Il 1991 fu un anno fondamentale per la mia carriera di videogiocatore: fu allora che passai da “chaotic gamer” (ossia giocatore confusionario e distratto, sprovvisto d’una precisa visione storico-scientifica del mondo videoludico) a “conscious gamer” (ossia giocatore preparato e interessato al fenomeno videoludico nella sua interezza, sempre aggiornato tramite la lettura di riviste o pubblicazioni specializzate).
Quell’anno, durante l’estate, mi recai con la mia famiglia e un amico d’infanzia ad Acitrezza, piccolo paese di pescatori non distante da Catania, famoso per i faraglioni dei Ciclopi e per essere stato immortalato nel romanzo “I Malavoglia” di Giovanni Verga. Certo, a parte queste, le attrattive non erano molte per due adolescenti che si preparavano ad affrontare il primo, temuto anno di Liceo Classico. Ricordo che persino l’unica edicola presente era talmente sprovvista di fumetti da costringere me e il mio amico a rileggere più volte il “Dylan Dog” che eravamo riusciti a reperire con molta fatica. La sola alternativa a quella lettura-tortura era il numero di “CVG” (“Computer And Videogames”, edizione italiana), che avevo saggiamente portato con me da casa. Inevitabile, pertanto, andare a caccia di qualcosa che ci consentisse di sfuggire alla monotonia d’una vacanza non proprio idilliaca, oltre che molto lunga.
La salagiochi era una valida alternativa. Purtroppo anche sotto questo profilo non fummo molto fortunati. A differenza di qualunque altra normale località marittima, ad Acitrezza ne esistevano solo due: una piccolissima, dotata di due soli cabinati (uno di questi era il mitico “Final Fight” di Capcom, completato dopo estenuanti sessioni di gioco); un’altra un po’ più grande, situata proprio sotto l’appartamento preso in affitto dai miei genitori, equipaggiata con qualche coin-op in più, tra cui “Euro League”, versione europea di “Tecmo World Cup ‘90”, sul quale trascorremmo felici ore di sano divertimento.
Che il gioco sia un prodotto di buona fattura è testimoniato dal successo riscosso in tutto il mondo: anche a distanza di molto tempo dalla sua uscita (1989) non c’era sala giochi o bar che ne fosse sprovvisto fino ad almeno metà anni ’90. Ciò grazie a una struttura semplice, immediata e coinvolgente, secondo i canoni dei titoli calcistici dell’epoca.
Poche le differenze tra la versione internazionale e quella europea, in primis le squadre selezionabili da una rosa di otto: Giappone (JPN), Stati Uniti d’America (USA), Inghilterra (ENG), Argentina (ARG), Brasile (BRA), Germania Occidentale (FRG), Unione Sovietica (URS), Italia (ITA) in “Tecmo World Cup ‘90” e Barcellona (FCB), Atletico Madrid (ATM), Real Madrid (RM), Milan (Milan), PSV Eindhoven (PSV), Inter (INT), Napoli (NAP), Bayern Monaco (BM) in “Euro League”. Un numero abbastanza esiguo, quindi, che rientra però anch’esso tra gli aspetti tipici delle simulazioni calcistiche arcade di quegli anni. C’è da dire che la selezione d’una squadra rispetto a un’altra non apporta particolari differenze per il giocatore, se non di tipo estetico nel colore della divise (molte delle quali sono tuttavia sbagliate).
Il lavoro svolto sul comparto grafico è gradevole con colori sgargianti e sprite di piccole dimensioni, ma ben definiti e caratterizzati da quell’aspetto massiccio e compatto che fa molto coin-op anni’80, apprezzato in modo particolare dal sottoscritto. Le animazioni sono ben realizzate e tutto scorre fluido e rapido, compreso il campo gestito tramite scrolling orizzontale e inquadratura isometrica. In caso di goal i giocatori si lasciano andare alle consuete manifestazioni di giubilo e in fondo allo schermo appare un piccolo riquadro con il primo piano trionfante del calciatore che ha segnato. Non si può tuttavia fare a meno di notare una certa sproporzione nelle dimensioni di pallone e porte rispetto ai calciatori, anche se ciò non inficia assolutamente la giocabilità. Un altro particolare curioso, soprattutto perché non se ne conosce la ragione, è che “Tecmo World Cup ‘90” si presenta con una grafica più curata e piacevole rispetto ad “Euro League”, come se fosse stato sottoposto a una sorta di restyiling.
