula.
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I nodi vengono al pettine quando si tratta di gestire scrolling verticale ed elementi grafici.
Gli Atari ST/STF/STM/STFM prodotti nel 1985/86, infatti, non disponevano di coprocessori dedicati alle funzioni grafiche e sonore come quelli in dotazione ai Commodore Amiga (già a partire dalla generazione OCS -Original Chip Set-: A1000, A2000, CDTV e A500): Blitter, Copper, Denise e Paula (il primo è incluso solo nel 1989 nei più recenti modelli STE).
Linevitabile conseguenza della natura no-custom degli ST è limplementazione via software di scrolling e movimento degli sprite, la cui gestione risulta interamente a carico della CPU Motorola 68000.

Come buona parte delle conversioni da coin-op su ST, quella di Flying Shark poneva diversi problemi. In questi casi la soluzione più semplice era delimitare la finestra di gioco per mezzo di una "generosa" barra di status e ridurre, così, il carico di lavoro sul processore. I Catalyst, diversamente da quanto fatto dalla Graftgold su ZX e CPC, non adottarono tale espediente concedendo al videogiocatore la più ampia game window possibile.
Quella degli sviluppatori, dunque, fu una scelta coraggiosa (o meglio kamikaze), che anticipava titoli analoghi per Atari ST caratterizzati da una programmazione senza dubbio sopra la media, come Xenon II: Megablast (1989 - Bitmap Brothers), Wings of Death (1990 - Thalion / Eclipse), Swiv (1991 - Sales Curve / Random Access) e Lethal Xcess - Wings of Death II (1992 - Eclipse).
Per ottenere una fluidità accettabile in uno shoot em up a scorrimento verticale su ST senza ricorrere, come fecero gli stessi Bitmap Brothers nel contemporaneo Xenon, alla classica status bar, era, però, necessario un coding particolarmente efficiente che, nel 1988, era ancora pochissimo comune nella ludoteca del 16 bit Atari.
Purtroppo quella dei Catalyst Coders era una programmazione di medio livello che non poteva in nessun modo paragonarsi a quella dei team citati che, peraltro, ottennero dallhardware dellST dei buoni ed eccellenti risultati solo in anni che, per la serie Sixteen/Thirty-two, potrebbero definirsi di avanzata maturità.


Conversione che passione (nel senso di sofferenza)

Dopo la classica loading screen seguita dallaltrettanto canonico swap (il porting è memorizzato su due single-sided disk da 360 kB), la versione Atari ST di Flying Shark esordisce con una carrellata del primo livello che sembra sfoggiare uno scorrimento relativamente fluido (secondo gli STandard del sistema). Iniziando a giocare, però, ci si rende subito conto di quanto il semplice scrolling verticale del solo background impegni già la CPU in modo rilevante, costringendo, così, i programmatori a rinunciare alla fluidità degli sprite per garantire una velocità decente a tutto linsieme.
Purtroppo in Flying Shark su ST il marcato sfarfallìo dei velivoli fa il paio con la notevole scattosità dei proiettili, elemento, questultimo, che inficia pesantemente il gameplay rendendo assai difficoltose le evoluzioni del nostro caccia in mezzo al fuoco nemico. Tale quadro, già compromesso dal grave problema di cui sopra, peggiora ulteriormente a causa dei rallentamenti, tanto marcati e antiestetici a causa dellulteriore perdita di fluidità di ogni elemento grafico, da farli considerare come dei veri e propri impantanamenti.

In uno shoot em up una marcata scattosità dei proiettili è un difetto molto spiacevole, giacché costringe il giocatore a determinare le traiettorie del fuoco nemico dai pochi fotogrammi che vede, togliendogli, inoltre, la possibilità di evitare in extremis le insidie. In Flying Shark su ST, infatti, è necessario mantenere una certa distanza da carri armati e velivoli e anticipare ogni loro movimento. La totale mancanza di fluidità dei proiettili, dunque, rende impossibili attacchi ravvicinati a postazioni e tank quanto estremamente difficili quegli slalom che pur costituiscono un marchio di fabbrica per questo genere di titoli.
Se poi a tutto ciò si aggiunge la scomodità di lanciare la giant bomb con la barra spaziatrice (anche con il singolo tasto del joystick si sarebbe potuto trovare una soluzione migliore), si comprende come il feeling dei coin-op risulti totalmente compromesso in questa conversione che avrebbe senzaltro beneficiato di unopportuna riduzione della finestra di gioco o di un coding paragonabile per efficienza a quello sfoggiato dalla Eclipse in Wings of Death.

Gli unici lati positivi del porting sono i già citati meriti estetici legati ad un buon utilizzo dei 16 colori e il dignitoso comparto acustico che, tenuto debitamente conto delle specifiche del primitivo chip audio Yamaha YM2149, si avvale di una resa accettabile delle ottime musiche dellarcade e di effetti sonori sopra la media. Risulta, peraltro, apprezzabile che, diversamente da altri titoli ST del periodo, non simponga di scegliere tra BGM e FX, valorizzando, così, al meglio i 3 canali audio disponibili.


COMMENTO FINALE


"Desiderare una valida conversione di Flying Shark su Atari ST non equivaleva a voler la luna nel pozzo. Titoli realizzati negli anni di avanzata maturità del sistema dimostrarono in pieno che un coin-op con tali caratteristiche poteva essere dignitosamente riprodotto anche su un hardware non customizzato come quello del 16 bit Atari. Purtroppo il porting dellarcade hit Taito / Toaplan fuaffidato ad un team di non particolare rilievo in un periodo in cui lST non era ancora pienamente valorizzato in ordine a questo genere di titoli. In questa conversione un grave errore di valutazione degli sviluppatori unito ad un coding poco efficiente hanno contribuito a snaturare e compromettere la giocabilità dellcoin-op facendo, così, precipitare questo Flying Shark in versione ST come un Curtiss P-40 abbattuto dalla contraerea nemica

Alessio "AlexTheLioNet" Bianchi





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