Come già ribadito in altre occasioni, quest'anno rappresenta uno dei più proficui e memorabili dell’intera storia dei video-game classici. Nel corso di esso, infatti, anche grazie al progresso tecnologico (le schede arcade stavano raggiungendo buoni livelli di potenza) si ebbero diverse “pietre miliari” pubblicate dalle software house più svariate, tra cui la celebre Capcom.
Dopo lo straordinario successo di Ghost’n Goblins (e sulla scia di altri classici del genere quali Green Beret di Konami, Rygar di Tecmo e Rastan di Taito che contribuirono a portare il genere dei giochi di piattaforma al loro status di maturità), la casa giapponese nel 1987 ritorna sul tema rilasciando un gioco se possibile ancora più bello e profondo, il quale, dopo un successo di pubblico e critica notevole, cadde velocemente nell’oblio e molti videogiocatori delle generazioni successive probabilmente non ne sono neanche a conoscenza. Il nome di questa gemma nascosta è Black Tiger.
Come già accennato, è un gioco di piattaforme ad ambientazione tipicamente fantasy con una componente action che riprende i dettami stilistici di Ghost’ n Goblins (ed in parte di Rygar, per il tipo di arma “a catena” in possesso dell’eroe del gioco) elevandoli però ad un ulteriore livello di profondità grazie ad alcune ottime nuove idee introdotte dai programmatori Capcom..
In primo luogo, i livelli, da una basilare struttura generalmente lineare dei giochi precedenti, qui vengono estesi anche in direzione verticale in modo da creare veri e propri labirinti, ampliando in maniera decisa l’area delle mappe, donando al giocatore un senso di vastità e libertà, dunque invogliandolo, anche grazie alla presenza di tesori e oggetti bonus indispensabili da accumulare, all’esplorazione (anche se sono presenti delle “inopportune” frecce ad indicare il percorso migliore, probabilmente i programmatori avevano timore di “osare troppo”).
Tale componente esplorativa rappresentò una decisa innovazione nei giochi di piattaforme che fino ad allora erano legati ad un semplice ma divertente meccanismo a base di avanzamento tra gli stage (generalmente da sinistra a destra), abbattimento dei nemici, salti assortiti sulle piattaforme e/o recupero di bonus, facendo di Black Tiger il primo esponente “moderno” del suo genere.
Le innovazioni, tuttavia, non si arrestarono qui. Furono di fatto introdotte anche numerose altre caratteristiche peculiari quali ad esempio la possibilità di acquistare armi, armature extra ed oggetti vari (indispensabili le chiavi per poter aprire gli scrigni disseminati nelle caverne/labirinto ed avere accesso così ad ulteriori oggetti o denaro) negli appositi negozi spendendo le monete accumulate durante la fase esplorativa e/o liberando alcuni saggi, prigionieri nelle catacombe che costituiscono gli scenari di gioco, senza tralasciare una rudimentale possibilità di far “evolvere” il nostro personaggio grazie all’acquisto di armi sempre più potenti (e costose).
Dal punto di vista tecnico, il gioco, pur non facendo gridare al miracolo, sfoggia una grafica pulitissima, molto colorata, ricca di particolari, dalla buona definizione e dall'ottima fluidità, in grado di immergere il giocatore in una gradevole atmosfera fantastica. I controlli sono estremamente precisi e affidabili, mentre sul fronte sonoro gli effetti sono di buon livello e le musiche coinvolgenti ed evocative.
Tuttavia, laddove il gioco Capcom raggiunge livelli di eccellenza assoluta è nella giocabilità.
Ad un accuratissimo ed intelligente game design (oltre a combattere i nemici, ci sono numerosissime cose da fare ed aree, anche segrete, da raggiungere ed esplorare al fine di raccogliere tesori e bonus nascosti, nonchè prigionieri da liberare), unitamente ad una realizzazione tecnica ineccepibile, si affianca un livello di difficoltà calibrato alla perfezione, stimolante e mai frustrante, capace di rendere ogni cosa incredibilmente affascinante e godibile.
Saltare agilmente da una piattaforma ad un’altra, schivando con tempismo insidie micidiali, massacrando senza pietà mostri di ogni tipo non era mai stato così divertente.
In definitiva, il tutto si traduce in un grandissimo gioco dalla formula decisamente nuova ed intrigante che, alquanto stranamente, Capcom però decise inspiegabilmente di non sviluppare ulteriormente, abbandonando il franchise all’oblio del tempo. Infatti, dopo il successo iniziale, Black Tiger non fu mai seguito da un nuovo episodio e non dette mai origine (come consuetudine Capcom) ad una saga videoludica, restando un capolavoro solitario e pertanto ancora più prezioso ed affascinante da riscoprire.
Black Tiger fu convertito anche su alcuni sistemi da casa. Ecco le principali conversioni, tutte, sfortunatamente, prodotte da U.S. Gold e programmate dai famigerati e tristissimi Tiertex:
Commodore 64
La conversione può dirsi nel complesso riuscita, soprattutto in virtù di una buona giocabilità che si avvicina adeguatamente a quella dell’originalissimo arcade Capcom. Ci sono dunque anche in questa versione numerosi oggetti e bonus nascosti da ricercare, prigionieri da liberare e la possibilità di acquistare armamenti supplementari nei negozi. Anche da un punto di vista sonoro la versione C64 si presenta molto bene con una colonna sonora splendidamente realizzata ed evocativa. Il punto debole del gioco risiede tuttavia nella sua realizzazione grafica: davvero misera con sprite blocchettosi, piccoli e mal definiti (anche se il personaggio principale risulta ben animato) e con fondali scialbi e scarsamente colorati. Davvero il C64 avrebbe potuto gestire qualcosa di molto migliore, ma i Tiertex hanno dovuto lasciare la loro impronta indelebile (purtroppo) anche in questo caso. Sarebbe potuto essere un capolavoro ma il disastro a livello grafico incise (e lo fa tuttora…) davvero in modo pesante sulla godibilità del gioco.
ZX Spectrum/Amstrad CPC
La versione ZX di Black Tiger non risulta apprezzabile. Il gioco è monocromatico e, pur presentando sprite ottimamente definiti e molto vicini a quelli originali, tali virtù divengono inutili poiché essi tendono molto facilmente e frequentemente a confondersi con gli scenari (anch’essi piuttosto fedeli a quelli del coin-op, ma in monocromia), causando spesso errori e perdite di energia indesiderati. L’area di gioco inoltre è ridotta ad un finestra e, data la grandezza degli sprite, diventa quasi impossibile non finire addosso a qualche nemico durante i salti da una piattaforma ad un'altra, peggiorando ulteriormente la godibilità del tutto. Tuttavia, il gioco mantiene ancora e miracolosamente un minimo livello di divertimento anche se decisamente al di sotto del livello medio delle conversioni per questa macchina.
Le versione Amstrad deriva (ancora una volta) direttamente da quella ZX, che risultano quantomai simili. Possiamo tranquillamente dire che è un disastro completo, poiché a tutti i vistosi difetti della versione Spectrum (area di gioco piccola rispetto alle dimensioni degli sprite, monocromatismo confusionario, ed imprecisione della risposta ai comandi) si aggiunge anche una pessima fluidità dello scrolling e delle animazioni che portano questa versione al limite dell'ingiocabilità. Davvero una pessima conversione.
Amiga/Atari ST
Diciamo subito che anche in questo caso la versione Amiga è praticamente identica a quella per il 16 bit Atari, essendo stato importato direttamente il codice sorgente di quest’ultimo.
Sebbene il gioiello Commodore avesse potuto riprodurre con un buon grado di fedeltà l’intero coin-op, in realtà le sue caratteristiche tecniche superiori furono barbaramente ignorate dagli incompetenti Tiertex (purtroppo tristemente famosi per le loro disastrose e terribili conversioni da arcade sui 16 bit più diffusi di allora).
Black Tiger su Amiga è una conversione deludente per diverse ragioni, la prima delle quali può essere rintracciata nella pessima realizzazione tecnica. Pur essendo, infatti, nel disegno davvero molto vicino all’arcade Capcom, purtroppo ne è lontanissimo per fluidità, velocità della risposta ai comandi e, di conseguenza, precisione di questi.
Tutto appare simile al coin-op fino a quando il gioco non comincia a scrollare dinanzi ai nostri occhi. Saltano fuori allora tutte le magagne di una programmazione approssimativa e frettolosa (come ad esempio lo scrolling terribilmente scattoso).
In generale, la giocabilità del tutto in entrambe le versioni (leggermente migliore quella Atari per una maggiore fluidità) raggiunge livelli soltanto appena appena sufficienti e lontani da quelli originali anche per la perdita, o meglio per l’eliminazione brutale, di alcuni particolari importanti quali ad esempio la presenza di aree nascoste da trovare per ottenere bonus extra e non acquistabili nei negozi. Tiertex per U.S. Gold, è stata una vera sventura per i videogiocatori dell’epoca!
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