Quando si accostano queste due cose, anni ’90 e Capcom, non possiamo fare altro che tornare indietro nel tempo e pensare ai picchiaduro. In quella che letteralmente fu l’età dell’oro per questo genere, la casa di Osaka lasciò la sua firma nella storia dei videogiochi producendo alcuni dei titoli più memorabili di sempre capitanati ovviamente dal secondo capitolo di Street Fighter, vera e assoluta pietra miliare. Capcom tuttavia si distinse non solo nel classico fighting game a incontri, di cui SF faceva parte, ma anche nel beat’em up a scorrimento nel quale un giocatore, da solo o in compagnia, selezionava un combattente e affrontava più nemici attraverso un’avventura dall’andamento prevalentemente orizzontale.
Il primo titolo che diffuse con successo queste meccaniche di gioco fu Double Dragon del 1987, frutto della nipponica Technos che, solo pochissimi mesi prima (forse un solo mese prima), sviluppò Renegade ovvero ciò che è considerato convenzionalmente il titolo seminale del genere tutto. Capcom rispose due anni dopo, tracciando un abisso grafico rispetto Double Dragon, con Final Fight. Entrambi erano ad ambientazione metropolitana ed in più, nell’arco di tempo tra uno e l’altro, Sega lanciò Golden Axe, un titolo divenuto anch’esso assai popolare ma a tema fantasy.
Consolidate così le fondamenta del beat’em up a scorrimento, in quel clima ribollente di contaminazioni reciproche, il 1991 rappresentò un vero e proprio campo di battaglia nel quale Capcom e la concorrenza fecero uscire più titoli che, tolti i sequel, in salse diverse rivisitavano meccaniche di gioco alla fine uguali per tutti. Per questo motivo la componente estetica diventò determinante e divenne quasi il fattore più importante nel cercare di attirare nuovi giocatori. Sulla base di questa rincorsa ai variegati gusti dell’utenza, nel mercato arcade uscì Knights of the Round il quale, come dice il nome stesso, non era altro che la versione de I Cavalieri della Tavola Rotonda fatta a picchiaduro a scorrimento.
KOTR, come ampiamente detto, riprende l’architettura basilare del genere: stick analogico per muovere il proprio combattente, un pulsante per l’attacco ed uno per il salto. Premendo in contemporanea quest’ultimi si ottiene la mossa speciale sacrificando un briciolo dell’energia rappresentata in alto a sinistra sullo schermo. Piccola variazione è la combinazione del tasto d’attacco con la direzione avanti o indietro. Nel primo caso abbiamo un fendente più potente di quelli normali, nel secondo abbiamo la parata. L’utilizzo della parata non è fondamentale ai fini del completamento del gioco ma, essere in grado di padroneggiarla o meno, può sicuramente ridurre anticipatamente il livello di sfida. Lo scoglio principale infatti non dipende da altro se non dalla memorizzazione degli attacchi dei vari nemici. Come anticipato, si può affrontare il tutto anche senza evitare di bloccare i colpi avversari ma l’importante è ovviamente non buttarsi colpendo alla cieca, atteggiamento che va a sconfessarsi già contro il primo boss. Muoversi quindi in verticale, all’indietro o avanti che sia, così come lasciare la prima battuta ad alcuni dei nostri oppositori per poi magari sferrare un contraccolpo, è una buona strategia sia per eludere le mosse altrui oltre che per studiarne l’esecuzione.
Gli unici altri due fattori di diversificazione degli scontri, oltre al loro approccio, è la selezione del personaggio in combinazione con l’annesso innalzamento di livello. I protagonisti sono tre: Artù, Lancillotto e Parsifal. Nella più basilare delle caratterizzazioni, il lotto dei nostri cavalieri non tradisce la distribuzione delle qualità dei personaggi che, bene o male, ritroviamo in tutti i picchiaduro a scorrimento del periodo. Artù è la via di mezzo, né troppo veloce né troppo potente. I due rimanenti si collocano invece agli estremi inversi: Lancillotto è la velocità a scapito della potenza e della difesa mentre Parsifal ne è l’esatto opposto. Sta al giocatore trovare l’affiatamento con il proprio beniamino anche se, chiaramente, manovrare la lentezza di Parsifal è compito da utenza un po’ più scafata oltre che richiedere doverosamente una maggiore abilità con la parata. Si aggiunge successivamente una abbozzatissima componente ruolistica grazie alla quale il livello dei personaggi si innalzerà con l’accumulo dei punti ottenuti grazie alle battaglie, raccogliendo determinati oggetti, come particolari scettri, o i classici oggetti bonus quali i forzieri.
Si può progredire per un totale di sedici livelli lungo i quali, circa ogni quattro, noteremo proprio visivamente dei cambiamenti quali una differente arma o corazza (esilarante la perdita di capelli di Parsifal). In sostanza, più saremo bravi, più facilmente potranno incrementarsi forza, difesa e agilità del nostro paladino. Sporadicamente vi sarà anche la possibilità di montare a cavallo, venutoci in soccorso oppure sottratto al nemico. Una volta in sella acquisteremo il vantaggio dell’attacco dall’alto ma, di base, i movimenti saranno i medesimi di quelli di terra. Per dovere di cronaca esisterebbe un ulteriore set di mosse ma si tratta, in realtà, di una variazione di quelle base. Ad esempio, spostando indietro la leva direzionale immediatamente dopo un colpo avversario, eseguiremo la parata rapida. Così come combinando il tasto in alto con quello d’attacco, otterremo un fendente maggiormente rapido rispetto a quello normale. Molto utile in questo senso il doppio spostamento in avanti con attacco, soprattutto a cavallo, che comporterà una carica “spazza tutto” ai danni delle fila nemiche. Questo surplus di comandi aggiuntivi, tuttavia, è più che altro un invito a migliorarsi e aumentare il tecnicismo degli scontri. Parallelamente al discorso della semplice parata, non siamo obbligati ad eseguire tutte le mosse possibili ai fini della conclusione del gioco.
Knights of the Round, come parecchi suoi simili dell’epoca, può vantare su una componente multiplayer notevole. La scheda CPS-1 di Capcom consente infatti la presenza contemporanea di tutti e tre i cavalieri così da incrementare il fattore divertimento e l’improvvisazione di quelle strategie possibili solo tra amici come la spartizione di chi affrontare o dei bonus da assegnare, incluso il momento o meno in cui farlo. Per il resto ci troviamo davanti ad un livello di sfida che potrebbe spaventare fin dal primo boss, se affrontato con totale non curanza, ma si tratta davvero di un fuoco di paglia. Una volta padroneggiato il tempismo del proprio guerriero e assimilato quello avversario, la difficoltà scenderà davvero verso il basso. Per riportare la pace in Gran Bretagna ci rimetteremo sì i nostri crediti ma mai quanto il numero di quelli spesi per non aver adottato la benché minima strategia difensiva.
Visivamente si percepisce abbastanza il peso degli anni trascorsi, del resto ne sono passati ben ventisei. Ma soprattutto, se confrontato con quel tripudio di game design del genere quale sarà la serie fantasy di Dungeons & Dragons, della stessa Capcom e di soli pochi anni dopo, il gioco ne esce letteralmente con le ossa rotte. È giusto quindi contestualizzare correttamente KOTR il quale va considerato, piuttosto, come la risposta arturiana a Golden Axe di Sega. Grande è infatti l’influenza di quest’ultimo dal quale si sono sottratte le stesse armi e atmosfere per trasporle, eliminando la componente fantasy, nell’immaginario della mitica spada Excalibur. Fatta questa premessa, possiamo allora rivalutare la grafica e ricordarci che siamo appena entrati negli anni ‘90. All’epoca ci si trovava davanti ad un affresco spettacolare che spaziava dall’aperta campagna ai villaggi, dai campi di battaglia alle foreste, con i loro elementi animati sullo sfondo, per poi ovviamente arrivare all’austerità e compattezza dei castelli che assaliremo in tutte le loro strutture, dal ponte levatoio alla sala del trono. Sprite grossi, ben definiti, animazioni deliziose e assenza di rallentamenti. Lo stile generale tende ovviamente al medievaleggiante senza precludersi sporadiche immersioni kitsch, come Capcom ci ha abituato negli anni, nel fantasy o nell’oriente. Lancillotto stesso, ad esempio, è una sorta di incrocio culturale: candido e biondo nell’aspetto ma al contempo munito di scimitarra, non certo un’arma europea. La colonna sonora è costituita da pezzi brillanti, piacevolissimi ancora oggi, a partire dal tema principale per arrivare, in crescendo, all’organo dello stage finale. Dietro di essa c’è la mano di Isao Abe, uno che per intenderci ha contribuito alla composizione di musiche divenute storiche quali quelle di Street Fighter II, lo stesso Dungeons & Dragons e altri importanti prodotti che hanno fatto la fortuna di Capcom tra la fine del ‘900 e il nuovo millennio.
Knights of the Round - Arcade
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- Pubblicato: 12-09-2017, 21:46
- 6 commenti
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Knights of the Round
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Essendo un grande appassionato dei picchiaduro a scorrimento, specialmente di quelli capcom degli anni 90 ho giocato tantissimo, anche con i miei fratelli Snake e Rob, a questo Knight of Round. Quoto in toto l'ottima review di Paolone!
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Capcom tra mito, letteratura e... "storia" (il boss finale si chiama Garibaldi ) Ricordo che ai tempi si faceva apprezzare come tocco di classe la "battaglia animata" sullo sfondo del secondo stage
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Bella rece Paolone ...ricordo i pomeriggi in sala giochi nel tentativo di finirlo ,tanto era bello e giocabile, ma non l'ho mai finito ,le 2000 lire che avevo come badget di spesa finivano sempre all'ultimo livello ,che era tosto...comunque grafica 2D da urlo ,piena di tocchi di classe e anche le animazioni era fatte bene.
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Originariamente inviato da AlextheLioNetRicordo che ai tempi si faceva apprezzare come tocco di classe la "battaglia animata" sullo sfondo del secondo stage
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Originariamente inviato da maxtex74Ti ricordo che un altro game della Capcom in sala ,sempre sotto CPS ,aveva questa animazione di una battaglia sullo sfondo ed è di due anni prima ...eccolo qua.Ultima modifica di AlextheLioNet; 15-09-2017, 21:05.
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Originariamente inviato da maxtex74finivano sempre all'ultimo livello ,che era tosto...comunque grafica 2D da urlo ,piena di tocchi di classe e anche le animazioni era fatte bene.
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