Il sonoro è di buon livello, con musiche orecchiabili e adeguate che accompagnano le partite. Gli effetti sonori sono secchi e pieni, anch’essi dotati, come la grafica, di quell’appeal robusto e deciso tipicamente anni ’80: scivolate, pallonetti, passaggi, tiri, colpi di testa, rovesciate, rebound su pali o traversa sono resi in un modo davvero convincente, capace di trasmettere alle varie azioni una sensazione di “potenza” e una certa soddisfazione al giocatore.
Il vero punto di forza è rappresentato dalla giocabilità. Due soli tasti sono sufficienti per compiere le mosse basilari: uno per scivolata, passaggio basso e tiro (compresi colpo di testa e rovesciata), uno per pallonetto e colpo di testa in elevazione. Il cambio giocatore è controllato automaticamente dalla CPU, ossia lo sprite più vicino alla palla è quello che diventa controllabile. Stesso discorso vale per il portiere, che diventa gestibile manualmente quando l’avversario entra nella propria area difensiva.
L’azione è sempre ben ritmata e scorrevole. Coordinando al meglio i calciatori della propria formazione si possono creare buone sequenze quali triangolazioni, cross in aerea e rovesciata, passaggi al limite e così via, che rendono il gioco coinvolgente e divertente. Tutto risulta molto immediato ed estremamente naturale. Ogni partita è costituita da un singolo tempo di due minuti. In caso di parità non sono previsti supplementari o rigori, ma la fine dell’incontro con possibilità di continuare dal livello raggiunto, anche se il numero di reti conseguito da entrambe le parti viene resettato. Medesima situazione si presenta in caso di sconfitta.
La difficoltà è impostata su livelli decisamente accessibili, con un aumento progressivo nel corso dei sette match che ci separano dal traguardo finale. Il gioco, in realtà, non è particolarmente ostico da portare a termine. Ciò grazie anche a una serie di tecniche standard per segnare, più o meno segrete, che hanno avuto un discreto peso nella fama conseguita da “Tecmo World Cup ‘90” e che sono identiche in “Euro League”. La più nota, anche perché sempre infallibile a qualunque livello di difficoltà si giochi, è quella che prevede un tiro dritto e basso da effettuare nel punto d’incontro più vicino al margine inferiore dello schermo tra la riga dell’area difensiva avversaria e il semicerchio esterno ad essa; altro metodo per segnare è tramite un cross da fuori area concluso con colpo di testa o rovesciata sul secondo palo; oppure un pallonetto dritto in area, che il portiere continua a respingere mentre il giocatore persiste a colpire la palla di testa fino al raggiungimento del goal; infine, è possibile segnare anche con un pallonetto a scavalcare quando il portiere è vicino al limite dell’area. Mano a mano che si procede nel gioco, salendo il livello di difficoltà, alcune tecniche diventano di più difficile esecuzione, come il cross da fuori area.
Parlare di longevità per un titolo così è scontato. Chiunque lo abbia provato (e amato) lo ricorderà come un gioco infinito. E tale è rimasto, tanto che consiglio a chiunque si voglia prendere una pausa di relax di farci una partita. Vi troverete a rigiocarlo per il puro gusto di veder scorrere davanti agli occhi e sentir pulsare sotto le dita il ritmo fluido delle sue azioni. Sembra di parlare di preistoria, calcolando che al giorno d’oggi le principali simulazioni calcistiche presenti sul mercato sono caratterizzate da articolate combinazioni di tasti e leve… Come dimenticare, soprattutto negli stabilimenti balneari, il crocchio di giocatori attorno al cabinato, intento a seguire il piccolo torneo organizzato sul momento tra i presenti…? Sono ricordi che affondano in un’altra epoca e fanno bene al cuore nostalgico d’ogni retrogamer degno di tale nome.
Luca "Synapsy" C.
Altre immagini: