All’inseguimento del bianconiglio (o meglio: verdraghetto)… attraverso lo schermo

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ID: 241261Le migliori esperienze videogiochistiche hanno non di rado un carattere tendenzialmente totalizzante e vedono una temporanea immersione completa nella “logica”, nella “realtà” e nell’”ambiente” proposto dal titolo che riesce a coinvolgere così efficacemente.
In ambito arcade questo stadio, indubbiamente cruciale per la società produttrice di coin-op, è per certi versi analogo alla fase REM (“Rapid Eye Movement”) del sonno, vale a dire a quella in cui il dormiente sogna.
In questa particolarissima condizione da “sogno ad occhi aperti in sala giochi” che potremmo chiamare “ROM phase” oppure “ACI” (“Automatic Coin Insertion”), il videogiocatore riduce al minimo indispensabile l’attenzione verso tutto ciò che si trova fuori dal cabinato, prolungando tale stato per tutto il tempo “coperto” dalla quantità di gettoni di cui dispone.

Al di là delle considerazioni di ordine squisitamente economico, non si può non ricordare volentieri questi momenti. Entravamo in sala giochi da ragazzini con il nostro “carico” di piccoli-grandi “problemi” e ci piazzavamo davanti al cabinato che ce li faceva dimenticare o per lo meno li relegava in ennesimo piano, trasformando le ore in minuti e svuotando in uno scampolo allegra spensieratezza i nostri borsellini colmi di monetine.
Può sorprendere il riconsiderare adesso la sensazione legata all’inizio della prima partita al coin-op preferito. Inserivi il gettone e ascoltavi il peculiare tono che scaturiva dallo speaker del cabinato (provare a riascoltare uno di quei particolari suoni oggi: se pensavate di esservelo dimenticato non mancherete di ricredervi) e poi… aprivi l’anta dell’armadio che conduce a Narnia o la porticina da cui si entra in Wonderland.

Questo senso di fuga dalla realtà e di compiuta evasione è probabilmente più marcato in quei titoli, come lo straordinario Bubble Bobble (1986). Questi propongono un piccolo ma immenso mondo di tenere assurdità “cute” che riecheggia ancora nella nostra fantasia giganteggiando con molta più autorevolezza dei dettagliatissimi universi tridimensionali in alta risoluzione che caratterizzano i videogiochi moderni.

Un perfetto meccanismo di divertimento

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ID: 241273Anche se potrà sembrare persino banale (e forse lo sarà anche) ribadire ancora una volta che Bubble Bobble è uno dei più grandi platform game di tutti i tempi, risulta in ogni modo pressoché inevitabile esprimere in tali termini l’importanza storica di un'indiscutibile leggenda videoludica.
Nato dalla fervida fantasia e dal brillante ingegno del prematuramente scomparso game designer Fukio "MTJ" Mitsuji (1960-2008), l’arcade hit Taito ha ottenuto un tale successo da trasformare i due draghetti protagonisti, Bub e Bob, in vere e proprie icone della scena videogiochistica. Questo platform, dunque, incontrava il favore di tutti, godendo del plauso di un pubblico trasversale, che comprendeva anche una generosa porzione di esponenti del gentil sesso. Mitsuji era riuscito a contemperare in Bubble Bobble l'esilarante simpatia "cute" dei protagonisti con le venature "thrilling" basate sull'incombere dello scadere del tempo e sulla costante minaccia dei nemici, l'azione veloce e non di rado frenetica con elementi embrionalmente "tattici" da puzzle game e l'atmosfera allegra e spensierata generata da musiche e personaggi all'apparenza innocui con la sottile tensione causata dalla rapida discesa che progressivamente avvicina al confronto finale.
Il geniale game designer giapponese, conosciuto anche per Rainbow Islands: The Story of Bubble Bobble 2, aveva dunque dato vita ad un perfetto meccanismo di divertimento i cui elementi costitutivi interagivano e si bilanciavano armoniosamente.

