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ID: 246294Dopo il successo planetario di Double Dragon, per Technos fu una pura formalità realizzarne il seguito appena un anno dopo: prendendo atto dei limiti - e dei pregi – del primo capitolo, limò i primi, ampliando al contempo i secondi. E per non farsi mancare nulla, piazzò un bel “revenge” come originale sottotitolo. In effetti, il 99% dei sequel non sfuggiva a tale regola, tuttavia va detto che almeno stavolta tale appellativo suonasse appropriato: nell'incipit, Marion, la ragazza già sequestrata nel primo episodio, veniva uccisa dalla stessa banda di malviventi. Ai soliti Billy e Jimmy il compito di mettere in atto la vendetta di cui sopra.

Il gameplay, pur presentando parecchie assonanze col precedente, vedeva la sua piccola rivoluzione ruotare attorno alla nuova funzione dei 3 tasti: a quello classicamente adibito al salto, si univano gli altri due, non più corrispondenti al pugno/calcio, ma alla direzione in cui ottenere la mossa. E così, effettuando l’attacco nella stessa direzione in cui era rivolto il personaggio, si otteneva un pugno, viceversa, un calcio all'indietro: una trovata all’apparenza semplice, che richiedeva tuttavia un po’ di esperienza per essere padroneggiata appieno.

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E a farne le spese erano proprio gli esperti del precedente, specie qualora convinti di poter ugualmente avanzare utilizzando il solito trucchetto, quello della gomitata. A tale mossa era toccato un netto ridimensionamento, e probabilmente il risultato della loro ostinazione sarebbe stato catastrofico, con goffi tentativi di sconfiggere gli avversari usando solo tale combinazione. La frustrazione generata era accostabile a quella delle prime partite col secondo capitolo di Street Fighter, perse dietro la cocciutaggine che bastasse ripetere ad libitum la fireball per avere ragione dei nemici.
A venire parzialmente incontro al giocatore c'erano dei colpi base più incisivi ed un devastante hurricane kick, ma a confermare l'impennata del livello di sfida, bisognava segnalare la rinnovata aggressività dei nemici, più veloci e cattivi che mai, benché meno resistenti.
E a proposito di questi ultimi, c'era da segnalare una clamorosa defezione: il tipaccio simil mr. T, autentica pietra miliare del primo episodio. Tuttavia a bilanciare la compagine avversaria, oltre ad un accattivante ritocco grafico di quelli mutuati dal precedente, si aggiungevano nuove esaltanti somiglianze dei boss. Alla fine del primo livello si affrontava una commistione tra un cattivo di Mad Max ed uno di Hokuto no Ken, quello del secondo era accostabile al T800 (il Terminator interpretato da Arnold Schwarzenegger), mentre il terzo presentava un fortissimo emulo di Bruce Lee.

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Peccato che il comparto video non riuscisse ad esaltare appieno il disegno degli sprite, causa animazioni latenti in frame e gli stessi fondali, pur gradevolmente colorati, risultavano piattissimi, sballati prospetticamente e nelle proporzioni dei dettagli.
Alti e bassi anche sul fronte audio. A galvanizzanti musichette, facevano da contraltare mediocri FX: la risata del primo boss, pur affettivamente mitica, suonava patetica.
Per onestà intellettuale, inoltre, andava sottolineato come DD2 aggiungesse ben poco rispetto a quanto espresso dal prequel. L’azione di gioco e le ambientazioni dei livelli erano praticamente le medesime, salvo marginali cambiamenti, al punto da poter parlare di remake, più che di vero e proprio seguito: anche alcune interessanti features a ben vedere erano riproposizioni di altre già affrontate.
L'illusorio rinnovamento del sistema di controllo, l’inclusione di una manciata di item inediti e il parziale restyling grafico di certo non bastavano a sgombrare la mente da un dubbio: se questo secondo episodio fosse valido per effettivi meriti propri o per i lasciti ereditati dal predecessore. Fortunatamente, sul fronte giocabilità DD2 divertiva e tanto, ergo si poteva parzialmente chiudere un occhio su tale fastidioso sentore.

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Notarella a margine per il finale, in cui, dopo aver sconfitto il mega cattivone di sempre, nuovamente armato di mitragliatrice, bisognava fare i conti con la propria anima malvagia, evidentemente quella parte oscura del personaggio assetata di vendetta: solo sconfiggendo tale doppleganger dotato degli stessi attacchi del protagonista (con l'aggiunta di una pericolosa fireball), era possibile assistere alla poetica schermata conclusiva, raffigurante una foto dei fratelli Lee in compagnia della ragazza defunta, col volto di quest'ultima bagnato da una lacrima che, nell’infrangersi, andava a comporre la scritta “game over”.
Davvero una trovata suggestiva, per un ending ben congeniato, con un solo piccolissimo neo: la Marion ritratta, decisamente racchia! L’amore sarà anche cieco, ma dinanzi a tale scempio, veniva spontaneo chiedersi se fosse davvero valsa la pena tanta fatica per vendicare un simile scorfano…

COMMENTO FINALE


“Difficile portare il fardello del seguito di uno dei giochi più amati di sempre, ed infatti DD2, partendo battuto in partenza, decideva di viaggiare sul sicuro, introducendo poche novità: una scelta da non denigrare a priori, specie ripensando ai disastrosi risultati ottenuti col terzo capitolo della saga. In fondo, i nuovi avversari facevano la loro figura e la sfida risultava appagante, e tanto bastava a rendere l'esperienza, benché non epocale come il precedente, meritoria di essere affrontata.”


Giuseppe "Epikall" Di Lauro