Elysée Adé, Olivier Nallet, Kheang Tan. Nomi certamente sconosciuti ai più, alla pari di quello del loro team: Shen. Questi tre ragazzi francesi hanno in comune il liceo frequentato. Di età diverse, condividevano però una smodata passione per la programmazione dell'Atari ST, macchina dalla scarsa vocazione ludica, priva di chip custom per gestire la grafica e per questa ragione terra di conquista del coding estremo.
Proprio nei corridoi della scuola questi ragazzi si scambiarono idee e progetti, scegliendo presto di dedicarsi alla “scena” demo e, riunendosi sotto il nome di Constellations, di cominciare ad esplorare le possibilità dell'overscan sul computer Atari. Negli anni la passione non è scemata e, nonostante strade divergenti dopo la fine degli studi, si sono impegnati per tenersi in continuo contatto fino alla svolta commerciale dei loro sogni, segnata dalla fondazione della loro società Shen.
Nel frattempo era nata la compagnia transalpina della Virtual Xperience con uno scopo preciso: produrre giochi per Atari Jaguar, riuscendo ad aggiudicarsi un dev-kit per la macchina. Mentre sviluppava i suoi due titoli da lanciare (provvisoriamente chiamati Indiana Jags e Zzyorxx II), venne in contatto con la Shen, desiderosa di tentare la strada professionale dei videogiochi. Il dev-kit, però, era solo uno, ma Adé e soci ne ottennero il prestito per i fine-settimana, quando i coder della Virtual Xperience non ne avevano bisogno, a patto che essa facesse da publisher per la vendita del prodotto.
Era il Febbraio del 1994 ed il destino del Jaguar non era ancora compromesso, tuttavia da anni erano tempi di magra per l'Atari Corp., la quale aveva sterilmente cercato di riagganciare la fascia “home” del mercato dei computer con nuovi modelli che non avevano inciso quanto sperato. Il Lynx, inoltre, era stato largamente sopraffatto da GameBoy e Game Gear, ragion per cui il Jaguar rappresentava l'unica chance di rivalsa per l'azienda. E per i suoi fan, come la Shen.
La squadra francese voleva tradurre in videogioco il suo credo nella perfezione tecnica, una via che avrebbe giovato enormemente anche alla console, che faticava ad illustrare il suo potenziale. Un gioco di corse era l'ideale ed i ragazzi della Shen decisero di lasciarsi ispirare da Suzuka 8 Hours della Namco, un racing motociclistico del 1992.
“Ogni fotogramma al secondo guadagnato era per noi una vittoria”, queste le parole di Kheang Tan, il grafico. I 60 fps dovevano essere tassativi per il loro prodotto, intitolato Super Burnout. Cominciarono a riunirsi ogni weekend nella stanza di Elysée Adé, in un contesto di assoluta "amatorialità" nonostante la natura commerciale del loro progetto. Ognuno lavorava da sé, poi, il venerdì si ritrovavano tutti insieme per scambiarsi il materiale. Adé era costretto ai salti mortali per ottimizzare il codice con un dev-kit centellinato ed un hardware ostico come quello del Jaguar, ma l'esperienza della demo-scene gli aveva donato una marcia in più e poteva farcela.
Gli altri, inevitabilmente, dovevano arrangiarsi alla meno peggio e lavoravano su altre macchine. Per la grafica, Tan fu costretto a rifugiarsi su un Amiga 2000 coadiuvato dall'onnipresente Deluxe Paint, le musiche vennero composte su un Atari STE ed alcune parti di codice preparate su un Atari TT vinto grazie ad una loro demo.
Super Burnout correva al punto che la Virtual Xperience scelse di mettere in pausa i suoi giochi per lasciare il dev-kit alla Shen più a lungo. A Dicembre, dopo appena dieci mesi di lavoro, il progetto volgeva al suo completamento nonostante difficoltà all'apparenza insormontabili. La pubblicazione avvenne all'inizio del 1995.
Come purtroppo di consueto per molti titoli Jaguar, all'accensione della console non v'è alcuna presentazione. Veniamo accolti da una schermata recante il logo del gioco ed una blanda animazione di un fuoco all'interno di esso. Gradevole, invece, l'accompagnamento musicale, decisamente somigliante a quello conosciuto in Jaguar XJ220 della Core Design, con questo basso intenso e dominante, il ritmo compassato e un generale senso di sobrietà ed eleganza.
Ci accorgiamo che il menu di gioco non ci offre molto: possiamo svariare tra una gara singola o un campionato, scegliere il tracciato e la moto.
I due soli megabit della cartuccia non hanno permesso di strafare e vi sono otto piste disponibili riferite a circuiti realmente esistenti, per quanto la loro riproduzione all'interno del gioco non sia affatto fedele. Ognuno di essi è descritto da un aggettivo che ci indicherà se si tratterà di una gara molto tecnica piuttosto che caratterizzata da una velocità estrema. Possiamo stabilire quanti giri percorrere, considerando che ognuno richiede in media circa cinquanta secondi, quindi tutt'altro che in linea con le piste reali di riferimento.
Le moto sono sette (più una segreta), caratterizzate da tre parametri che ne delineano il modello di guida: aderenza, accelerazione e velocità massima. Su alcuni tracciati è praticamente impossibile ottenere una vittoria con la moto sbagliata e la vittoria del campionato dovrà necessariamente passare dalla limitazione dei danni nei contesti poco favorevoli e vittorie sui circuiti ideali per le peculiarità del nostro mezzo.
Ricordate le parole del grafico Kheang Tan sui fotogrammi guadagnati? Bene, la prima impressione che le gare di Super Burnout ci regalano è di fluidità e velocità sensazionali. Le prestazioni nello scaling del motore grafico messo a punto da Elysée Adé sono impressionanti e totalmente estranee al panorama di console a 16-bit dal quale il Jaguar faticava a distaccarsi con vigore. Ogni bitmap era stato disegnato da Tan in cinque diverse dimensioni che si alternavano durante l'avanzamento della motocicletta con perfetta naturalezza, con la frenesia generale che rendeva del tutto inavvertibile la transizione dall'una all'altra durante l'upscaling. I nostri mezzi e l'asfalto tradiscono l'ispirazione da Sukuza 8 Hours, con i primi caratterizzati da sedici bitmap distinte per rappresentare le pieghe dei centauri, il secondo da una piacevolissima sfumatura più scura sulla linea della traiettoria ideale, la più battuta dai pneumatici. Per fortuna, ci viene risparmiato il fondo stradale a barre orizzontali bicolori, caratteristico di numerosi racing game delle generazioni 8/16 bit. L'unico appunto che è possibile muovere è una certa prossimità dell'orizzonte, con gli elementi a bordo pista che vengono disegnati quando siamo già piuttosto vicini ad essi, ma la limitata distanza visiva non influisce negativamente sulla nostra prestazione in pista, dato che ogni curva sarà anticipata da opportuna segnaletica ed alla fine il risultato non sarà che un ancora più intenso sapore arcade.
Assolutamente rilevante anche la prestazione del Jaguar in occasione delle partite in doppio, dove lo split-screen non reca alcun danno al frame-rate, così come è importante sottolineare la suggestione delle gare notturne, con tanto di fari accesi dalle moto.
Le preliminari somiglianze col classico Sega Super Hang-On vengono fugate dopo pochi istanti, limitandosi in ultima analisi a quanto l'appartenenza alla medesima categoria ludica impone. Condivisa la telecamera alle spalle del pilota, condivisa la rappresentazione basata su bitmap scalate, del resto baluardo di un'era, la struttura delle partite è radicalmente diversa: non è infatti presente la segmentazione in checkpoint e la derivante spada di Damocle del tempo in scadenza. La Shen ha optato, come già detto, per un minicampionato, che richiederà al giocatore una memorizzazione il più precisa possibile dei circuiti, con tanto di traiettorie più performanti in relazione alla motocicletta montata. C'è da fare i conti con un sistema a punti, in base al quale potremo aggiudicarci il titolo di campione.
Venendo a patti con i limiti imposti da un dev-kit “a tempo” per una buona parte del periodo di coding, è presente anche un'intelligenza artificiale per i nostri rivali, rudimentale ma non eccessivamente. Gli avversari cercheranno di coprire costantemente la zona della carreggiata utile per entrare nelle curve col massimo vantaggio, non presentando il classico ed irritante andamento “a zig-zag” tipico di una larga fetta di racing game 8/16 bit. Anch'essi lottano per la classifica e conforta non rilevare nemmeno l’“handicap speed”, che incide sulle prestazioni dei mezzi in caso di eccessiva distanza tra giocatori, che per quanto utile ai fini di una gara sempre sul filo di lana, è deleterio per il coinvolgimento. Le ottime doti tecniche vengono in aiuto anche alla modalità per due giocatori con split-screen, che continua ad offrire una fluidità ragguardevole.
Menzione d'onore per le musiche, elaborate da Olivier Nallet, che hanno l'importante merito della quantità: ogni tracciato o schermata ha il suo motivetto di sottofondo, mai banale, sempre orecchiabile ed opportuno, a dispetto della minuta capacità della ROM. Ogni melodia palesa la sua origine occidentale, caratterizzandosi anche per una spiccata omogeneità del suono, tradendo una contenuta memoria dedicata alla varietà dei samples. Ogni track punta ad enfatizzare bassi e riverberi, occasionalmente ricorrendo ai fiati e più spesso a vibes ed archi. Ottimo il suono delle percussioni e la generale qualità della sintesi, nonché la resa nelle gare, dove la relativa assenza di suoni a frequenza alta non stride con le grida dei motori, lasciando spazio tanto alla dignità melodica quanto alla veracità delle corse. Molto validi anche i campionamenti vocali di uno speaker non particolarmente loquace, ma che, quando parla, si esprime con voce cristallina.
Per ciò che concerne i controlli, la tipologia del gameplay chiede tutt'altro che straordinari allo svantaggiato pad Atari, impegnandone a malapena i tasti per accelerare e frenare, oltre ad una croce direzionale da operare unicamente per il suo asse orizzontale. La loro risposta è encomiabile e ben si sposa con il modello di guida, esigente tanto nel rispetto delle traiettorie quanto nella cinetica dell'approcciarle. Le moto sono sensibili anche alla pendenza del terreno ed il feedback finale che riceviamo è pienamente convincente grazie alla coerenza che lega tutti gli aspetti del gameplay, il quale rincorre un modello fortemente arcade ma ammorbidito da una fisica leggermente più credibile ed un'evoluzione della partita che si compone di tasselli di un campionato.
Super Burnout, come qualunque altro titolo destinato ad apparire sul Jaguar, non poteva impressionare in senso assoluto in termini di pura tecnica quando altrove si attendevano porting arcade-perfect di Ridge Racer. Inutile ostinarsi in confronti impari, poiché si rischierebbe di umiliare una performance programmatoria di gran classe, fermo restando che il titolo Shen spicca in maniera comunque brillante e assoluta per quanto riguarda fluidità e sensazione di velocità.
Super Burnout - Jaguar
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- Pubblicato: 29-02-2012, 10:50
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Super Burnout
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Davvero interessante il retroterra AtariSTa dei programmatori. Proprio vero: il buon vecchio ST / STE (non so se nel caso degli Shen -ex Constellation- fosse più il secondo che non il primo) era potenzialmente una valida "palestra" per i coder.
Per quanto riguarda Super Burnout credo di aver avuto il privilegio di vederlo dal vivo, ovvero sul "real hardware" in trasferta...
Complimenti per l'ottimo articolo!
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Mi ha sempre attirato, soprattutto per la buona realizzazione tecnica e la grafica old-style "pompata". Ho visto il video su youtube e, con grande sconcerto, ho notato che non ci sono gli FX! E' privo di FX?! Cigolii ruote, sbandate, botte, etc. Confermate?!
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Originariamente inviato da CthulhuProvato all'Acqui Games proprio nello stand di RH
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Originariamente inviato da synapsyMi ha sempre attirato, soprattutto per la buona realizzazione tecnica e la grafica old-style "pompata". Ho visto il video su youtube e, con grande sconcerto, ho notato che non ci sono gli FX! E' privo di FX?! Cigolii ruote, sbandate, botte, etc. Confermate?!
@alex:Idem! Mi riferivo proprio a quello quando parlavo di "real hardware" in trasferta. In ogni modo ho la sensazione che un titolo così si sarebbe potuto realizzare senza grossi compromessi anche su 32X... o almeno questa è l'impressione considerata la fedeltà dei tardivi porting di Space Harrier e After Burner per il secondo tragico add-on del Mega Drive.
@chtulhu: sì, all'Acqui Games l'ho fatto girare per un po' di tempo
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All'Acqui Games io ricordo solo una cosa: Kasumi Ninja
No, scherzo. Sicuramente questo gioco è una delle cose migliori del parco titoli Jagar, soprattutto graficamente.
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Incredibile, quanti programmatori per Jaguar, nonostante non venissero supportati dalla casa madre hanno sfornato i giochi migliori, infatti anche i ragazzi della Rebellion con aliens vs predator, crearono un gioco da urlo, senza il minimo supporto dal'Atari.
Complimenti per la recensione.
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Originariamente inviato da museheadGli FX ci sono ma non quelli di ruote e collisioni. Da vedere se è stata una scelta per tutelare l'ascolto delle musiche oppure perché nei 2 MB di cartuccia non c'era spazio per altro. Per fortuna il risultato finale è molto buono anche nel reparto audio, meglio così che con effetti osceni in stile Lotus.
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Originariamente inviato da Ocram0806Incredibile, quanti programmatori per Jaguar, nonostante non venissero supportati dalla casa madre hanno sfornato i giochi migliori, infatti anche i ragazzi della Rebellion con aliens vs predator, crearono un gioco da urlo, senza il minimo supporto dal'Atari.
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