L’ultima speranza è riposta nell’avanzatissimo caccia R9, inviato a portare un disperato attacco suicida contro il potentissimo impero Bydo.
Le devastanti armi della nostra navicella dovranno affrontare enormi e mostruose creature biomeccaniche, una gigantesca astronave da combattimento, un gran numero di navicelle, mechs, walkers lanciamissili, postazioni di difesa, droidi e letali creature aliene di ogni forma e dimensione, sparse in 8 terribili locations irte di insidie.
L’estrema risorsa del genere umano è dunque posta nelle vostre mani: BLAST OFF AND STRIKE THE EVIL BYDO EMPIRE!
R-Type è uno shoot ‘em up a scorrimento orizzontale e ambientazione spaziale realizzato dalla Irem nel 1987.
Le ambientazioni proposte inseriscono nella tradizionale iconografia fantascientifica venature horror mutuate dal film Alien e ispirate al design gigeriano, giunto alla sua esaltazione e massificazione proprio nel capolavoro di Ridley Scott. Il gioco unisce, dunque, le suggestioni di serie come Gundam, di cui riprende il mech design e il look delle esplosioni, e i suddetti echi gigeriani in un azzeccato cocktail che, complice l’eccezionalità della realizzazione tecnica, colpisce la fantasia dei videogiocatori (sulle custodie delle versioni per home computers campeggiava It’s Mechanical, It’s Biological… It’s behind YOU, a fare, in un certo senso, il pari con il sottotitolo italiano di Alien Nello spazio nessuno potrà sentirti urlare).
R-Type è un grandissimo e meritato successo. Un titolo geniale che “azzera” il genere degli shoot ‘em up e, sostanzialmente, ne “resetta” le caratteristiche tramite l’introduzione di tutta una serie di novità più o meno clamorose, tanto di ordine concettuale e inerente al gameplay (si sarebbe potuto dire che, come i Bydo, R-Type veniva dal futuro), quanto di attinenza strettamente tecnica e relativa alle avanzatissime soluzioni grafiche costituenti un look che, nel 1987, non può non lasciare profondamente impressionati.
R-Type “detta legge” per parecchi anni dopo la sua realizzazione. Si potrebbe affermare che il titolo Irem funge da “supermercato delle idee” per moltissimi sparatutto, i cui autori si “ispirano” a questa pietra miliare per svilipparne determinati spunti o aspetti, con i benefici che derivano dalla costante evoluzione dell’hardware. Sul fronte delle idee, dunque, R-Type compie un’audacissima esplorazione riguardo alle meccaniche di gioco degli shoot ‘em up. L’indubbia creatività degli autori fa sì che questo sparatutto sia considerato dai videogiocatori e dai programmatori di futuri titoli analoghi come un imprescindibile punto di partenza, in cui è già delineata la maggioranza delle tipologie di azione sviluppabili in un titolo del genere.
Vediamo le numerose novità introdotte da R-Type. Il sistema di armamenti include un modulo di difesa, il Force Pod, che protegge la navicella dai colpi standard e può essere lanciato verso il nemico, recuperato ed, eventualmente, posto sul retro dell’R9. Tutti i potenziamenti raccolti, con l’eccezione di due mini-pods fissi e relativi laser posizionati sui lati della navicella, sono legati al Pod e consentono all’R9 di fare fuoco in avanti, se l'unità è in posizione frontale, come dietro, se essa è collocata sul retro del veicolo. In diverse situazioni le manovre di lancio, sgancio e aggancio del Force Pod sono assolutamente fondamentali e devono essere eseguite con velocità e tempismo.
La navicella, poi, è dotata di uno sparo base che può “caricare”, tenendo premuto il pulsante di fuoco, e rilasciare in un'onda d’energia distruttiva detta Beam. La potenza di tale arma è direttamente proporzionale alla quantità di “carica” accumulata, visualizzata dalla barra di caricamento posta nella parte bassa dello schermo.
Tra i potenziamenti, oltre ad un devastante e molto scenografico sparo a “doppia onda”, spiccano i laser “a rimbalzo” che consentono di colpire i nemici utilizzando gli elementi del fondale e il fascio energetico che si genera dai lati del Pod e prosegue lungo i contorni delle superfici. Le armi sopra descritte introducono ulteriori stimolanti novità che aumentano quelli che, al limite, si potrebbero chiamare “elementi tattici” e si basano sulla marcata e accuratamente implementata interattività degli scenari del gioco.
R-Type, poi, sancisce e “istituzionalizza” la figura del boss finale (quello che gli “addetti ai lavori” delle sale giochi chiamavano: “Il Mostrone di fine livello™”) e ne “offre” ai laser dei videogiocatori un campionario che rimarrà a lungo insuperato per suggestione visiva, caratterizzazione e livello di sfida: l’indimenticabile “Alien” del 1° stage, con la sua coda multi-sprite (realizzata con l’inedita tecnica di animazione modulare che abbina numerosi elementi grafici e ne sincronizza il movimento), l’impressionate “cuore alieno” del 2°, con relativo lunghissimo verme, l’imitatissima astronave da combattimento del 3° (l’unico nemico da abbattere pezzo per pezzo del terzo stage che, quindi, non ha un vero e proprio boss finale), l’agguerrito modulo da combattimento “tripartito” del 4°, l’incubo biomeccanico del 5°, la claustrofobica “giostra” spaziale del 6°, la pericolosissima cascata di rifiuti spaziali con relativo “guardiano” del 7° e il super protetto alieno, rinserrato nella sua tana vivente, che conclude l’8°.
Gli elementi innovativi di R-Type non finiscono, però, nella creatività degli armamenti (in particolare del Force Pod e del Beam), nella suggestione dei boss finali e nell’azzeccatissima concezione e realizzazione del celeberrimo 3° stage che diventerà una vera e propria tappa obbligata di un gran numero di “eredi” del capolavoro Irem.
Fondamentale per il successo del gioco è la cura nell’implementazione degli attacchi nemici, l’ingegnosità dei loro movimenti e l’accortezza (leggi: “perfidia”) della loro disposizione.
Le dinamiche dello shoot 'em up firmato dalla Irem, peraltro, variano moltissimo da livello a livello, con sezioni di puro blastaggio ad alto tasso di frenesia, alternate a zone dove si privilegia la precisione della manovra e, ancora, a situazioni dove è essenziale tempismo, attenzione e un pizzico d’inventiva.
R-Type, dunque, è un flusso continuo di sorprese e colpi di scena in una diversificazione costante, che stupisce ancora di più se si considera lo straordinario livello della realizzazione tecnica sviluppato nell’ambito di una ROM di 8 Mbit (1 MB) con notevole ricchezza di particolari, impressionante attenzione ai minimi dettagli, ricco assortimento di nemici e gradevoli animazioni.
Questa ricchezza grafica è permessa, oltre che dall’indiscutibile perizia dei programmatori, da un hardware di tutto rispetto. Il titolo Irem, infatti, gira su una scheda M72 basata sulla potente CPU Nec V30 a 8 Mhz. La M72 permette una risoluzione di 384 X 256 (nel 1987, dunque, R-Type era un titolo “HD” che permetteva un dettaglio molto maggiore dei contemporanei titoli Konami, realizzati nella più modesta 256 X 224), una palette di 512 colori con fino a 128 tonalità su schermo e lo scrolling hardware a due piani distinti che diventerà richiestissimo con la nota definizione “scrolling parallattico”.
I fiori all’occhiello di ordine tecnico del titolo Irem sono, dunque, l’”alta risoluzione”, le notevoli dimensioni dei boss finali, le animazioni modulari (protagoniste indiscusse del 2° e 5° stage) che daranno inizio ad una invasione di tentacoli, vermi e serpenti costituiti da sprite in un gran numero di titoli successivi, i fondali in fluidissima e dettagliata parallasse (stages 2, 5, 6 e 7), l’impressionante velocità e frenesia dell’azione, l’alto grado di “affollamento” dello schemo con rarissimi rallentamenti (si limitano al confronto finale con la nave gigante del 3° stage e ad alcuni punti “caldi” del 7°), la peculiarità e l’eleganza del design, la maniacale cura posta dai grafici per la realizzazione del più piccolo particolare e la capillare distribuzione di numerosi “tocchi di classe”.
Le musiche e gli effetti sonori del titolo Irem sono all’altezza dell’impeccabile comparto grafico. Il chip audio Yamaha YM2151 consente allo shoot ‘em up una buona colonna sonora in sintesi FM (Frequency Modulation) e degli ottimi FX dal feeling molto “tecnologico” (particolarmente azzeccati i rumori del caricamento del beam, del frangersi dello stesso e le esplosioni “tintinnanti”, da flipper, dei nemici più piccoli). Le musiche variano da particolarmente incalzanti e adrenaliniche (stages 1-4-6) a più cupe e oppressive (stages 2,3,7). Particolarmente azzeccati per concezione composizione i brani che sottolineano lo scontro con i boss (“Indian Battle”) e i fulminati “attacchi” della musica suddetta e di quella del 1° stage.
L’aspetto che più conta in questo memorabile gioco, senza alcun dubbio uno dei migliori shoot ‘em up 2D che siano mai stati realizzati, è, comunque, il divertimento.
R-Type è estremamente, micidialmete, masochisticamente divertente. Sì, “masochisticamente”, perché si tratta di un titolo dalla difficoltà particolarmente elevata che richiede molto al videogiocatore, spesso, “intrappolato” in un gameplay “perverso” che seduce e colpisce sotto la cintura al tempo stesso. Il titolo Irem può essere, infatti, anche molto frustrante a causa di una scelta d’impostazione che tende a tagliare le gambe al giocatore: quando l’R9 è abbattuta si è costretti a ripartire dal più vicino restart point e ripetere la sezione corrente dello stage con l’armamento azzerato (l’unica cosa che può salvare, per fortuna, è il Beam).
Ricostruire un armamento decente è operazione abbastanza rapida che, comunque, richiede almeno tre bonus (velocità, pod, uno dei tre potenziamenti) e, spesso, causa sudori freddi e palpitazioni, richiedendo diversi tentativi, calma e pazienza.
Dunque R-Type è sicuramente molto difficile, ma non insormontabile. Un ottimo consiglio per il giocatore è perseverare e imparare dai propri errori, ricordando che la sua è una missione suicida in cui è in gioco il destino della razza umana, come ricorda la scritta sul fianco del cabinato della versione americana (distribuita dalla Nintendo): ON THE EDGE OF A DARK EMPIRE YOU EMBARK ON A MISSION NO ONE HAS YET SURVIVED. WILL YOU?
Altre versioni:
Amstrad CPC
La versione Amstrad, realizzata sulla base del codice di quella per ZX Spectrum, è una delle meno riuscite dal punto di vista tecnico.
I pochissimi colori manifestano chiaramente la derivazione diretta dall’8 bit Sinclair e la velocità e fluidità del tutto lascia parecchio a desiderare, nonostante i programmatori abbiano ridimensionato l’area di gioco e operato parecchi tagli sugli elementi del fondale.
Anche se, tenuto conto dei limiti della macchina, non sarebbe stato possibile fare molto di più, resta comunque l’impressione che il porting diretto da Spectrum abbia limitato un migliore utilizzo dell’hardware.
Con una buona e soprattutto mirata programmazione, infatti, R-Type su Amstrad sarebbe potuto essere più colorato e relativamente più fluido, senza risentire di uno scrolling e di un movimento degli sprite che fanno rimpiangere la più curata e veloce versione Spectrum.
Come in quest’ultimo porting, sono assenti le musiche e ci si deve accontentare dei soli ben poco esaltanti effetti sonori.
Atari ST
La versione per il 16 bit Atari è sviluppata, come quella Amstrad, sulla base del codice del porting per Spectrum.
I grafici hanno utilizzato a dovere la palette di 512 colori dell’ST e dosato accuratamente i 16 colori che il computer può visualizzare su schermo. Il risultato è una grafica che sembra molto ben realizzata… finche non se ne “apprezza” il movimento.
Gli sviluppatori, l’Images Design, non hanno limitato l’area di gioco, rinunciando alla barra di status, che, considerate le difficoltà dell’ST nella gestione dello scrolling, sarebbe stata quanto mai opportuna per alleggerire il carico di lavoro sulla CPU.
I programmatori, inoltre, hanno incautamente mantenuto le dimensioni degli sprite molto vicine a quelle degli originali e quindi, con un’area di gioco più piccola del coin-op per i bordi che, comunque, delimitano le modalità grafiche dell’ST, hanno creato i presupposti per frequenti situazioni di “affollamento” claustrofobico.
La conseguenza di queste scelte è una cronica mancanza di fluidità dei movimenti che fa rimpiangere titoli ST contemporanei meglio concepiti come Armalyte e Menace. Lo scrolling, infatti, “arranca” con un fastidioso movimento “gelatinoso” e gli sprites sfarfallano in modo tanto marcato da compromettere gravemente la giocabilità. La fruibilità del gioco è, poi, ulteriormente ostacolata dal movimento estremamente scattoso dei colpi nemici, difficili, così, da evitare e, soprattutto, da alcuni fastidiosi bug che rendono invisibili (e quindi “letali”) certi piccoli sprite in alcune situazioni di gioco.
Le musiche, questa volta, ci sono, ma, comunque, in alternativa agli effetti sonori (molto simili a quelli per Amstrad). I brani sono realizzati con il primitivo chip PSG (Programmable Sound Generator) a 3 canali dell’ST che, nonostante i grossi limiti, riesce a generare una colonna sonora quasi accettabile e, in alcune BGM, meno spiacevole delle corrispondenti versioni “base” MSX e Master System, dotati, in mancanza di FM units, di chip audio simili a quello dell’Atari ST.
Commodore 64
Sul glorioso 8 bit di casa Commodore, R-Type è, nell’immediato, una gradita sorpresa. La grafica è fluidissima con uno scrolling perfetto, un’azione veloce e frenetica e nessun rallentamento. Gli autori, Manfred Trenz e Andreas Escher, i programmatori che sarebbero diventati famosi per la serie Turrican, si sono spinti ad implementare addirittura lo scrolling parallattico negli stage 2, 6 e 7 e, in generale, non hanno certo risparmiato il chip VIC-II del C64 che si trova a gestire un bel po’ di <<Sano “casino organizzato shootemupparo”>> (per citare la relativa recensione di su Zzap! 39).
I nodi, purtroppo, vengono al pettine, quando emergono i “sintomi” di una realizzazione troppo affrettata che ha imposto agli autori una sostanziale semplificazione del codice e impedito un’adeguata fase di testing. La qualità degli stage, infatti, è altalenante (per esempio il 3° stage poteva essere realizzato molto meglio, alla luce dell’ottimo lavoro svolto per il 2°), sono stati operate inopportune modifiche sul movimento degli sprite e, soprattutto, i pattern dei nemici sono stati eccessivamente semplificati. Le traiettorie delle formazioni aliene, dunque, hanno subito dei rilevanti tagli, con un’evidente e fastidiosa assimilazione dei movimenti che compromette l’effetto sorpresa di molte situazioni.
Altri sintomi di programmazione affrettata sono la poca stabilità del gioco e i diffusi bug che lasciano realmente l’amaro in bocca. Una discreta conversione che, purtroppo, pur disponendo del potenziale per rivaleggiare, ipoteticamente, con quella per Sega Master System (pur con le inevitabili limitazioni cromatiche), non concretizza purtroppo le pur ottime premesse e non riesce a sostituire in eccellenza l’impeccabile Armalyte.
Altro elemento sorprendente di questa conversione è, senza dubbio, l'ottima colonna sonora. Gli autori, Chris Huelsbeck e Ramiro Vaca, hanno remixato i brani originali in chiave dance ’80, operandone una notevole velocizzazione e un “irrobustimento” della base ritmica (è facile sorprendersi a scuotere la testa durante il gioco). La nuova OST è, così, estremamente energetica, incalzante e adrenalinica. Particolarmente bella la title music che riesce realmente a dare la “carica” al giocatore... Vai alla recensione
Commodore Amiga
La versione Amiga di R-Type è sviluppata dalla Factor 5, il team che realizzerà la serie di Turrican sul 16 bit Commodore e su Atari ST.
Si tratta, senza dubbio, di una discreta conversione caratterizzata da una pressoché perfetta fluidità, dall’assoluta precisione delle collisioni, dagli ottimi FX stereo (la cui resa è migliore di quella del coin-op) e da una fantastica musica dei titoli in formato TFMX, firmata dal grande Chris Huelsbeck.
Sarebbe stato possibile, però, fare di più, dato che le specifiche hardware dell’Amiga avrebbero teoricamente permesso di riprodurre tutte le avanzate caratteristiche tecniche dell’originale.
Purtroppo in questo porting sono andati perduti diversi aspetti peculiari del capolavoro Irem. Innanzi tutto... gli sfondi: il 1° stage inizia senza il background in secondo piano e questo espediente è ripetuto in altri stage a partire dal 3°, in cui, ad esempio, l’astronave da guerra, comunque ottimamente realizzata, fluttua nel “vuoto” su un fondale nero (come nella versione Master System… ma su Amiga la cosa è assai meno giustificabile). Il numero dei colori su schermo, poi, appare inspiegabilmente ridimensionato, per beneficiare solo della più estesa palette (4096 colori) evidenziata nella migliore scelta dei colori e nella più "morbida" scalatura delle (poche) sfumature utilizzate. Ancora: manca del tutto lo scrolling parallattico (presente nel 2° stages anche nella versione C64), alcuni elementi grafici sono stati ridimensionati (il verme del 2° stage, ad esempio, è nettamente “accorciato” rispetto al coin-op e alla versione ST) e sono andati perduti alcuni piccoli particolari “critici”, quali l’effetto “risucchio energetico” di caricamento del Beam (presente anche su Atari ST e Spectrum) e l’animazione che sottolinea il “frangersi” del suddetto fascio d’energia.
Per quanto riguarda l’audio, dopo l’esaltazione della bellissima musica della schermata dei titoli, si rimane un filino delusi dai brani in-game, che risultano sì ben ritmati, ma troppo “poveri” come polifonia (i 4 canali del chip audio Amiga, infatti, vengono equamente spartiti tra FX e musica, con quest’ultima che ne risulta più sacrificata in termini qualitativi).
In definitiva un porting complessivamente valido che, tuttavia, con un hardware come quello del 16 bit Commodore, avrebbe potuto tranquillamente rivaleggiare con la versione PC Engine...Vai alla recensione
Nintendo Game Boy
Sulla prima console portatile della Nintendo, R-Type risulta un po’ sacrificato per la diversità delle proporzioni del video rispetto al coin-op, la monocromia, i limiti di risoluzione e la tendenza dello schermo LCD della console ad una resa “evanescente” degli elementi più piccoli in rapido movimento.
Tenuto conto, però, di tutti questi inevitabili problemi, R-Type per Game Boy è una buona conversione che riesce a divertire a distanza di 4 anni dall’originale e su un hardware totalmente diverso. Anche le musiche sono ben realizzate (nei limiti del chip audio del GB), anche se risentono dell’insufficiente numero di voci (2) e sono, quindi, parzialmente “coperte” dagli FX.
PC Engine / PC Engine CD-ROM2
Giustamente famosa come la migliore conversione in assoluto, in realtà è “solo” vicinissima al tanto agognato “arcade perfect”, appannaggio dell'home computer giapponese a 16 bit Sharp X68000.
Su PC Engine R-Type è stato suddiviso in due Hu-Cards. Purtroppo, al momento della conversione, ottimamente realizzata dalla Hudson Soft, il limite delle cartucce per PC Engine era di 4 Mbit (512 Kb). Così la conversione di R-Type fu “rateizzata” in due cards che, complessivamente, corrispondevano alla memoria occupata dalla ROM originale (8 Mbit – 1 MB).
Nel 1991, poi, Irem realizza per PC Engine CD-ROM2 una versione completa memorizzata su supporto ottico (“R-Type Complete CD”), integrata con una presentazione animata, alcune scene d’intermezzo e una Redbook CD soundtrack che remixa i brani originali in chiave dance ed elettronica.
La grafica delle versioni Hu-Cards è identica in tutto e per tutto a quella riversata su CD-ROM e l’unica caratteristica esclusiva della versione CD, leggermente meno difficile di quella su carts, è un nuovo boss finale nel 7° stage.
Veniamo alle differenze con il coin-op. La risoluzione normalmente utilizzata su PC-Engine, 256 X 240, è inferiore a quella del coin-op (384 X 256) e costringe i programmatori ad integrare lo scrolling orizzontale con un limitato scorrimento interattivo in verticale. In questo modo i grafici riescono a mantenere i dettagli che, altrimenti, sarebbero in parte compromessi nel cambio di risoluzione e nella pur lieve limitazione in verticale dell’area di gioco. Nonostante tutto, si nota che la definizione e la resa dei particolari è, sia pur di poco, inferiore a quella del coin-op. Parallelamente si rileva anche una diminuzione nel numero dei colori e nel dettaglio dei fondali in secondo piano che su PC Engine non sono in parallasse (con l’unica eccezione dello stage 5).
Sul piano del movimento, oltre alla già citata mancanza dello scrolling parallattico negli stages 2, 6 e 7, si nota un antiestetico flickerìo (sparizione parziale o totale ad intermittenza di un elemento grafico che si manifesta come un “lampeggiamento” dello stesso) degli sprite nelle situazioni in cui sono ne sono visualizzati di grandi (Stage 3), in momenti di “affollamento” dello schermo e quando gli elementi grafici si sovrappongono (situazione tipica del boss del 2° stage con le relative evoluzioni “contorsionistiche” del “verme gigante”).
Al di là delle succitate imperfezioni, il porting di R-Type su PC Engine è assolutamente notevole e ricrea perfettamente il feeling e la giocabilità dell’originale.
Anche la parte audio risulta ottimamente realizzata con musiche molto simili a quelle del coin-op ed effetti che, pur leggermente più deboli, ne riecheggiano efficacemente lo stile.
Su PC Engine CD-ROM2 le musiche, pur ottimamente realizzate, lasciano a volte perplessi per alcune scelte operate in fase di arrangiamento.
Sega Master System
Quella per Sega Master System è, dopo la versione PC Engine, la migliore conversione a 8 bit del capolavoro Irem.
La grafica è ottimamente disegnata e sfoggia una sorprendente ricchezza di particolari, resa con una colorazione brillante che completa un feeling molto “arcade”. I programmatori (il titolo è uscito sotto etichetta Sega che ha affidato la realizzazione della conversione alla Compile) sono riusciti nella difficile impresa di “stipare” in una cartuccia da 4 Mbit (512 Kb) un gioco di così notevole complessità e varietà. La memoria disponibile è stata utilizzata in modo così efficiente da permettere agli sviluppatori di inserire anche uno stage segreto esclusivo che costituisce una “uscita alternativa” allo Stage 4, con tanto di relativo boss extra.
Le limitazioni dell’hardware sono visibili nella riduzione delle dimensioni degli sprite, nei flickerìi che, in alcuni casi, possono rendere confusa l’azione e nell’eliminazione del fondale alla presenza dei boss finali e dell’astronave da combattimento del livello 3. La riduzione delle dimensioni degli sprite, a fronte di un’area di gioco piuttosto grande, rende, tuttavia, più facile il gioco, in virtù dell’aumento degli spazi di manovra che si verifica anche nel confronto con i generalmente ben realizzati boss finali (fa eccezione quello, “scattoso”, dello stage 4). Nei momenti di maggior “affollamento” dello schermo si notano inevitabili rallentamenti che, comunque, non pregiudicano la notevole giocabilità della conversione.
Il sonoro richiede una duplice valutazione. I modelli occidentali della console a 8 bit Sega e il nipponico Mark III hanno in dotazione un primitivo chip PSG a 3 canali + noise che può generare semplici impulsi audio ad onda quadra. Il più "moderno" Master System giapponese, invece, è integrato da un chip Yamaha YM2413 a 9 canali. R-Type è uno di quei titoli, usciti tra il 1986 e il 1989, che prevedono anche l'YM2413. L’audio di R-Type è, dunque, di qualità mediocre se il gioco gira sul Master System occidentale e sul Mark III, mentre arriva ad una resa audio eccellente sul MS JAP dotato di chip FM, con quest'ultimo che garantisce una sintesi potenzialmente più raffinata e polifonica di quella del coin-op (anche se non in stereo come nella versione arcade)... Vai alla recensione
Sharp X68000
La vera conversione “arcade perfect” è riservata all’home computer a 16 bit della Sharp, che, del resto, è noto per la fedeltà dei porting da coin-op. In questo caso, poi, l’hardware è più che adeguato a gestire un titolo come R-Type, dato che la risoluzione è identica a quella del coin-op originale e l’estesa palette del X68K consente una perfetta riproduzione della grafica.
Gli autori della conversione sono gli stessi programmatori della Irem che, avendo a disposizione un hardware molto simile a quello delle schede Jamma diffuse a cavallo tra anni ’80 e anni ’90 (anche il chip sonoro, lo Yamaha YM2151, è identico a quello montato sulla scheda M72), non possono sbagliare e riproducono una copia pressochè indistinguibile dal modello. L’unica differenza è nella difficoltà che è stata leggermente incrementata, cosa di cui si sarebbe potuto fare benissimo a meno.
Sinclair ZX Spectrum
Sull’8 bit di casa Sinclair, il titolo Irem è visualizzato in una risoluzione di 256 X 192 (superiore, quindi, a quella del C64 che si ferma a 160 X 200 nella modalità “multicolor”) e con un numero limitato di colori pre-impostati (su Spectrum i colori utilizzabili sono: nero, verde, blu, rosso, magenta, cyan, giallo e bianco).
Nonostante le severe limitazioni grafiche imposte dall’hardware, la conversione è sostanzialmente riuscita, in quanto riesce a riportare gran parte dell’azione e del feeling del titolo originale.
I programmatori, la Electric Dreams, sviluppano un codice particolarmente efficiente che riesce ad ottenere dallo Spectrum uno scrolling relativamente fluido, un movimento degli sprites piuttosto convincente, a fronte di una discreta velocità e rallentamenti non troppo fastidiosi.
L’aspetto più importante, la giocabilità, rimane convincente anche in questa versione che, per fortuna, non è afflitta né dai bugs e dall'eccessiva scattosità della versione ST, né dall’oppressivo rimaneggiamento dell’area di gioco della lentissima versione Amstrad.
Il codice della versione Spectrum, dunque, riesce ad ottenere dall'hardware risultati così convincenti da indurre gli sviluppatori a “riciclarlo” su Amstrad CPC e Atari ST, senza, purtroppo, ottimizzarlo in vista delle specifiche caratteristiche dei computers suddetti.
Una conversione, dunque, più che dignitosa che riesce, in parte, a riscattarsi dai noti punti deboli del computer Sinclair (inevitabilmente manifesti anche in R-Type): i colori e il sonoro (limitato ai soli FX).
MSX
Esteticamente la versione MSX di R-Type si presenta discretamente, grazie ad un uso oculato dei 16 colori e ad un design piuttosto elaborato che propone anche alcune interessanti reinterpretazioni della grafica originale.
Tenuto conto che la risoluzione utilizzata è di 256 X 192, il look del coin-op non è stato eccessivamente impoverito e la pulizia generale rende conto di un apprezzabile lavoro svolto dai grafici in questa difficile conversione.
Il problema principale del porting è la marcata “scattosità” dello scrolling, derivata direttamente da una specifica modalità di scorrimento, cui i programmatori sono stati costretti per ottenere una sufficiente velocità d’insieme. In sostanza il fondale “scorre” compiendo dei “salti” di 8 pixel alla volta, con un “effetto slideshow” particolarmente fastidioso (…e un po’ “da mal di testa”). La fluidità degli sprite, poi, pur non essendo totalmente latitante come nel caso dello scrolling, è assai “problematica” e completa un quadro ben poco esaltante che “dirotta” il videogiocatore verso titoli MSX di qualità migliore come Nemesis 2, Nemesis 3 e Salamander.
Per il comparto audio, il discorso è analogo a quello relativo alla versione Sega Master System. Se l’MSX non è dotato di FM Unit (Yamaha YM2413 a 9 canali), le musiche e gli effetti sono di scarso livello qualitativo; se, invece, l’unità suddetta (conosciuta anche come MSX-Audio e built-in su MSX2+) è presente, ne risulta una qualità di musica e FX che migliora marginalmente la resa dello stesso coin-op originale.
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