Di WrestleFest ho un bel ricordo. Erano le prime volte che frequentavo una malfamata, ma anche piena zeppa di coin op, sala giochi di Napoli. La Las Vegas per l’esattezza. Con i miei amici, tutti maniaci del “westling” (proprio senza la R), orgogliosi dei nostri pupazzetti wrestlosi, accaniti conoscitori di ogni cavolo della vita di tutti lottatori nonché, manco a dirlo, puntuali spettatori del programma omonimo presentato dal sempre americano Dan Peterson, ci armavamo di coraggio per affrontare i “tamarri cerca gettone” solo perché avevamo scoperto che potevamo soddisfare la nostra fame di WWF anche sul fronte videogiochi. E ci divertivamo. Technos in questa occasione sembra aver dato più peso alla licenza che aveva tra le mani. Fin dai primi istanti si riesce a respirare la buona aria del programma. Le musiche, le elettriche schermate, tutto è realizzato con cura. E subito ci si rende conto delle succose novità. Ora è possibile scegliere tra due Main Event: il Saturday Night, in cui si riprende il vecchio gameplay del tag team che deve arrivare a sfidare i campioni che in questo caso sono i temibili, e non selezionabili purtroppo, Legion of Doom (li ricordate, quelli tutti rossi con le corazze con gli spuntoni) e, sorpresa, la Royal Rumble, divertentissimo spettacolo in cui tutti si sfidano lanciando fuori dal ring l’avversario e vince chi rimane incolume fino alla fine. E’ un buon inizio. Si passa alla rosa dei lottatori e si nota il suo ampliamento dai vecchi sei a dieci: l’immancabile Hulk Hogan, Ultimate Warrior, la buon anima di The Big Bossman, Ted "The Million Dollar Man" DiBiase, un’altra buon anima di Earthquake, Sergente Slaughter, Jake "The Snake" Roberts, la di nuovo buon anima di Mr. Perfect, Smash e Crush dei Demolation (mammamia, quanti ne sono morti?).
Una volta scelti i nostri alter ego (Hulk Hogan e Ultimate Warrior, la mia squadra) si rimane piacevolmente colpiti dall’estetica, che questa volta presenta personaggi più caratterizzati, disegnati con più cura, animati ancora meglio e ultimo, ma non ultimo, belli grandi. L’atmosfera c’è. Il match è presentato da Mike McGuirk, avvenente fanciulla che, come nei migliori incontri di pugilato, annuncia i contendenti. E qui c’è proprio la sua voce, sintetizzata anche bene. Il pubblico impazza. Inizia il match, l’arbitro è tra noi ma non è possibile dargli un pugno, peccato. Il sistema di prese è più o meno lo stesso del capitolo precedente: due tasti, pugno e calcio, presa con tanto di forsennato blastaggio del pulsante, in uno sforzo manco stessimo alzando noi quell’ammasso di muscoli. Ora ci sono più prese per ogni personaggio, che ogni tanto fa anche il buffone e si lancia in sfottò tipici (come Hulk Hogan che richiama il tifo del pubblico con il gesto della mano poggiata all’orecchio). Questa volta però sono state integrate le “signature move”, cioè le mosse personali e finali che ogni combattente può effettuare quando l’energia dell’avversario è agli sgoccioli. Anche se l’energia non è visibile, ci si rende conto che la CPU sta in difficoltà quando la vedremo al tappeto in posizione diagonale invece che orizzontale come al solito. Ce ne sono per tutti i gusti, dalla DDT di Jake the Snake alla mitica Gorilla Press Slam di Warrior. In più è stata implementata la possibilità di vincere anche con una presa di sottomissione.
Allora, salti dalla corda, oggetti da usare fuori dal ring, prese e contro prese, signature moves, corsa, attacchi in corsa, buffonate assortite, c’è molta roba, ma come nel precedente episodio si deve scendere a patti con la monotonia del tutto. Alla fin fine ogni personaggio si comanda come un altro, nessuno sforzo per imparare prese o chissà che cosa, anche perché sembrerà che facciano tutto da soli, noi serviamo solo a premere quel maledetto tasto come pazzi. Eppure, al contrario di SuperStars, qui ci si diverte perché c’è infusa l’anima della WWF. I siparietti, con tanto di voce digitalizzata e animazioni abbozzate, dei Legion of Doom che ci minacciano intervistati dal sempre presente Gene Okerlund, il commentatore che sottolinea ogni presa andata a buon fine, l’entrata di ogni combattente che, seppur semplice, li rende più epici, le musiche in background e tante altre piccole chicche, soddisferanno la fame di wrestling di ogni appassionato ancora oggi, come lo fece per me e i miei amici all’epoca quando bastava questo gioco per farci entrare in una sala giochi fumosa e malfamata di Napoli.
Altre immagini: