Quello che colpì all'epoca, fu il grande grado di immersione che sapeva dare il gioco, grazie alla visuale in soggettiva adottata e al grande senso di spazialità dato dallo scenario. Altro fattore che favorì l'immersione, fu il particolare ed intuitivo sistema di controllo: praticamente il movimento del carro armato era il risultato dell'uso combinato di due joystick (per esempio per far andare il carro in avanti bisognava portare in avanti tutte e due le leve), ognuno dei quali deputato al controllo di uno dei due cingoli, con incluso sul joystick destro il tasto di fuoco. In più, il primo modello del coin-op, presentava una sorta di visore su cui appoggiare gli occhi, in modo da isolare completamente il giocatore dal resto che lo circondava, e creare quella sensazione di "stare dentro il gioco” simile alla realtà virtuale. Inutile dire che tutti questi fattori rendevano Battlezone un must da giocare in sala giochi, difficile al punto giusto e capace di far andare in "trance" il giocatore portandolo all'assuefazione.
Tecnicamente il titolo Atari era un piccolo gioiello, l'ambiente era una pianura ricca di rocce indistruttibili e trasparenti a forma di piramidi e cubi, che potevano essere usate anche come riparo. All'orizzonte erano ben visibili una catena montuosa, una luna crescente e un vulcano in eruzione (praticamente il vulcano non era stato pensato in eruzione, fu uno degli altri programmatori Atari che ogni volta che passava, per vedere lo stato dei lavori, assillava Rotberg, cercando di convincerlo di creare una routine che facesse "entrare" in eruzione il vulcano perchè avrebbe reso più spettacolare la grafica; Rotberg perse un intero pomeriggio per accontentarlo). L'adozione della grafica vettoriale donava a Battlezone un look futuristico, e nonostante i due soli colori a schermo, bianco e nero (il colore rosso del radar e delle vite erano frutto di un piccolo trucchetto: praticamente nel coin-op e sotto la parte superiore dello schermo, era stata inserita una striscia di cellophane rosso), e la natura non "corposa" dei vettori, il tutto era convincente e si aveva veramente la sensazione di stare in un ambiente 3D. Il sonoro si attestava su ottimi livelli, per l'epoca erano presenti molti suoni, molti dei quali fatti veramente bene (come il costante rumore dei cingoli, mai fastidioso).
Battlezone era ed è un manifesto di come una grafica semplice e poco elaborata possa immedesimare con la stessa efficacia di milioni di poligoni, vi consiglierei di giocarlo, provarlo, ma data la sua natura di coin-op si verrebbe a perdere molto in quanto non si riuscirebbe ad emulare il sistema di controllo.
Altre versioni
Come molti giochi di successo, anche Battlezone ha avuto la sua dose di conversioni, seguiti e cloni.
Da citare sicuramente The Bradley Trainer (anche conosciuta come Army Battlezone o Military Battlezone), una versione di Battlezone sviluppata appositamente per l'esercito USA, che, rimasta affascinata dal titolo Atari, chiese uno sviluppo di una versione apposita per addestrare i soldati addetti ai mitragliatori del Bradley Fighting Vehicle. Due versioni furono prodotte, una fu andata perduta dall'esercito (almeno così si deduce) e l'altra fa parte di un'esclusiva collezione privata. A differenza di Battlezone, The Bradley Trainer conteneva all'interno elicotteri, missili e mitragliatrici, in più il carro armato non era pilotabile, l'unica cosa che si controllava erano i mitragliatori. Si dice che poi Atari sfruttò la tecnologia del Bradley Trainer per sviluppare un altro gioco vettoriale, Star Wars, tratto dall'omonima pellicola.
Praticamente Battlezone è stato convertito, più o meno fedelmente, su molte console e Home computer degli anni '80 come Pc/Dos, Apple II, Atari ST, Commodore 64, ZX Spectrum, Atari XEGS e Atari 2600. Quest'ultima più che una conversione fu un adattamento, in quanto la grafica vettoriale fu sostituita dalla classica grafica raster dell'Atari 2600, proprio per andare incontro alle ridotte capacità tecniche della console; comunque il gioco non era male.
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