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ID: 251967Nella rivoluzionaria serie di R-Type ideata dalla Irem, il titolo di pecora nera spetta sicuramente a R-Type LEO, se non altro per la sua scarsa notorietà e il fatto che non sia mai stato convertito per alcun sistema. Se ha ottenuto così poco successo un motivo ci sarà ed è quasi certamente questo: non si tratta di R-Type.
"Ma come -direte voi- se viene dichiarato già dal titolo?" Questo è vero, però è altrettanto vero che le differenze stilistiche, grafiche e di gameplay di LEO rispetto ai precedenti capitoli sono troppo marcate per poter passare sotto silenzio.
Tanto per cominciare, il gioco si sbarazza di quelli che a ragione sono considerati i simboli distintivi della serie, ovvero il beam e il Force pod. Il nuovo sistema di armi si basa su due pod che fluttuano accanto all'astronave in maniera analoga ai vecchi Homing Bits: essi appaiono dopo aver raccolto un power-up (ci sono 3 tipi di armi come al solito: laser rosso potente, laser azzurro rifrangente e laser verde a ricerca), e sono in grado di sparare in avanti o indietro previo movimento del joystick, nonché di poter essere caricati, o meglio scaricati, in maniera opposta al beam. Tenendo premuto il tasto di fuoco, infatti, i due pod si separeranno dall'astronave dirigendosi automaticamente contro tutti i nemici presenti su schermo fino a quando il pulsante resterà premuto o la barra di caricamento non sarà del tutto esaurita, dopodiché faranno ritorno all'astronave attendendo di ricaricarsi.

Questa innovazione semplifica di molto la vita del pilota spaziale, dato che permette di sbarazzarsi in tempi molto brevi di tutti, o quasi, i nemici che appaiono su schermo e di colpire con continuità i punti deboli dei boss: di fatto, la difficoltà, almeno nei primi stage, risulta molto attenuata rispetto all'usuale sfida pazzesca dei vecchi R-Type (anche perché, stavolta, i progettisti sono stati più generosi con i restart points) ma, così facendo, anche il gameplay subisce un cambiamento radicale, avvicinando LEO a un qualunque sparatutto spaziale dove siamo soli contro battaglioni di nemici e non dobbiamo far altro che pigiare come forsennati il pulsante di fuoco. Certo, c'è un minimo di pianificazione strategica data dal fatto che i due pod riparano dai proiettili avversari e, quindi, allontanarli distrugge sì i nemici, ma espone al rischio di essere colpiti da un proiettile vagante. Ben poca cosa rispetto a quello a cui Irem ci aveva abituati già dal lontano 1987.
In LEO il ritmo di gioco è molto più frenetico e improntato alla distruzione rispetto al solito: di per sé, questo non poi è un male, ma rischia di disorientare chi si aspetta un "tipico" episodio della guerra contro i Bydo, nonché di negare tutto ciò che aveva sempre contraddistinto la serie e ne aveva decretato l'originalità ed è questa, forse, la cosa più grave.
Per di più, se un giocatore, per qualche motivo, si trovasse a osservare distrattamente il cabinato senza leggerne il titolo e vedendo solo qualche spezzone delle demo, difficilmente assocerebbe nella sua mente questo titolo alla serie di R-Type, non fosse altro che per la forma inconfondibile dell'astronave protagonista con quel suo tettuccio azzurro.

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La grafica degli sfondi, seppur molto ben realizzata, pulita e dotata in alcuni casi di diversi livelli parallattici, è lontana anni luce dal classico stile R-Type: colori accesi, paesaggi naturali e magnifici panorami spaziali sono parecchio fuori luogo in una serie nota e celebrata per il suo cupore. La cosa più terribile, tuttavia, è l'assenza quasi totale di quell'inimitabile stile "tecno-organico" che ha fatto la fortuna della serie: lo si può riconoscere solo nel terzo stage, la foresta, con le sue piante e forme di vita contorte e pulsanti, mentre altre ambientazioni, come il tempio diroccato del quinto stage, non "ci azzeccano" proprio niente con i panorami grotteschi tipici della saga. Per non parlare poi dei nemici che dovremo affrontare: quasi tutte le astronavi avversarie e gli ostacoli hanno un aspetto terribilmente blando e generico, sembrano usciti da uno qualsiasi dei mille sparatutto di secondo piano prodotti tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio dei Novanta, e i boss oscillano tra design squadratissimi assolutamente poco ispirati e forme barocche che sembrano scopiazzate dai coin-op della Toaplan pure nelle colorazioni inusuali. Stranamente poi, non sono presenti cameo di altri giochi della serie come di consueto, il primo boss di R-Type non fa la sua solita comparsata, probabilmente perchè questi nuovi nemici non sono i Bydo... ed è un peccato! Manca persino la storica astronavina ovoidale che elargisce i power-up, sostituita da anonime capsule immobili.
Il comparto sonoro è, in una parola, indegno: le musiche sono le classiche musichette da "passeggiata spaziale", del tutto anonime e dimenticabili, mentre gli effetti sonori sono ridicoli quando non irritanti: punto basso sono i "clang" delle navicelle nemiche distrutte, manco fossero vecchi rottami, e i sospiri degli alieni vermiformi del primo stage (lo giuro, fanno "Ahh!" quando muoiono!). Ah, presto odierete quella voce registrata che dice "3-2-1-Let's go" ogni volta che si inizia la partita, il livello o si perde una vita, lo garantisco!


COMMENTO FINALE


"R-Type LEO può funzionare come gioco a sé stante, in fondo offre un sistema di armamento originale, una sfida discreta... però non giriamoci attorno, l'unico vero motivo per il quale viene ricordato è il nome che porta: l'avessero intitolato "Space Fighter" o "Mannaggia ai bifolchi interplanetari", si sarebbe perso tra le centinaia di shmups prodotti per il mercato arcade; così, invece, può capitalizzare sul buon nome di una serie mitica con cui però ha davvero poco a che fare.
Ironicamente, tre anni prima di questo gioco, Irem realizzò un altro sparatutto, X Multiply, che, sebbene, non avesse a che fare con la serie di R-Type e introducesse un ulteriore sistema di armamenti, ricalcava le linee guida della saga molto più di quanto non faccia LEO, soprattutto riguardo allo stile grafico, all'aspetto strategico e alla difficoltà, tutte peculiarità portate addirittura agli estremi; alla luce di questo fatto, risulta ancora più incomprensibile il trattamento riservato da Irem stessa a un successivo episodio di una delle sue serie di punta. Magari si è trattato di un esperimento fatto per andare incontro ai gusti massificati del pubblico, che poi non ebbe seguito. Non saprei, fatto sta che con l'arrivo di R-Type III-The Third Lightning la serie rientrò subito nei canoni e lì, giustamente, vi rimase."

Federico "Boyakki" Tiraboschi





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