Il creatore di questo popolare gioco ne mostrò al Consumer Electronic Show di Chicago un prototipo per Atari 800, uno dei primi computer 8-bit prodotto dalla società di Sunnyvale. Jaeger aveva solo 17 anni e riversò nel titolo uno humour poco “british” e molto… “American Pie”. La trovata “da teen movie” è quella di “battezzare” il videogioco con un’espressione gergale che allude alla cosiddetta diarrea da viaggio, con particolare riferimento a quei disturbi sofferti dai turisti a causa dell’acqua bevuta durante i soggiorni in Messico. Il suddetto prototipo (cui si riferiscono le immagini) suscitò una notevole impressione e non solo per il design chiaro e ben delineato, gli elementi grafici piuttosto corposi e i validi effetti sonori, ma anche e soprattutto per l’ingegnosità del concept, partorito da Mark Sunshine sulla base dei migliori elementi del celeberrimo Pitfall! (1982).
Montezuma’s Revenge inizia la sua gloriosa “carriera” in anni in cui la popolarità di Indiana Jones era indiscussa e ben alimentata dalle prime pellicole della serie (“I Predatori dell’Arca Perduta” è datato 1981 e, il seguito, “Indiana Jones e il Tempio Maledetto” spopola nel 1984). I primi due Pitfall! sono, naturalmente, nati nell’ombra dell’Uomo con il Cappello e MR è, a sua volta, un titolo che riprende molti degli elementi tipici dell’avventura “Indy style”.
Nel prototipo presentato al CES, il protagonista di questo platform/adventure è Pedro, un altro avventuriero “con il cappello”, un sombrero in linea con l'ambientazione messicana (sottolineata anche dall’intro music che riprende il tema di un brano popolare locale e dal caratteristico jingle che accompagna la raccolta di items e bonus che riecheggia le prime note del ritornello de “La Cucaracha”).
L’obiettivo dell’avventuriero è il tesoro di Montezuma II, imperatore azteco spodestato e, forse, assassinato dai conquistadores spagnoli guidati da Cortés. Il tesoro è nascosto in una piramide sepolta e, per trovarlo, è necessario superare un terribile e intricato labirinto irto di trappole, sezioni infuocate, serpenti, ragni e teschi animati dai poteri magici dell’imperatore (sembra che, per questi ultimi, Jaeger si sia ispirato ai dolci preferiti dai bambini messicani durante la ricorrenza annuale chiamata “Dia de Muerte”), il cui spirito sembra che vegli sulla piramide e si ponga quale ultimo baluardo contro gli empi che osino profanare la sacralità del suo tempio.
Montezuma’s Revenge è privo di scrolling e la piramide, costituita da 10 “piani”, è mostrata una schermata per volta in un gran numero di sezioni che possono variare da corridoi, a scale, a grandi stanze, a piccoli vani collegati e numerose variazioni sui temi suddetti. Nel primo piano a partire dall’alto, il protagonista non può far altro che scendere al livello sottostante, dato che si trova sulla cima del tempio. Una volta calatosi tramite una corda, Pedro si trova nella stanza di partenza vera e propria e nell’effettivo piano 1 che è costituito da sole 3 sezioni e consente una sola scelta tra la direzione di destra e quella di sinistra. Ogni volta che il protagonista scende di un piano, il numero di sezioni aumenta di 2 unità con il progressivo avvicinarsi alla base della piramide che conta 19 schermate. La piramide ha, dunque, un totale di 100 stanze disposte in modo tale da privilegiare un percorso tortuoso che deve arrestarsi di fronte ad ostacoli insormontabili (muri, zone incendiate e piattaforme troppo distanti) e deviare per la ricerca delle chiavi e dell’indispensabile torcia.
Fra i vari items spiccano, oltre alla spada (la quale consente di annientare un solo nemico al contatto) e all’invincibilità temporanea, le chiavi reperibili in tre colori diversi che aprono le porte della tonalità corrispondente. Le insidie sono piuttosto numerose: ragni velocissimi e capaci di salire sulle scale, serpenti (per fortuna piuttosto pigri, visto che stanno fermi sul posto), teschi rotolanti e saltellanti, piattaforme “cingolate” che trasportano Pedro verso fuoco e salti fatali, catene che attraversano i corridoi ad intermittenza e polverizzano al contatto, piattaforme traditrici che compaiono a singhiozzo e spesso sono sospese sopra abissi o laghi di fuoco.
Il nostro eroe, poi, ha i suoi limiti: non è agilissimo e non può usufruire che di un salto abbastanza corto, mentre gli basta una caduta piuttosto breve per finire conficcato con la testa nel pavimento e le gambe frementi in aria in una perfetta scena “alla Wile E. Coyote”. Ugualmente fatale è il contatto con i settori incendiati, le fornaci e i laghi di fuoco; in questo caso Pedro si trasforma in una nuvoletta di fumo con un effetto sonoro simile a quello dell’accensione di un fornello a gas. Altro limite del nostro è la capienza delle tasche: l’inventario dell’avventuriero non può accogliere più di 5 elementi. Va, poi, tenuto conto che molte stanze sono totalmente immerse nell’oscurità e non è possibile superarle senza aver trovato la torcia che dovrà, poi, accompagnarci fino alla fine della nostra avventura.
L’unica facilitazione concessa dai programmatori è l’impossibilità di essere eliminati due volte dallo stesso nemico (serpente, ragno o teschio magico): se Pedro muore a causa di una delle creature del labirinto, questa non è più presente nella specifica sezione a partire dalla vita successiva e per tutta la durata della partita.
Il gioco finisce quando l’eroe riesce ad arrivare nella stanza di accesso alla caverna sotterranea dove è custodito il tesoro. L’obiettivo finale è, però, assente nel prototipo che vede solo uno sterile confronto con una gigantesca statua animata di Montezuma che sarà eliminata, insieme all’introduzione, nelle versioni ufficiali distribuite dalla Parker Brothers.
I suddetti tagli erano motivati dall’esigenza di distribuire il gioco su console. Il limite di memoria imposto dalla cart dell’Atari 5200 era, infatti, di 16 Kb mentre il prototipo per Atari 800 era di 48 Kb, così Jaeger dovette adattare MR con un deciso snellimento della grafica che, comunque, manteneva intatta la genialità della struttura. Alla versione 5200 seguì a ruota quella per VCS 2600, ridotta, tramite ulteriori semplificazioni grafiche, a soli 8 Kb e fu così che questo action/platform iniziò a riscuotere un successo che lo avrebbe visto primeggiare su molti dei sistemi allora diffusi e vendere ben 600000 copie, cifra di tutto rispetto in un periodo in cui, fra l’altro, l’industria dei videogiochi era oppressa da una grave crisi.
Per cavalcare la popolarità di Indiana Jones, la Parker decise di ridisegnare il protagonista e dotarlo di una silhouette più “americana” e di un nome che ricordava L’Uomo con il Cappello: Panama Joe. Dal borsalino di Indy al cappello intrecciato con fibre di palma il passo era relativamente breve.
Montezuma’s Revenge è un titolo ricco di spunti interessanti che, opportunamente sviluppati, saranno spesso riproposti sia nei successivi platform game, sia in numerosi arcade adventures. Probabilmente, la trovata più suggestiva è quella delle stanze buie e della ricercatissima torcia, ma non vanno sottovalutati elementi ingegnosi come l’inventario a capacità limitata, la possibilità di cadere e subire o meno danni secondo l’entità del dislivello, le chiavi “a codice cromatico”, i limiti di tempo (non solo non è possibile indugiare troppo nelle “stanze”, poiché in breve un rapace irrompe nel settore dove sosta l’eroe e lo rapisce, ma alcuni settori hanno vie d’uscita che rapidamente vengono meno, come corde che bruciano e in poco tempo rendono impossibile il loro utilizzo) e le serrate dinamiche arcade imposte dalle piattaforme a scomparsa e da quelle a tapis roulant.
Il genere “platform adventure labirintico” con elementi puzzle, reso popolare dai due Pitfall! e, appunto, da Montezuma’s Revenge, godrà di una lunga fortuna e di numerosi successi “tutti da mappare” e/o da “risolvere” sezione per sezione: da Rick Dangerous a Prince of Persia, passando per Impossible Mission, fino ad arrivare a Tomb Raider, dove, in un certo senso, vediamo in azione la "pro-pro-pro nipotina" del "pioniere" Panama Joe.
Altre Versioni
Montezuma’s Revenge, oltre che sulle consoles Atari VCS 2600 e 5200, fu convertito nel 1984 per PC, Apple II, ColecoVision, Commodore 64 e ZX Spectrum. In seguito (1989) la Parker realizzò un porting per Sega Master System caratterizzato da una veste grafica rinnovata e adeguata alle possibilità della console. Nel 1999, infine, Take 2 realizzò una "variazione sul tema" di questo action/platform per Game Boy e Game Boy Color. È, infine, disponibile un remake gratuito del titolo Utopia al sito http://www.freegamearchive.com
Altre immagini: