Nel declino della sua era di appartenenza, Gravitar trova la sua ragione d'esistere. Titolo controverso, si poggiava sulla più matura tecnologia vettoriale disponibile, con un importante designer alle spalle, Mike Hally, il quale si occuperà in futuro dei titoli legati all'universo di Star Wars sempre per conto della Atari.
Il nostro avatar è la solita navicella, quasi immutata dagli esordi di Asteroids, fiondata in una galassia governata da leggi gravitazionali interpretate con irriverente esagerazione. Altro che noi, la vera protagonista del titolo è la Forza G: gli scontati paragoni sono quelli con Lunar Lander e Spacewar!, i quali influenzano le due distinte fasi di gioco nelle quali possiamo dividere il prodotto.
La partita inizia su una sorta di mappa dalla quale potremo scegliere lo stage che più ci aggrada volta per volta. Dopo pochissimi attimi, prima ancora di raggiungere la meta desiderata, potremmo essere approcciati da un paio di navicelle avversarie con il doppio compito di intimarci rapidità e di riscaldarci un po' i riflessi. In caso di scontro, la visuale si restringerà su una piccola area di combattimento fino a quando il nostro mezzo o quello avversario verrà distrutto. Vi accorgerete immediatamente che il sistema di controllo necessiterà di lunghe sessioni di gioco per essere adeguatamente padroneggiato e le prime partite potrebbero durare secondi piuttosto che minuti. Una volta raggiunta lo zona per accedere allo stage prescelto, ci addentreremo nei livelli veri e propri, costituiti da architetture diverse e differenti disposizioni di nemici e stazioni di rifornimento del carburante. Già, il compito principale è quello di liberarsi di ogni avversario, ma il propellente al nostro servizio non è infinito e ci converrà porre la giusta attenzione all'apposito indicatore onde evitare una prematura fine. Ogni volta che ci avvicineremo al suolo, la visuale passerà ad un'inquadratura più ravvicinata, proprio come nei combattimenti nell'area di selezione del livello, consentendoci di valutare più attentamente le distante coi perigli dello scenario. Peccato che questo restringimento della visuale ci impedisca di controllare gli spostamenti delle astronavi nemiche che perlustrano il livello, causandoci frequenti attacchi a sorpresa o fastidiose collisioni. Esistono anche stage speciali, come quello in cui ci toccherà raggiungere un portale all'interno di una sorta di labirinto, un compito straordinariamente complicato.
Potremo gestire la nostra astronave tramite l'interazione con tre pulsanti di fuoco più la solita manovella. Quest'ultima, come sempre, ci è utile a voltare il nostro mezzo verso destra o sinistra, mentre i pulsanti si dividono in quello per il fuoco, quello per il prelevamento del carburante dal suolo e quello per azionare i reattori.
Come avevo già detto, Gravitar trova un senso soprattutto nella fase di declino del genere vettoriale, almeno da un punto di vista concettuale dato che, commercialmente parlando, va considerato come un flop. Il fatto è che Gravitar è indirizzato molto precisamente agli appassionati del genere, a giocatori maturi ed allenati, a quelli che oggi chiameremmo hardcore gamers. Innanzitutto a causa della difficoltà: il livello della sfida qui è davvero elevato e non sarà da tutti raggiungere la manualità indispensabile ad andare avanti negli stage più impegnativi; in secundis, il gameplay è derivato da capisaldi della storia dei videogiochi vettoriali quali Asteroids, Lunar Lander e Spacewar!, quasi escludendo i giocatori che difettavano dell'esperienza nei suddetti titoli. Consapevole di non poter attrarre un pubblico troppo distratto dal seducente dettaglio dei giochi 2D, Mike Hally ha pensato di rifugiarsi nei gusti di un pubblico di nicchia, prelevando e mescolando gli elementi migliori di un'intera tradizione. Riuscendoci, tra l'altro, perché Gravitar è un prodotto di qualità, sfortunato oltre ogni dire in quanto incompreso all'epoca di pubblicazione e trascurato dalle generazioni successive a causa del suo look indisponente, ma valido e meritevole di considerazione da ogni videogiocatore in buona confidenza col joystick.
Atari 2600
Unica conversione ufficiale disponibile per sistemi casalinghi, quella per Atari VCS si dimostra un ottimo lavoro, penalizzato solo da limiti congeniti della macchina. Inevitabilmente, la grafica vettoriale lascia il posto alla tecnologia raster, ma la trasposizione è decisamente fedele e giocabile. La bassa risoluzione della macchina non pesa e l'unico reale handicap è costituito dai controlli, legati all'unico pulsante disponibile su VCS, di conseguenza il tasto di fuoco servirà per sparare, mentre dovremo direzionare la leva verso il basso per rifornirci di carburante e verso l'alto per attivare i reattori. Si potrebbe imbroccare per sbaglio la direzione sbagliata, ma alla Atari hanno ben pensato di ammorbidire la curva di difficoltà e di consentire al giocatore di partire con più vite.
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