Warren SpectorWarren Spector, noto game designer americano cui si devono titoli come Deus Ex, Deus Ex: Invisible War, Thief: Deadly Shadows, nonché autore del recente Epic Mickey, ha concesso a Gamesindustry.biz (LINK) un'intervista a tutto campo che stigmatizza l'ossessione della violenza nei videogiochi e critica l'accento posto sui servizi extravideoludici in riferimento alle future console:

Questo 2012 è stato l’anno in cui mi sono reso conto di diverse cose. La più importante è che questa ultra-violenza imperante nel mondo videoludico deve finire. Dobbiamo smettere di amarla. Non si tratta di appoggiare tutti quei discorsi sugli effetti nefasti della violenza recepiti indirettamente dalle persone, discorsi a cui non credo minimamente.
Il problema è un altro, ovvero che c’è un interesse quasi feticistico per la rappresentazione spettacolare di situazioni violente, in taluni casi combinato con un infantile approccio visuale alla sessualità. Credo si tratti di qualcosa di cattivissimo gusto e che potrebbe causare alla nostra industria non pochi problemi.


[in riferimento ai contenuti forti mostrati nell'ultimo trailer di Hitman: Absolution] “Ho lasciato Eidos nel 2004, perché guardandomi intorno durante la fiera E3 di quell’anno vidi giochi come Hitman in cui potevi andare in giro ad ammazzare persone con un gangio da macellaio, o 25 to Life dove dei ragazzini dovevano ammazzare dei poliziotti, o Crush and Burn, un gioco di corse dove l’idea di base era riuscire a creare le esplosioni e gli incidenti più spettacolari anziché vincere la gara. Ecco, in quel momento, mentre presenziavo tra gli stand di Eidos, realizzai che c’era qualcosa di disturbante in tutto questo; tale sensazione non ha fatto altro che crescere negli anni, ed ora penso che siamo andati ben oltre il ‘semplicemente disturbante."

"Sta proprio qui il problema, secondo me. Gli schizzi di sangue in slow-motion, l’impalamento dei nemici, i coltelli che tagliano le gole e amputano gli arti… Ad essere onesti anche Deus Ex aveva i suoi momenti di violenza, ma essi erano progettati – indipendentemente dal fatto che accadessero o meno – per far sentire il giocatore a disagio rispetto alle sue azioni.
Era ovvero l’esatto contrario di ciò che accade ora; quello che sta facendo la game industry è cercare di appagare i gusti degli adolescenti nascondendosi dietro le finte pretese della 'maturità dei contenuti' infusa nei giochi.
Direi che è ora di finirla, e io personalmente posso ritenermi fortunato di lavorare per un’azienda come la Disney, nella quale non solo la produzione di questo tipo di contenuti non è incoraggiata, ma non è nemmeno permessa. E a me questa cosa sta benissimo
.”

[in riferimento alla fiera losangelina e all'accento posto sui servizi extravideoludici delle future console] “[...] La seconda cosa più interessante che ho notato durante le varie conferenze di presentazione dei giochi all’E3 2012, in effetti, è che le divagazioni e i discorsi più importanti dei presentatori sul palco non avevano nulla a che fare col videogaming. E quando in una fiera dedicata ai videogiochi il videogaming diventa la parte meno rilevante, direi che c’è un grosso problema.
Da quando una conferenza videoludica dovrebbe riguardare il modo migliore per una console di interfacciarsi a Netflix?!
Sono abbastanza preoccupato per questo, e la cosa più ironica è che, nonostante tutto, si può dire con certezza che ci troviamo temporalmente nel cuore della ‘golden age’ del gioco elettronico, seppure in un senso non propriamente positivo.
"

[sulle future prospettive dell'intrattenimento videoludico e sull'importanza dei titoli basati su idee nuove] "Nessuno conosce il futuro dei videogiochi al giorno d’oggi. E dico proprio nessuno. Ma il mio ottimismo latente deriva dal fatto che in un periodo in cui uno come Markus Persson può avere un successo clamoroso con Minecraft, Chris Hecker può farsi finanziare per il suo incredibile ‘party spy game’, Jon Blow può realizzare Braid e io posso cimentarmi con un progetto ad altissimo budget che ha come protagonista Mickey Mouse, beh… allora tutto è possibile. Cosa c’è nel futuro? Chi lo sa, forse gli indie games realizzati artigianalmente da un gruppo di ragazzi in un garage e distribuiti digitalmente, forse un gioco Disney creato da un team di 800 persone… Qualunque cosa sia, si tratterà sempre di veri giochi; perché dovremmo preoccuparci di parlare di Netflix con tutto quello che c’è da fare nel campo del videogaming? Proprio non lo capisco.

[ancora sull'ossessione della violenza nei videogiochi] “[...] mi sono quasi intristito, e non perché ci fossero una marea di giochi che erano delle semplici imitazioni di modelli e architetture di gioco trite e ritrite, ma piuttosto perché si è andati davvero troppo oltre con questa celebrazione presuntuosa di sangue, sesso e violenza. Se inizialmente credevo che le mie fossero solo le lamentele di un vecchio bacucco, girando su internet mi sono accorto che c’è molta, moltissima gente che la pensa come me. E per fortuna direi.”

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