Bubsy, una lince, un perchè
Possiamo affermare senza troppi timori che le mascotte sfigatelle esistono. Zool non fu esattamente la gloria dell'Amiga e della Gremlin, la volpe Titus avrebbe fatto meglio a farsi centrare da qualche cacciatore e Bubsy la lince non era molto meglio. Doveva rappresentare la Accolade, ma puntava addirittura a diventare il simbolo non ufficiale della sua generazione. In effetti, volendo azzardare un giudizio puramente estetico, Bubsy aveva un look accattivante: atletico, simpatico, trendy e davvero ben disegnato. Il progetto di lavoro sembrava quantomai valido, ma il suo debutto su Megadrive e Super Nintendo fu controverso per il contrasto tra il buon reparto tecnico e il discutibile gameplay: le meccaniche di gioco si basavano sull'esplorazione di livelli caratterizzati da una massiccia estensione enfatizzata da portali da oltrepassare per venire trasportati in diverse zone della mappa. Questo aspetto venne fortemente mitigato nel secondo episodio della saga, ma non abbastanza da dissipare tutte le perplessità, così Bubsy continuava ad essere considerato una mascotte di seconda classe.
La (non troppo) lunga strada del declino
Se già non parti bene, per finire male ci vuole un niente e, siccome i mediocri richiamano i mediocri, l'Atari decise di tentare una mossa commerciale discutibile a voler esser buoni, portando sulla sua rampante Jaguar un volto noto, quello della lince Accolade che, per l'occasione, ha delegato lo sviluppo di questa avventura esclusiva di Bubsy agli stessi produttori della console. L'Atari, però, non è che avesse questo fior fiore di sviluppatori alle sue dipendenze, tutt'altro, così, ravanando nelle sue misere tasche, trovò il volenteroso team della Imagitec Design che potremmo chiamare senza titubanze “prezzemolo” per la sua capacità di infilarsi nei progetti più disparati: noti principalmente per la serie di The Humans, si sono occupati anche delle conversioni sempre per Jaguar di Raiden e Pitfall, o di sparatutto 3D come I-War e 2D come Defender 2000. In poche parole, l'Atari li ha infilati ovunque, e pensare che erano tra le squadre più promettenti sul calare degli anni Ottanta... In quanto gruppo poco avvezzo all'azione piattaformica, quante possibilità avevano di combinare qualcosa di buono con una mascotte dal già modesto successo? Mi dispiace anticiparvelo, ma sappiate che il successivo Bubsy 3D firmato Accolade, famoso come uno dei peggiori videogiochi dell'universo, non è meno giocabile di questo...
Storie pelose e fratturate?
Demenzialità e videogiochi possono convivere bene, l'importante è trovare la giusta misura: ci si possono concedere scenari improbabili e divertenti, si possono arruolare character dai poteri comici, architettare situazioni paradossali e cogliere tanti altri vantaggi derivanti dalla totale noncuranza di ciò che può essere definito razionale. E gli svantaggi? Ce ne sono parecchi. Il punto è che se s'intende buttare alla rinfusa un po' di idee strambe, c'è bisogno di un sistema di gioco capace di valorizzarle, elevandole da “stupide” a “cult”. Non è per niente facile e non tutti hanno il talento della DMA di Lemmings e della Lucasfilm di Monkey Island. E questo Bubsy è un naufragio, un aborto, un rigurgito, un fallimento, una bestemmia, un insulto e tutto quanto di negativo possiate ancora riuscire a pensare. L'idea è quella di calare la lince nel mondo delle favole più famose della storia, dal mondo di Alice alle ambientazioni di 20.000 Leghe Sotto i Mari, perché... perché? L'immane sforzo della Imagitec ci dice solo questo: perché tali favole sono in pericolo. Di cosa? Chi le minaccia? Come ci finisce Bubsy in questa faccenda? Troppa fatica, erano fin troppo impegnati a capire come funzionassero i platform...
