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ID: 252381Di Tetris si potrebbe parlare per delle ore. Nel web ci sono pagine su pagine dedicate a tutto quanto questo titolo celi, curiosità, riferimenti culturali, piccole chicche legate al suo sviluppo e via discorrendo, ma credo che un titolo tanto semplice concettualmente meriti una recensione che lo sia altrettanto, rimandando tutto il resto (comunque meritorio di approfondimento) ad eventuali speciali, ben più consoni a svelarne i retroscena. L'impatto che questo "giochino" ha avuto sul mondo videoludico (e non solo) è stato semplicemente devastante e credo che ognuno, in cuor suo, nel provarlo e rimanerne inevitabilmente catturato, si sia poi crucciato di non aver colto lui quella intuizione, ritrovandosi armato di buona volontà nel tentativo di produrre un'altra idea altrettanto geniale, capace di bissarne il successo... ma nessuno, ancora oggi, ci è davvero riuscito. Oh si, ci sono i best seller da svariati milioni di copie vendute, ma dietro c'è una grande azienda, una grossa campagna di marketing e investimenti folli, uniti ad un impegno di sviluppo notevole da parte di team composti da decine di unità.

Tetris invece è l'esempio lampante che quando si ha tra le mani un'idea vincente, non ci sono grafica e distribuzione che tengano: l'insegnamento al suo interno è che le cose semplici spesso sono anche le migliori. E cosa c'è di più facile che immaginare questi sette pezzi, tutti formati da quattro mattoncini (e dal numero 4 il gioco prende il nome) ma ognuno dotato di una propria forma e colore (ormai entrati nell'immaginario collettivo quasi fossero dei personaggi veri e propri) che scendono dall'alto, da sistemare nella parte bassa dello schermo col solo scopo di riempire una o più righe (che in seguito spariranno) evitando che la costruzione raggiunga la sommità dell'area di gioco? Eppure, nessuno prima di Alexey Pajitnov ci aveva pensato. Alla sua prima comparsa in sala giochi, Tetris non fece subito gridare al miracolo, bisogna ammetterlo, anzi, chi lo apprezzava veniva denigrato, visto come uno che preferiva scervellarsi invece di sfogarsi coi furiosi, adrenalinici e spettacolari coin-op che dimoravano accanto al povero rompicapo russo, spesso sovrastandolo a livello sonoro. Io stesso consideravo "secchioni" quei ragazzi che, incuranti degli sguardi perplessi degli altri, ci giocavano e vedere, a volte, ragazze e persino signore di mezz'età farci una partita non deponeva certo in suo favore. Provarlo anche solo per una volta voleva dire macchiare inesorabilmente la propria reputazione di "salagiocaro", al punto che gli stessi bulli/tamarri non osavano avvicinarsi al cabinato per chiedere gettoni alla vittima di turno, manco avesse avuto la peste. Ma, in verità, gli stupidi eravamo noi e me ne accorsi quando, stufo dell'ennesimo arcade, decisi di investirci un gettone... il colpo di fulmine fu la logica conseguenza.

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Evidentemente, di lì a poco molti altri ne intuirono il potenziale perchè Tetris divenne una vera e propria mania, guadagnandosi una diffusione capillare e le sue ossessive e orecchiabili musichette furono riproposte persino in salsa dance. Tutto questo anche grazie ad un'ottima e vendutissima conversione per Game Boy (e quale titolo migliore per una console che faceva della portabilità e della semplicità le sue armi vincenti?) in cui software e hardware hanno contribuito alla reciproca diffusione e allo spuntare di decine di versioni (spesso non autorizzate) per tutti i sistemi del periodo. Tuttavia, resto dell'idea che quella da sala restasse la migliore in assoluto: oltre a basarsi su di un'idea unica, la sviluppava affinchè acquistasse quel quid che potesse favorire il coinvolgimento sulla lunga distanza. Le maggioranza delle altre trasposizioni si limitava a presentare un unico livello in cui bisognava comporre quante più linee possibile, con la velocità dei blocchi che man mano aumentava, nulla a che vedere quindi con gli stage diversificati del coin-op; alla fine era sempre la stessa storia, nell'area di gioco erano già presenti dei blocchi ad ostacolare la manovra, magari disposti a casaccio o a forma piramidale, oppure all'improvviso compariva un mattoncino a riempire proprio quello spazio in cui avevamo pianificato di piazzare il nostro pezzo, però... però l'idea funzionava e restituiva varietà e imprevedibilità al titolo.

Dopo Tetris sono arrivati altri puzzle più o meno riusciti (del periodo ricordo Klax e Columns) ma la spontaneità e la semplicità del videogame russo rimanevano irraggiungibili e, anche se in seguito l'attenzione si è spostata sull'ottenere combinazioni di colori, la fonte di ispirazione rimaneva ben evidente. Se proprio dovessi muovere una critica a questo magnifico arcade, la cui innovazione è assodata e la cui longevità perdura (e ha dato i suoi frutti) sino ai giorni nostri (me lo sono ritrovato pure sul cellulare!), mi sento di puntare il dito sul fatto che, dopo una dozzina di livelli, la discesa dei pezzi diventava davvero troppo rapida e quasi ingovernabile, almeno per un giocatore medio (anche se, continuando in caso di game over, la velocità veniva ridimensionata e tornava accettabile). Inoltre, data la natura ripetitiva, più che intere giornate, mi sono sempre divertito a dedicarci brevi sessioni, magari più volte al giorno. Tetris provoca dipendenza cui potrebbe seguire una sorta di rigetto, quindi va assunto a piccole dosi, quel tanto per goderselo, gustarselo come un buon vino senza eccedere e giusto per divertirsi qualche minuto, magari incaponendosi pur di ottenere le famigerate quattro linee contemporaneamente, aspettando quel maledetto pezzo lungo che puntualmente latitava, salvo poi apparire quando ormai la situazione era compromessa (tipo legge di Murphy). E anche se ai fini del completamento del livello poco importa, poichè basta comporre tot linee, anche una per volta, c'è qualcosa che spinge il giocatore a tentare ugualmente il colpaccio e non per dare sfoggio di particolare abilità agli altri quanto piuttosto per la propria soddisfazione. E forse è proprio questo uno dei segreti alla base della sua inossidabile giocabilità.

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Certo, i puzzle game esistevano da prima della sua comparsa, ma adesso sapete di chi è la colpa (o il merito, a seconda dei casi) se lo stesso concetto di videogioco ha assunto una parvenza intellettualistica e ha in parte sfatato certi tabù che lo volevano ancorato ad uno stupido e violento passatempo, se persino una trasmissione televisiva (italiana!) ne ha mutuato il nome, se ancora oggi questo genere è di moda, se persino gli americanissimi Simpson, in una puntata, l'hanno omaggiato (quando Homer, dovendo riempire la macchina con un numero spropositato di oggetti, immaginava ogni cosa, compresi i suoi familiari, con la forma dei pezzi del Tetris e li sistemava nell'abitacolo, con tanto di musichetta russa in sottofondo... salvo poi rendersi conto, quando ormai non c'era più posto, di essere rimasto lui stesso fuori dall'auto... DOH!). E, per concludere con l'esempio più eclatante, se finanche mio padre, assolutamente negletto verso i videogiochi, che reputa una stupida e totale perdita di tempo (e non smette un solo istante di ribadirmelo), quando mi trova a giocare a Tetris, si piazza alle mie spalle (stile avvoltoio) e mi suggerisce dove posizionare questo o quel pezzo, arrivando addirittura ad esultare di soddisfazione qualora riesca a fare quattro linee contemporaneamente... non ho parole!

COMMENTO FINALE


"E' Tetris, probabilmente il videogioco più famoso al mondo, e la versione coin-op è in assoluto la migliore incarnazione che questo geniale e divertentissimo titolo abbia mai avuto. Ha davvero senso aggiungere altro?"

Giuseppe "Epikall" Di Lauro





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