Ritorniamo dunque per l’ennesima volta indietro nel tempo, a quando tutto ebbe inizio.
Nel 1986, nell’affollatissimo genere dei giochi di azione/piattaforma le idee innovative spuntavano come funghi e numerosi furono i giochi che proponevano realmente concetti originali mai visti prima oppure approfondimenti degni di nota di semplici meccaniche di gioco precedenti. A questo fermento di creatività contribui’ certamente lo sviluppo tecnologico delle schede dei giochi arcade che stavano raggiungendo potenze e prestazioni di rilievo, ma soprattutto il fattore principale era e restava quello umano con programmatori e software house che, in un certo senso, liberi da rigide logiche di mercato, avevano la voglia e la possibilità di sperimentare soluzioni nuove; da questo punto di vista, di materiale innovativo Rygar ne aveva da vendere e non era secondo a nessuno.
L’idea geniale alla base del gioco è indubbiamente l’introduzione del disk-armour, vero protagonista indiscusso tanto che il personaggio del barbaro fantasy che l’ha in dotazione nel corso dell’avventura è semplicemente uno stratagemma logico costruirvi un gioco attorno.
Infatti, la vera protagonista del tutto, come dicevamo, è l’arma, ulteriormente potenziabile ed espandibile raccogliendo gli immancabili bonus sparsi per i quadri di gioco, grazie alla quale stermineremo tonnellate di creature mostruose. Si tratta di un disco rotante retrattile e proiettabile in varie direzioni; in questo modo è possibile distruggere i nemici non solamente orizzontalmente in avanti o alle nostre spalle voltandosi (come avveniva in tutti gli altri giochi del genere), ma anche in verticale o in diagonale facendo roteare il mirabile e letale gingillo al di sopra della testa del nostro personaggio. Se a questa innovativa caratteristica aggiungete un gameplay semplice ma accattivante come pochi (è possibile non solamente massacrare direttamente i nemici, ma anche stordirli prima saltandoci sopra e finirli in un secondo tempo prima che si riprendano del tutto), a base di abili salti da una piattaforma all’altra e/o uccisioni “al volo” di nemici, con un ritmo dell’azione frenetico ed incalzante con pochissimi cali di tensione ed una realizzazione grafico/sonora non eccezionale ma sicuramente di primissimo piano per l’epoca, con estetica dettagliata e coloratissima in particolare per quanto riguarda i fondali di gioco e gli scenari, ecco che otterrete la ricetta “magica” di quello che potremmo definire come uno “stylish-game” d’annata, ma che allora (nel 1986) era per tutti semplicemente un gran gioco, duro e puro e per questo incredibilmente divertente.
Tanto divertente che non potevano di certo mancare le naturali conversioni sui sistemi da gioco casalinghi.
C64
Purtroppo Rygar sull'8-bit Commodore ben rappresenta la classica eccezione alla regola. In effetti, in questa versione, che dal punto di vista esclusivamente della giocabilità rappresenta una buona conversione (riproducente in modo abbastanza fedele la caratteristica fondamentale dell’arcade Tecmo: l'azione), tuttavia risulta pesantemente penalizzata da una realizzazione grafica a dir poco “amatoriale”. Gli sprite, pur essendo piccoli, appaiono di fatto come dei miseri ammassi di píxel, incredibilmente poco dettagliati, colorati e dalle animazioni davvero basilari (spesso addirittura non animati affatto!), mentre i coloratissimi fondali del gioco originale sono andati completamente persi nel processo di conversione con il risultato che i vari stage sul C64 si assomigliano un po’ tutti e quei pochi particolari che sono stati riportati sono stati realizzati con píxel talmente grossi e con così pochi dettagli che spesso non si capisce neanche cosa queste figure su schermo vogliano disperatamente rappresentare. Un vero peccato perchè grafica a parte la conversione non è malaccio, ma uccidere e/o evitare ammassi informi di píxel (poco) colorati lungo fondali mortalmente scialbi e non curati non è esattamente il massimo della vita anche per i più accaniti hardcore gamers.
ZX Spectrum/Amstrad CPC
Master System
Atari Lynx a parte, la conversione del bel gioco Tecmo sulla console Sega può essere considerata la migliore tra quelle ad 8-bit disponibili all’epoca. In particolare, oltre ad una buona grafica riproducente in modo abbastanza accurato l’originale, questa versione è fedele anche per tutta la godibilissima giocabilità dell’arcade. Ancora un’ottima prova per il “piccolo” 8-bit Sega.
NES
Lynx
In pratica tutto l’originale gioco di Tecmo (nonostante qualche “limatura” necessaria ad adattarlo al piccolo LCD a colori del gioiellino Atari (tra gli ideatori del quale si puo’ rintracciare un certo Jeff Minter, padre di Amiga…) è stato compresso nella cartuccia che riproduce in modo davvero brillante la squisita ed immediata giocabilità originale, con in più una grafica quasi perfettamente identica al coin-op. Questo suscitò davvero scalpore all’epoca perchè il Lynx in definitiva era un “semplice” 8-bit ma, soprattutto, era un portatile! Roba da far diventare verdi (o “grigi”…) d’invidia i possessori del vecchio Game Boy monocromatico e non soltanto loro… Davvero un’ottima conversione seconda solamente alla versione X68000 e, quindi, al gioco originale.
X68000