Il salto, questo sconosciuto
Forza, cosa deve avere un gioco di piattaforme per essere degno della categoria? Facile a dirsi, basta qualche piano rialzato ed un tasto per il salto, nulla di più. La routine del salto è una delle più facili da implementare ed esiste da tempo immemore, da quando Jumpman (che poi divenne un noto idraulico) ne aveva bisogno per evitare i barili che lo scimmione Donkey Kong gli lanciava. Nell'abbondante dozzina di anni trascorsi fino all'arrivo di questo Bubsy, com'è possibile che una roba tanto semplice non sia entrata nella zucca di uno sviluppatore intenzionato a realizzare un platform? Che ci crediate o meno, il salto in questo gioco è il vero punto debole. Lo si nota nel momento (piuttosto frequente) in cui si spicca un balzo da una zona in pendenza. Avete presente quando semplicemente camminate per una discesa, ad esempio, e l'avatar acquisisce una certa inerzia che vi lascia proseguire verso il fondo per un po' se vi fermate d'improvviso, idem per le salite dove sarete tirati leggermente verso il basso dalla forza di gravità? Tutto questo non dovrebbe essere presente dopo aver scoccato un balzo, nel momento in cui sarete in aria, vista la mancanza di un appoggio inclinato che influisca sul vostro spostamento, ma se Bubsy salta mentre è in pendenza tenderà a conservare l'inerzia per aria anche se ci stiamo muovendo in direzioni contrarie. Sappiamo bene che in un videogioco perdoniamo tante “licenze artistiche” sulla fisica, ma questo comportamento dello sprite prinicipale è letteralmente fuori da ogni logica e non fa che mandare per aria buona parte delle vite a nostra disposizione per il comportamento largamente imprevedibile della nostra lince. La cosa più buffa è che questa “feature”, chiamiamola così, esiste sin dal primissimo Bubsy, è uno degli aspetti che i giocatori hanno più detestato e nemmeno la Imagitec ha fatto nulla per raddrizzare le cose.
E mica solo il salto
Il difetto appena segnalato condanna Bubsy per Jaguar ad una bocciatura inevitabile. Se le sue colpe si fossero però limitate a questo, avrei potuto raccontarvi di una clamorosa svista che rovina un gioco con i suoi pregi. No. C'è dell'altro. Bubsy inciampa anche sul secondo aspetto più importante per un platform: il level design. Ad inizio articolo vi ho accennato della maggiore pecca del capostipite della saga: la complessità e l'estensione delle mappe, che la Accolade si preoccupò di limitare nel seguito. Alla Imagitec Design da quell'orecchio proprio non devono averci sentito, tant'è che ripropongono le stesse caratteristiche enfatizzandole ancora di più! Evidentemente devono aver creduto che si trattasse di alcuni dei maggiori pregi di quel prodotto, oppure sono voluti rimanere estremamente fedeli al concept originale, fatto sta che hanno approfittato dell'abbondante RAM del Jaguar per scatenarsi con mappe claustrofobiche, ingarbugliate, piene di portali che confondono e disorientano e, giusto per non farsi mancare nulla, hanno ben pensato pure di inserire dei semafori da attivare per sbloccare particolari sezioni. Il risultato è che dopo qualche tentativo clamorosamente fallito di superare il primo stage vi ritroverete perplessi e consapevoli di non potere e non volere vedere la fine del gioco. E meno male, perché non reggereste le piattaforme invisibili degli stage avanzati...
Il privilegio del recensore
Occuparsi della critica dei giochi è solo relativamente un piacere. Di fronte ad un prodotto del genere c'è di che impazzire e scegliere di dedicare del tempo libero a questo Bubsy mi ha lasciato a lungo riflettere sul mio modo di vivere il retrogaming. E soprattutto mi ha fatto venire i capelli bianchi. Megaman? Un giochino per poppanti! Volontariamente o involontariamente, questo platform presenta dei passaggi dalla frustrantezza inenarrabile. I comandi non soffrono solo del bug del salto, ma anche di una gommosità (ricercata) che vede la nostra lince rimanere quasi immobile nei primi istanti successivi all'input del pad, come se prendesse della rincorsa per partire. La reattività è un concetto che qui non è affatto contemplato. Già muovere Bubsy è una sofferenza, già bisogna farlo in livelli dall'orientamento impossibile, allora perché la Imagitec ha anche calcato la mano con un vasto assortimento di pericoli? Premettiamo che per perdere una vita è sufficiente una singola collisione con qualcosa di sbagliato e che, una volta presa la rincorsa, Bubsy si muove velocemente. Detto questo, ricordando anche i problemi di controlli e l'inerzia (in volo o meno), diventa chiaro che giocare per più di qualche secondo senza morire è in buona parte questione di fortuna. Ci sono pericoli “ambientali” come aculei, fuoco o acqua, ed un'abbondante varietà di nemici dislocati secondo un criterio da farabutti, piazzati non per offrire una sfida ma per sottrarre vigliaccamente delle vite al giocatore.
Proseguire nel gioco è snervante perchè la sua difficoltà è disonesta, non è implementata secondo la razionalità convenzionale, risultando un osceno mix di errori umani ed incompetenza spicciola. Perlomeno ci sono le password, intelligentemente fornite al termine di ogni stage, forse aggiunte dopo una bella presa di coscienza sul barbaro game design, come del resto nel primo Bubsy.
I livelli sono in totale quindici e molto estesi, anche se con una buona conoscenza dei loro segreti vi possono rubare anche solo pochi minuti ciascuno, mentre il mal di testa ai primi approcci è garantito al 100%. Sono divisi in cinque mondi, ognuno dei quali presenta un boss in conclusione, ma non aspettatevi lotte epiche perché si riveleranno piuttosto modesti e, paradossalmente, nemmeno troppo ostici. La curva della difficoltà del gioco è bizzarra: l'impatto dei primi livelli è davvero scoraggiante per la necessità di adattarsi alla filosofia esplorativa e “cattiva” di questo Bubsy e per la rarità dei bonus; clamorosamente, alcuni mondi più avanzati, come quello ispirato ad Alì Babà, sono più lineari e decisamente generosi in fatto di invulnerabilità e vite extra. Potremmo quasi credere che la Imagitec abbia voluto premiare i giocatori più ostinati... ma si tratterà certamente di un caso!
Insospettabili pregi
E' il caso di fare un po' di carezze alla lince dopo tanta cattiveria. Il team di sviluppo, nonostante le atrocità commesse, si è ritrovato con un compito che non rientrava nelle proprie competenze e non deve nemmeno aver avuto tempo sufficiente per un playtesting degno di chiamarsi tale perché alcune sviste non possono spiegarsi diversamente.
Eppure possiamo parlare bene di qualcosa: Bubsy non è certo quello che ci si aspetta da un 32/64 bit, ma nella sua bidimensionalità convinta offre uno scorrimento veloce e sempre fluido, uno strato di parallasse (quasi) in ogni stage ed un uso dei colori abbondante, anche se non sempre si sposa con fondali e sprites molto ispirati. Il comparto audio è persino migliore grazie a musiche scritte con criterio e fantasia che, forse ad eccezione di quella del secondo mondo, sono davvero una gioia da ascoltare. Non è un caso che il composer, Alastair Lindsay, abbia fatto carriera e che oggi lavori alle dipendenze della Sony per la quale ha contribuito alla soundtrack di Killzone 2 e Heavy Rain.
Bubsy, inoltre, prova anche a farfugliare qualcosa all'inizio di ogni livello, ma il più delle volte si fatica ad intuire cosa stia dicendo. Possiamo apprezzare l'impegno, va'.
Fine. Non ci sono altre buone note. Mettiamo il tutto su una bilancia e capiamo che...
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