Come volevasi dimostrare, fu per l'ennesima volta l'Atari a pubblicare un prodotto di simile portata. Esso nacque con propositi molto più modesti: la casa americana cercava semplicemente di programmare una variante tridimensionale di Space Invaders, pensata per girare sul nuovissimo hardware Color Quadrascan, un gran pezzo di macchina in grado di gestire con scioltezza e per la prima volta grafica vettoriale a colori. Durante lo sviluppo del progetto, ci si accorse che l'appeal esercitato sugli addetti ai lavori da parte del nuovo prototipo non raggiungeva le vette sperate. Qualcosa andava fatto per aumentare il divertimento e Dave Theurer, il programmatore principale, ebbe un sogno che lo illuminò, dove vide tanti alieni che lo circondavano provenienti dalle viscere dello spazio. Si decise di stravolgere il concept di gioco di Space Invaders ma Theurer andò avanti senza una precisa idea. Ne uscì qualcosa di molto particolare, uno sparatutto con la nostra nave fissa al centro e un tunnel che ruotava percorso da nemici direzionati verso di noi. L'idea colpì, ma non era matura. La prima modifica fu toglier di mezzo la rotazione dell'area di gioco dopo i problemi di nausea causati allo staff, implementando un sistema di controllo del mezzo tramite quella famosa rotellina chiamata paddle. In secundis, si abbandonarono tutte le ancore della razionalità finendo perdendosi alla deriva del concept onirico di Theurer: in Tempest, non ci sono punti di riferimento, si vaga in uno spazio in eterno movimento fermamente attraccati a degli strani tubi collettori di esserini. Tutto il resto perde senso. Sembra quasi di viaggiare in un ipotetico cyberspazio. Come al solito non ci sono trame alla base di questo gioco e l'unico segno di contatto con il videoludo antecedente alla sua creazione è l'appartenenza alla categoria dei fixed shooters. Categoria che, tuttavia, riesce a suo modo a rivoluzionare, inaugurando un sottogenere in salsa tridimensionale chiamato dei tube shooters. Il nostro mezzo è parecchio strano, giallo e di forma simile a una C, capace di sparare brevi raffiche di colpi, costretto a muoversi lungo i bordi di un tubo disegnato in maniera diversa per ogni stage. Questi tubi sono divisi in segmenti e il movimento concessoci sarà limitato allo spostamento fra i vari vertici di tali segmenti ignorando gli spazi intermedi. Idem per i nemici che appariranno dapprima sparsamente in una zona irraggiungibile per i nostri proiettili e poi si posizioneranno anch'essi lungo le linee del tubo muovendosi verticalmente verso di noi ma in grado di compiere anche spostamenti laterali. Ne esistono di vari tipi: i nemici di base sono una sorta di fiocchi gialli piuttosto lenti con frequenti movimenti laterali che, dopo aver raggiunto l'orlo del tunnel, ci inseguiranno con una certa rapidità; presto si aggiungeranno i tanker, avversari più duri da far fuori e che si dividono in due una volta raggiunto il bordo; altri nemici sono capaci di costruire degli spuntoni letali per la nostra sopravvivenza e sarà nostra cura evitarli nel passaggio da uno stage all'altro. Andando avanti non tarderanno a farsi vivi avversari più forti e imprevedibili che vanno ad aumentare la difficoltà assieme alla struttura sempre più arzigogolata dei tunnel.
La parte di Tempest che adoro di più è la sua inclinazione psichedelica: non credo che i programmatori intendessero imprimere così tanto potere ipnotico al loro gioco, ma Tempest può rapirvi in pochissimi secondi e trasporre il vostro cervello su binari distanti da quelli della vostra stanza. I colori e il movimento dei vettori catalizzano i nostri sensi, la concentrazione necessaria ad evitare le ondate di nemici ci obbliga ad isolarci da qualsiasi impulso esterno e sarà proprio migliorando la nostra tecnica e allungando la durata delle nostre partite che avvertiremo pienamente la magia presente nel gioco Atari.
Altre versioni
Tempest sfruttava un hardware particolarmente potente per quei tempi e questo complicò molto la strada per le conversioni. Le console Atari 2600 e 5200 non accolsero nessuna versione di questo capolavoro, fatta eccezione per alcuni prototipi poco riusciti, e fu necessario attendere i 16 bit dell'Atari ST per poter giocare Tempest a casa. In realtà Commodore 64, Amstrad CPC e Spectrum si facevano già vanto di bei cloni, ma l'Atari si oppose legalmente ad ogni tentativo di imitazione. Da rimarcare lo strepitoso remake per Atari Jaguar, Tempest 2000, ad opera dell'eclettico Jeff Minter che curò anche il rarissimo Tempest 3000 per il misconosciuto Nuon, un lettore DVD che giocava a fare la console.
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