Il coin-op Taito valorizza al massimo alcune ottime idee: l’eliminazione dei nemici in due tempi (temporanea immobilizzazione e definitivo killing) con relativo drastico “cambio di passo” di quelli bloccati che riescono a liberarsi in tempo (il tutto è sapientemente mutuato da Mario Bros.), le bolle di sapone da utilizzare come arma, il movimento parzialmente indipendente delle stesse, la possibilità di far esplodere le bubbles “a grappoli” e creare “reazioni a catena”, la capacità di saltare sulle suddette e utilizzarle come “trampolino” o “mezzo di trasporto”, gli ingegnosi metodi di moltiplicazione del punteggio, i gustosi primi esempi di autocitazionismo Taito e il complesso sistema di scoring, le “scorciatoie” di vario tipo, la spassosissima modalità a due giocatori, i 100 ben differenziati livelli e la sorprendente varietà di nemici e bonus (11 tipi di “mostriciattoli”, 60 oggetti per incrementare il punteggio, 48 speciali, 68 vari -ancora per lo scoring-, 9 special bubbles e 6 di queste contenenti le lettere che compongono la parola “EXTEND” -una volta raccolte tutte si ottiene una vita extra-).
Tutti questi ingredienti, sapientemente dosati e contemperati, compongono un prelibato piatto videoludico che continua ad incontrare i gusti dei videogiocatori a 24 anni dalla sua realizzazione.

Le versioni Atari ST e Amiga

Bubble Bobble ne ha fatta di strada da quel lontano agosto del 1986. Dai cabinati di bar e sale giochi è “migrato” su un gran numero di sistemi casalinghi. Le conversioni, infatti, sono moltissime e, oltre alle console (Master System, NES, Game Boy, Game Gear, FM Towns Marty, Saturn, PlayStation, Game Boy Advance, PlayStation 2, XBox, DS, N-Gage e Wii) includono gli home computer a 8 bit (Commodore 64, Amstrad CPC, Sinclair ZX Spectrum, MSX / MSX 2, Apple II) e a 16 bit (Amiga, Atari ST, Sharp X68000, FM Towns e PC).
I porting per C64, CPC, ZX, ST e Amiga sono stati realizzati dal team inglese Software Creations. Questi “ragazzi” di Manchester, dunque, diedero una svolta cruciale alla loro carriera grazie alla prestigiosa licenza Telecomsoft / Firebird.

Una delle versioni loro affidata fu quella per Atari ST, home computer a 16 bit che, in quel periodo iniziava a godere di una buona popolarità in ambito europeo (il 1987 fu un anno decisamente buono per le vendite) e costituiva dunque una base d’utenza da non trascurare in vista di un sostanzioso risultato commerciale di questa attesissima conversione. Bubble Bobble su ST godette di un notevole successo: elogi sperticati della stampa, popolarità di lungo corso presso gli ataristi e posto d’onore nella line-up videoludica di questo home computer.
Sulla base del codice della suddetta versione, firmato da David J. Broadhurst, la Software Creations realizzò anche il porting su Amiga che differisce da quello ST per una risoluzione leggermente migliore (320X256 a fronte della 320X200 del computer Atari) e per colonna sonora e FX qualitativamente superiori, in ragione delle radicali differenze tra il chip audio in dotazione all’ST, l’YM2149 e quello montato sull’hardware Commodore, il Paula 8364 (ben valorizzato da un ottimo David Whittaker).

In entrambi i casi, la stampa specializzata elogiò la pregevole fedeltà delle conversioni che, rispetto a quelle a 8 bit, beneficiavano sicuramente della migliore pulizia grafica consentita dalle risoluzioni utilizzate. Queste ultime, tuttavia, sono solo apparentemente più alte di quella del coin-op (256X224), poiché entrambi i porting soffrono di una finestra video delimitata da una vistosa barra di status che ne riduce significativamente le dimensioni, portandole a coincidere in termini di pixel con quelle dell’arcade nel caso della versione Amiga e ad avvicinarsi molto al suddetto nel caso di quella ST.

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La grafica di queste conversioni ha subito un lieve ma percepibile impoverimento rispetto al titolo originale: i colori su schermo sono stati livellati su entrambi i sistemi al limite standard di 16 tonalità della ST low-res (il coin-op ne visualizzava fino a 32), le animazioni appaiono semplificate e gli sprite ridimensionati (pur godendo dello stesso livello di definizione per i motivi già esposti e risultando, dunque, più “longilinei”). Da rilevare, infine, che il ritmo di gioco è più lento con conseguente leggera mitigazione della difficoltà, si notano alcuni slowdowns e, in generale, diversi piccoli “tagli” o rimaneggiamenti di ordine estetico.

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I motivi di tutti questi compromessi sono in parte da imputare alle difficoltà inerenti alla programmazione di un titolo come questo su un hardware, come quello dell’Atari ST, non potendo tale sistema contare su co-processori dedicati per la gestione degli sprite (queste problematiche non avrebbero dovuto influire in alcun modo sulla versione Amiga, ma la conversione diretta da ST le “portò in dote” sull’home computer Commodore).
Le caratteristiche complessivamente positive del comparto video (curato da Andrew R. Threlfall), la generale fluidità, la nitidezza e la cura riposta nella realizzazione di ogni elemento fanno comunque leva sul non trascurabile vantaggio dato da gestire un titolo privo di scrolling, cosa che consente di utilizzare la CPU Motorola 68000 per i soli movimenti degli sprite.
Decisamente apprezzabile, poi, la capacità dei programmatori di memorizzare tutti gli elementi fondamentali del coin-op in un floppy disk compatibile con il lettore del 520 ST (il modello più venduto in quegli anni e quindi adottato come standard) e dunque della capacità di soli 360 kB. Ugualmente lodevole l’impegno di ottimi chip musicians del calibro di Tim e Geoff Follin che riuscirono ad ottenere dal “difficile” chip Yamaha YM2149 (“parente” prossimo dei General Instrument AY-3-8910 in dotazione a MSX, Amstrad CPC e ZX Spectrum 128/+2/+3) una resa assolutamente dignitosa delle musiche originali e FX di qualità accettabile.

Questa disamina di tutte le differenze in termini audiovisivi tra la conversione di Bubble Bobble su Atari ST / Amiga e il coin-op originale non deve far dimenticare che i soli due anni dal lancio sul mercato, nel 1985, del 520 ST (il 1040 ST, invece, ha visto la luce solo pochi mesi prima del porting dell’arcade hit Taito su tali home computer) non consentivano ancora una valorizzazione dell’hardware sufficientemente avanzata da garantire sostanziosi margini di miglioramento.
In seguito, invece, furono realizzati su ST titoli graficamente molto più complessi del platform firmato Firebird / Software Creations che, con il senno di poi, in virtù di una superiore ottimizzazione del codice e, inevitabilmente, di una più opportuna memorizzazione su più dischetti, si sarebbe potuto avvicinare molto di più ai livelli del coin-op.
La conversione del superhit Taito, invece, consegna agli ST user “solo” un titolo che, come usava intercalare l'avvocato di Johnny Stecchino nell’omonimo film di Benigni, “in buona sostanza” è Bubble Bobble, un capolavoro arcade dotato, anche in questo valido porting, di un’inesauribile carica di divertimento nel single come nel 2 player mode.


COMMENTO FINALE


“Lo straordinario valore di Bubble Bobble, titolo strutturato in conformità a diverse idee geniali così efficacemente valorizzate da averlo reso un piccolo grande capolavoro dall’intramontabile fascino cute, continua a stupire a distanza di 24 anni dalla sua realizzazione e riesce a far valere gran parte della sua incontestabile eccellenza anche nella conversione per Atari ST. Pur dovendo sottostare a diversi piccoli compromessi sul fronte audiovisivo, il porting per questo home computer mantiene sostanzialmente intatto tutto il potenziale ludico del coin-op che, questa volta, si esprime con ritmi meno rapidi e propone una sfida leggermente mitigata rispetto a quella proposta in sala giochi. Tutti i possessori di Atari ST dovrebbero avere Bubble Bobble nella loro ludoteca e riservare un posto d’onore a questa valida conversione del divertentissimo platform game Taito”

Alessio "AlexTheLioNet" Bianchi




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